09 agosto 2001

Fino al 7.X.2001 Strategies against Architecture II Pisa, Fondazione Teseco

 
Strategie contro l’architettura nella “ piazza” Teseco.
Artisti e trasformazioni del territorio urbano: dall’indagine critica al dialogo con la realtà sociale per ripensare al rapporto tra centro e periferia nelle nostre città storiche...

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Venticinque metri di neon blu illuminano il cielo per scoprire differenti direzioni segnando un orizzonte inatteso. “Decouvrir Differentes Directions” è una grande scritta realizzata da Maurizio Nannucci che va ad arricchire la presenza di progetti site–specific all’esterno dello stabilimento Teseco, nel cuore della zona industriale di Pisa. Un richiamo a nuovi confronti, a nuove sfide. In tre sole parole significati profondi suggeriscono domande destabilizzanti esprimendo a pieno il dinamismo che pervade l’arte e la vita stessa implicando il concetto di cambiamento nelle sue più svariate accezioni possibili. La Fondazione per l’Arte Teseco nata nel 1995 dalla passione di Gualtiero e Maria Masini per le diverse forme d’espressione (arti visive, teatro, musica) ha inteso, sin dai suoi esordi, concentrare la sua attenzione alla ricerca di una dimensione concretamente attuabile in grado di cogliere l’arte nel suo attuale divenire. Dalla collezione, sempre in espansione e visitabile, agli eventi temporanei, messi a punto in uno spazio multimediale ricavato in un capannone di 2000 mq, la presenza di autori e artisti che fanno parte dell’estabilishment dell’arte contemporanea si affianca alla promozione del lavoro di giovani artisti attraverso una esplicita promozione della comunicazione volta a favorire uno sviluppo sostenibile della cultura. In questo contesto prende vita Strategies against Architecture II a cura di Luca Cerizza, quale seconda parte del progetto m2 (square meters). Lontano dal centro storico, in un contesto geografico normalmente utilizzato per attività lavorative e commerciali, la creazione di un inusuale luogo d’incontro offre un modo di ripensare al concetto di piazza e socialità, tra conservazione e futuro, eredità culturale e nuove esigenze sociali. Alternativa a quella storica, famosa per i beni artistici e architettonici di Pisa, la “piazza” della Fondazione Teseco non è solamente oggetto di contemplazione estetica, ma è pensata, di volta in volta, in quanto usufruibile e modificabile dai vissuti del pubblico. Prendendo spunto da uno degli album più noti del gruppo “rumorista/industriale” tedesco Einstürzende Neubauten (“Nuovi edifici che crollano”), l’evento proposto dal Laboratorio per l’Arte Contemporanea mette a fuoco un consistente spaccato delle modalità con le quali le ultime generazioni svolgono un’indagine critica sui linguaggi dell’architettura e dell’urbanistica. Pretesto ideale è Berlino, città dove vivono ed operano molti degli artisti scelti per l’occasione. La capitale tedesca è colta nei suoi movimenti che hanno scritto negli ultimi decenni, in Europa, una significativa storia di traumi e trasformazioni del territorio urbano. Sebbene l’immagine della “Nuova Berlino” abbia già calato il sipario sull’atmosfera della dura polemica degli anni ottanta alcune riflessioni sono ancora attuali: che cosa significa “ricostruire” o “ripensare” l’identità di una città? Quali sono i limiti tra spazio privato e pubblico? Su che basi si instaurano le relazioni tra cittadino e contesto urbano, tra identità sessuale e linguaggi architettonici? I sedici artisti invitati provengono dall’Italia e dall’estero: dall’Italia: A 12, Sergia Avveduti, Luisa Lambri, Italo Zuffi, Massimo Bartolini, Deborah Ligorio; dalla Francia: Guillaume Leblon e Mattieu Mercier; dall’Inghilterra: Liam Gillick, Martin Boyce+Simon Starling; dalla Germania: Manfred Pernice; dalla Danimarca e Norvegia: Elmgreen & Dragset, Jeppe Hein; dagli USA: Sean Snyder; dalla Slovenia Marjetica Potrc ; dalla Cina: Luo Yongjin. Tutti intervengono con performance, installazioni, video, scultura, fotografia e pittura, quasi tutti pensati esclusivamente per lo spazio della Fondazione Teseco. Il risultato è una singolare esperienza polisensoriale. Un senso di provvisorietà, emergenza, precarietà, sottolineato dall’uso ricorrente di materiali industriali “di riuso”, formalmente grezzi, sembra quasi voler ridare, in scala ridotta, l’atmosfera di caos, di degrado e di continua trasformazione della metropoli, in particolar modo nelle sue periferie. A controbilanciare questo approccio di carattere emotivo è, tuttavia, la misura più concettuale con la quale, in determinati casi, vengono analizzati i linguaggi dell’urbanistica, dell’architettura e i legami che s’instaurano tra questi e l’arte contemporanea. Elmgreen & Dragset presentano un singolare museo, che appositamente pensato per il laboratorio Teseco, rimarrà a disposizione per ogni artista. Si tratta di una torretta dall’aspetto industriale, quasi una palafitta, sulla quale è collocata una piccola galleria d’arte. Un perfetto “white cube” in miniatura assolutamente funzionale al quale si accede attraverso una scala. All’interno vi è collocata la tela Pardon (2000) di Sergia Avveduti, che riproduce una struttura architettonica di Le Courbusier, aggiungendovi un errore, un’anomalia tale da comprometterne la funzionalità progettuale. Seguendo la filosofia che anima gli altri progetti del duo scandinavo, vengono qui interrogati, non senza una vena polemica e ironica, tanto le modalità di presentazione dell’arte contemporanea quanto i rapporti che s’instaurano tra luogo espositivo e spettatore. Altro tema ricorrente in Strategies against Architecture II è, infine, la capacità di adattamento dell’uomo in condizioni abitative difficili. Nel progetto di A 12 un info – lab, ricavato da un container industriale, è alterato in modo da renderne difficile l’accesso quasi a simboleggiare quanto la cultura sia un bene non sempre facilmente raggiungibile. Entrare da un’apertura piccola in uno spazio angusto, dove si è costretti a stare piegati, per poi salire su un piano appositamente creato al fine di individuare uno strano luogo di lettura, non è solo una presa di contatto diretta con un’opera ed il suo contenuto. Da lì lo spazio circostante, così vicino, è così lontano e la tentazione di sfogliare i libri scelti dagli artisti in relazione alle tematiche di “Strategies” è irresistibile, anche nel caso di un classico come “La storia dell’architettura italiana 1944 – 1985” di Manfredo Tafuri. Visuali diverse stimolano sintomatiche sensazioni. Il desiderio di vedere come si cambia e perché si cambia nei termini di uno scambio tra ciò che ci circonda e il nostro mondo interiore e viceversa è un passo troppo importante per essere disatteso. Così, se Italo Zuffi nel video Shaking Doors (2001) evidenzia il lato meno tranquillizzante del nostro rapporto con l’architettura e gli spazi interiori, Massimo Bartolini, all’inaugurazione, con la sua curiosa azione (Perla con conchiglia, 2001) incalza. Una persona, scelta dall’artista, mostra ad alcuni visitatori un piccolo oggetto, nascosto nel palmo della mano: un’idea astratta, tutta mentale di spazio e di luogo. D’un tratto la musica si diffonde sul piazzale di cemento. Si danza, ormai, insieme, tra le luci, nella notte, sotto l’opera permanente di Botto e Bruno Suburb’s Day (2000). Ognuno ha la sua immaginazione. Tutto cambia, o, perlomeno, si trasforma, ma l’uomo cambia veramente o cambiano solo le cose a lui d’intorno?

