15 ottobre 2001

Fino al 30.XI.2001 Marco Fantini – Genesi di un quadro Firenze, Galleria Poggiali e Forconi

 
Genesi di un quadro. Lo stesso titolo per due mostre, una a Firenze l’altra a Trento, in cui vengono presentati gli ultimi lavori di Marco Fantini...

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Marco Fantini, riservato nonostante la piacevole affabilità, dichiara: Non progetto mai un quadro. Con queste parole, e con poche altre scarne dichiarazioni relative ai procedimenti tecnici, l’artista enuncia il proprio manifesto pittorico. Le tele di Fantini rappresentano, una per una, differenti tappe di una ricerca senza requie: un’indagine che si dirige verso il compimento del singolo quadro e che rivela, di volta in volta, inaspettate sintesi del processo creativo. Marco Fantini, Il Mondo, olio e smalto su carta intelaiata, cm 40x30, 2001 Il punto di partenza è uno stimolo esterno, una fotografia, un’immagine suggerita dall’inconscio. La realtà visibile viene quindi alterata, cancellata, ridipinta, strato su strato, e poi di nuovo aggredita e raschiata. Alcuni contorni soccomberanno, altre immagini prenderanno il sopravvento, tutto questo senza che vi sia una precisa corrispondenza tra la volontà espressiva e i risultati ottenuti: Scopro quello che voglio dipingere soltanto dipingendolo.
Il legame che corre tra l’artista e le sue opere si traduce in un atteggiamento conflittuale tenero e distruttivo, il Penuel di Giacobbe: “Non ti lascerò andare finchè non mi avrai dato la tua benedizione” (GENESI 32, 24-30). Fantini lotta con la tela fin quando non avverte che questa è compiuta, ogni volta si dice mi salverò solo se si salva il quadro… il che non sempre si verifica…
Marco Fantini, La città che sale, olio, smalto e tempera su carta intelaiata, cm 200x225, 2000 Il risultato di questo confronto è una pittura che nasce già antica, in un certo senso storicizzata per ispirazione dell’autore, ma soprattutto densa di contenuti, di storia e di storie sovrapposte. Evocazioni di molti mondi si contendono il centro di equilibrio delle composizioni, equilibrio che a volte, come in La città che sale, viene raggiunto solo grazie ad una rabbiosa raschiatura nel centro della tela.
Nelle opere di formato più piccolo un unico soggetto, un volto, una sagoma, tende sempre a diventare qualcosa di altro da sé. È il caso della serie che ha per titolo Il mondo: ventiquattro piccole tele, ognuna compiutamente autonoma, compongono una imprevedibile cosmogonia in cui l’intenzione narrativa si amplifica da un elemento all’altro eludendo i confini della tradizionale concezione figurativa.
L’atmosfera enigmatica di queste narrazioni è dotata di un’ulteriore chiave di lettura attraverso l’aggiunta di testi e singole parole, rebus anomali disposti dall’artista, necessari al soddisfacimento del mosaico espressivo.Marco Fantini, Il Mondo, olio e tecnica mista su carta applicata su legno, cm 40,5x30,5, 1998
Le figure che si muovono nell’ombra densa dei quadri di Fantini non tendono mai all’imperfettibilità, lanciano un richiamo e tacciono immediatamente, lasciando così a chi le guarda un margine di interpretazione che va oltre l’immagine finita.

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Pietro Gaglianò



Fino al 30.XI.2001
Marco Fantini. Genesi di un quadro.
Curatore: Alberto Fiz
Firenze, Galleria Poggiali e Forconi, via della Scala 35a
Orario: tutti i giorni 9.30-13.30/15.30-19.00; chiuso domenica
Informazioni: tel 055 287748, fax 055 2719406
Catalogo: L. 40.000


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16 Commenti

  1. Genesi di un quadro, di Marco Fantini, è la sintesi del processo creativo, dallo stimolo alla lotta con la tela finchè non avverte che questa è compiuta.
    I suoi lavori sono interessanti.
    Una genesi che, io penso, ogni artista “sente” con intensa forza creativa e interiorità propulsive che scaturiscono dal suo Io, nel dare vita alla sua opera.
    Bello l’articolo di Pietro Gaglianò.

