29 novembre 2001

Fino al 26.I.2002 Luce prigioniera Firenze, Ex Carcere Le Murate

 
Dalle tracce lasciate sotto la polvere del tempo, alle ricostruzioni intuitive di alcune storie, fino alla luce nel sogno della libertà...

di

I fotografi che hanno visitato l’ex carcere Le Murate nel quartiere di Santa Croce durante l’estate: Gabriele Galimberti, Liliana Grueff, Sabine Korth, Mauro Magrini, Martino Marangoni, Gianluca Maver, Pierpaolo
Pagano, Francesca Pagliai, Jacopo Santini, Andrea Sarno, Rendel Simonti, Margherita Verdi, presentano immagini delle loro sensazioni di quell’atmosfera suggestiva. Parallelamente alla forte ispirazione ricavata dal complesso lavoro di Mimmo Jodice sul Reale Albergo dei Poveri a Napoli, gli autori presenti nella mostra si esprimono in dodici modi differenti, secondo il loro atteggiamento fotografico-artistico e rendono cosí un’immagine completa della situazione effimera di questo luogo prima della sua prossima trasformazione architettonica. Luce prigioniera, Pierpaolo Pagano
Il complesso delle Murate, così chiamato per la sua originaria funzione di convento di monache di clausura dal 1424, fu ristrutturato diverse volte, l’ultima nel 1845 dall’architetto Domenico Giraldi e adibito a carcere maschile, poi dismesso nel 1983. Ancora oggi sono rimaste
leggibili numerose storie nelle tracce lasciate dai detenuti in questo spazio che si presenta come un reperto archeologico con i suoi segni sui muri: graffiti, disegni artistici e testi scritti, ritagli e pagine di giornali incollati – prevalentemente donne nude, automobili, squadre di calcio -, pezzi di carta e di intonaco staccati. Le reti, le griglie, la polvere e la scarsa luce che entra dalle piccole finestre, creano una cupa e particolare atmosfera che incanta il visitatore e che, suscitando forti emozioni, lo porta in un mondo sconosciuto e in un tempo passato.
I fotografi hanno interpretato i segni, e reso visibili i silenzi e le voci, i sogni e i pianti che in passato hanno animato quel grande spazio, nel centro di Firenze, che però è rimasto (quasi) sempre escluso dalla vita cittadina.
Luce prigioniera, Margherita VerdiLe loro immagini testimoniano le numerose tracce di persone e di tempo passati nell’ex carcere (p.e. Marangoni). O giocano con ricostruzioni immaginarie di storie individuali, (Maver, Simonti), rendono quasi visibili i fantasmi di questo spazio, (Verdi) o esaltano delle simbologie, (Grueff, Santini). Mentre altri autori si mettono in gioco sentendo dei forti contrasti sociali e psicologici, (Pagliai) o visiualizzano le loro percezioni della imponente architettura, (Pagano, Sarno). I muri spessi e impenetrabili seppure segnati da fessure, (Magrini) e interrotte da finestre grigliate, vengono addirittura immaginati spaccati e aperti, (Korth), nella fantasia, sollecitata dalla luce che entra nella cella, e
che promette la libertà del fuori, (Galimberti).
L’esposizione, allestita in alcune celle già ristrutturate al piano terreno e agibili dal cortile, è presentata dall’associazione Laboratorio Nuova Buonarroti con il patrocinio del Comune di Firenze, Assessorato Patrimonio
Immobiliare Abitativo, Assessorato Urbanistica, Assessorato alla Cultura.

Katharina Hausel


Luce prigioniera
Anteprima conferenza stampa: venerdì 30 novembre, ore 12:00
Inaugurazione: domenica 2 dicembre, ore 17:30
Dal 30 novembre al 26 gennaio 2002
Ex Carcere Le Murate, via dell’Agnolo 1, vicino Piazza Beccaria – Firenze
info: Mauro Magrini, tel: 335 8038209
e-mail: mmagrini@dada.it
Orario: lunedì – venerdì 16-19:00, sabato 10-13 e 16-19:00, chiuso i festivi
ingresso libero
Catalogo, a cura di Laboratorio Nuova Buonarroti, L. 20.000


[exibart]

3 Commenti

  1. Non scrivo per commentare l’articolo ma per commentare la mostra.
    Mi dispiace dare il mio contributo a pochi giorni dalla chiusura, ma solo ieri ho visitato la Vs. ottima mostra.
    Vi faccio i miei complimenti. L’atmosfera del luogo è ovviamente drammatica e profondamente suggestiva. Ringrazio l’equipe di fotografi, e chi ha permesso loro di registrare e conservare, almeno in parte, questa atmosfera. Vi ringrazio anche perché, attraverso le Vs. testimonianze fotografiche, la gente può sapere e ricordare cosa significhi veramente il carcere.

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