Silvia Fierabracci
Fotografie di Federico Barsotti
Mostra visitata il giorno 7 Luglio 2001.



STRATEGIES AGAINST ARCHITECTURE II
Inaugurazione ufficiale su invito: sabato 7 luglio ore 18,00; ore 22,00 buffet e serata danzante
Aperta al pubblico dal 9 luglio al 7 ottobre 2001
Stabilimento Teseco, Via Monasterio – Ospedaletto, Pisa.
Orario: dal lunedì al Venerdì dalle 16 alle 19. Ingresso: libero
Informazioni: 050 5432222 – 050 987511
www.teseco.it/fondazione



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9 Commenti

  1. Nanni,
    puoi sempre guardare la televisione no?
    Chissà quante belle cose puoi imparare dai quiz di Gerry Scotti.
    Pensa un pò, gli Inni alla Notte di Novalis sono anche più lunghi.
    Ma è un sublime piacere per l’anima leggerli, anche se ci dovessi impiegare una vita.
    Io mi domando e dico: ma tutta questa fretta da dove vi viene?
    E poi, non ti sembra un pò troppo generalizzante dire che “è assolutamente impensabile che qualcuno si metta a leggere un pezzo così lungo”?
    Metà della cultura e del sapere dell’umanità dipende da ciò che non bisognerebbe leggere.
    Non esistono testi troppo lunghi o troppo brevi, morali o immorali.
    Ma solo testi scritti bene o scritti male.
    Spero tu sia, come me, una persona che giudica un testo solo dopo averlo letto.
    Ciao, Biz.

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