  2. Ringrazio Maria Pezzica per la sensibile osservazione… per quanto riguarda l’orrore, beh, si sa che capire l’arte non è un’impresa facile e non è per tutti…

  3. eppure Il Fantini pare non scavare o grattare quanto aprire delle finestre donde spuntano dei personaggi che non “dicono”, non “vedono” e se ne “stanno”, muti tra uno sfondo ed una superficie inastricabili.

  4. già cara omonima, mi sa che resteremo con questa curiosità…
    secondo me il lavoro di fantini è molto interessante, sia nei procedimenti che nelle realizzazioni. il risultato può non piacere, ma tirare in causa la legittimità di chiamare arte il suo lavoro mi sembra pura cattiveria.
    ciao

  5. Care Anne, Annine, Annucce o chi per loro, non avendo io l’abitudine di passare i mesi appollaiato sulla pagina di Marco Fantini (ognuno ha il diritto di scegliersi l’occupazione che preferisce, giusto?) non avevo visto il vostro appello. Non credo sia possibile dare in poche righe una definizione di arte, non è questa la sede per dissertazioni filosofiche; oltretutto quasi sempre il valore artistico di un’opera (che è sempre un valore universale) è solo la storia nella sua prospettiva a deciderlo, con tutto il rispetto per critici e criticonzoli vari. Quindi andiamoci un po’ cauti Per il presente, purtroppo, la dittatura del mercato, troppi interessi, troppi giochi e mistificazioni, una giungla in cui spesso è difficile orientarsi. Converrete con me, mi auguro, che non basta spalmare qualosa su una tela perché questa assuma alla dignità di “arte”, fermo restando che è un inalienabile diritto di tutti noi il farlo; anzi, ci fosse una maggiore diffusione delle attività creative ne avremo tutti giovamento, non solo culturalmente, ma per una vera e propria terapia mentale. Ciò non toglie che la patente di arte vada data con un minimo di granus salis. Sono leggermente stupito da quest’ultima scelta della Poggiali e Forconi; senza nulla togliere al lavoro di Fantini, a cui anzi auguro nella sua ricerca di trovare prima o poi quel valore aggiunto che rende grande un artista, ho tutto il diritto di dire che la sua produzione attuale non mi piace, non mi comunica niente e la trovo anche vecchia e datata. Mi dispiace, ma siamo sul già visto abbondante, e nemmeno di gran qualità (senza offesa, naturalmente).

  6. Caspita che eloquio, caro Orrore…
    io vorrei farti solo una domanda: Hai visto le opere dal vivo? Perchè, sai, viste da vicino rivelano qualche pregio in più rispetto a una semplice spalmatura di colore. Fantini è un artista ancora giovane, ma già molto maturo e consapevole. Secondo me merita molta attenzione.
    A presto…

  7. Assolutamente d’accordo con Aurelio. E poi, fra l’altro, non so che razza di frequentatore di mostre possa essere il nostro Orrore, e neanch’io sono senz’altro grande conoscitore, ma non vedo questo grande déja vu nell’opera di Fantini. Anzi, lo trovo un autore spiccatamente contemporaneo, più per i contenuti che per la tecnica.

  8. Peccato! Come si dice “passata la festa, gabbato lo Santo”. Finita la mostra di Fantini, anzi un pochino prima, chi sa mai che seguendola fino alla fine non si perda qualche altro evento più trendy,sono finiti anche tutti i commenti. E l’arte? E la crescita dell’artista? E il suo lavoro futuro? Bye, bye fino alla prossima e allora tutti di nuovo pronti a dire: sì mi piace, no non mi piace, è molto interessante, secondo me deve darsi all’ippica… e così via.
    Per quanto riguarda poi, Orrore metropolitano,(orrore di che?) da uno con un nome così terrificante mi sarei aspettata una critica veramente cattiva e non un bla bla un po’ salottiero e un po’ acidino, da “babe” che bevono il tè e devono fare passare il tempo giocando a bridge.
    Caro Orrore, non hai capito l’intelligente ironia che M.F. mette nelle sue composizioni.
    Ciao, una affettuosa tirata d’orecchie a tutti
    Shirley

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