24 gennaio 2002

Fino al 3.II.2002 Terry Richardson – Too Much Firenze, Stazione Leopolda

 
Scatti proibiti dalle campagne pubblicitarie Sisley. Quando la fotografia di moda gioca con il trash e le pagine patinate si sporcano di umori e sudore. Le istantanee di Terry Richardson che non avete mai visto...

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Lungo la scala elicoidale di quelle strane congiunture proteiche conosciute come DNA, Terry Richardson cela parte del suo destino: figlio di Annie Lomax professione stilista e di Bob, acclamato fotografo cui si è ispirato Michelangelo Antonioni tratteggiando la figura del protagonista di Blow Up, come non diventare fotografo di moda? Bisogno soddisfatto istintivamente, risparmiandosi di sbattere la testa contro le tecniche ed i sofisticati armamentari dei moderni discendenti dei dagherrotipisti. Com’era successo nella musica con il punk, anche il fotografo decide di suonare la sua musica in maniera, apparentemente, dilettantesca. Terry Richardson - Too Much Così Richardson ama definirsi rockographer e come strumento per i suoi quotatissimi scatti utilizza due comunissime macchine fotagrafiche ‘da turista’. Bandito il manierismo e le atmosfere algide che hanno segnato i servizi fotografici commissionati dalle griffe dell’alta moda, da cinque anni il fotografo newyorkese è l’autore di istantanee e bizzarri appunti di viaggio: Diaries, la campagna pubblicitaria del marchio d’abbigliamento Sisley. Ma non sempre la provocazione acconsente a diventare comunicazione pubblicitaria. E, come al ritorno dalle vacanze si nascondono ai genitori le foto più compromettenti, anche i dieci album fotografici di Terry Richardson per mamma Sisley avevano i loro scatti proibiti. Too Much è luogo di spavalda confessione di quanto ai nostri occhi, stagione dopo stagione, non era dato vedere. Nessuna discesa agli inferi ci aspetta, nonostante il monito “Vietato ai minori di 18 anni” che campeggia all’ingresso dell’allestimento. Queste immagini inedite continuano a prendere a calci in faccia l’idea di un perbenismo che, poi, non c’è più. Nessuna perversione, nessun turbamento: solo puro (e sano?) esibizionismo goliardico. Un erotismo divertente e surreale, recitato da modelle con il trucco debitamente da rifare e da ragazzotti trucidi. Pose feticistiche, atteggiamenti saffici, membri in riposo e sguardi annebbiati dall’alcol, come da copione. Terry Richardson - Too MuchAllegre sequenze di una possibile pellicola pulp, intramezzata da uno zapping disincantato nella videoteca di un pornoshop americano. Sfacciato il richiamo ai luoghi comuni di un immaginario a stelle e strisce che diventa caricatura: le performance erotiche nella stanza di motel, la profanazione del caro vecchio ranch, l’uso improprio dell’abitacolo di una rossa Chevrolet. Niente di inquietante in questo sesso kitsch, niente che ricordi pensieri malati e morbosi da signora ingioiellata. Uno sguardo invece ironico e divertito che coglie nell’obiettivo pazze storie di una gioventù che si compiace di esser dannata. Immagini leggere, che non vuol dire superficiali.

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Maurizio Rossi


Fino al 3 febbraio 2002
Stazione Leopolda
Viale F.lli Rosselli, 5 – Firenze
Orario: 10.00-18.00 (chiuso lunedì)
Ingresso libero
Info line: 055 3693407


[exibart]

33 Commenti

  1. un’utopia: perché firenze non diventa il punto di riferimento per il rappporto tra arte e moda? Sarebbe un modo per specializzarsi e farsi notare..e pure una figata!

  2. L’articolo è ben fatto e scritto bene ma…
    … che schifo di notizia.
    Ma Exibart non ha nulla di più serio da proporre per un primo piano?
    Tra pruriti giapponesi sponsorizzati da Prada ed esaltazioni dell’effimero modaiolo mi pare che le scelte editoriali in questi ultimi tempi siano davvero miserevoli.
    Anzi, decisamente scadenti.
    Altro che portale dell’arte, mi sembra di essere in un rotocalco della peggiore televisione commerciale.
    Bleah!
    Ciao, Biz.

  3. Quando le provocazioni colpiscono nel segno, il direttore gongola!
    Non farò qui la storia dei rapporti tra arte e moda (dagli antichi romani a Giacomo Balla e Fortunato Depero passando per quel glamour-viveur di Raffaello Sanzio) perché qualsiasi individuo assennato conosce l’inscindibile interrelazione tra questi due formidabili elementi di creatività visiva.
    Chi si accontenta di strutture informative piatte, sedute, convenzionali, prevedibili non ha che da scegliere tra cento altre alternative. Qui siamo su Exibart.

  4. Ester,
    grazie del complimento; il genio è sempre impopolare, finchè i sempliciotti e gli ordinari, con notevole ritardo lo riconoscono.
    Di solito quando il genio è ormai già morto, ed io, fortunatamente, mi sento ancora molto bene.
    La popolarità la lascio tutta a te ed ai somari del Grande Fratello, come vedi sei in buona compagnia.

    Filogamo,
    la metà della cultura dell’umanità dipende da ciò che non si sarebbe dovuto dire o leggere, il resto rientra nella sfera del pedissequo.
    L’unica cosa che c’è di fascista qui, è il tuo modo di nasconderti dietro uno pseudonimo che non è il tuo. Gli squadroni agivano di notte, e il giorno dopo ritornavano ipocritamente dei bravi funzionari all’ordine della società.
    Vedo che hai imparato la lezione, ma sei in ritardo di qualche decennio.

    Massimiliano Tonelli
    verissimo il richiamo al rapporto tra moda e arte.
    Quando ci sono.
    Peccato che in questa iniziativa non vi è nè l’Arte nè la Moda, e ciò che fa schifo non sono le due cose separate, ma il voler far passare per tali cose che sono tutt’altro.
    Il che, non è nemmeno serio.
    Un Direttore è libero di fare anche questo, ed io sono libero di dissentire.
    Credo che anche alla direttrice di Novella 2000 non sarebbero mancate le parole, e forse avrebbe usato le stesse che ha usato lei.
    Inoltre non le fa davvero onore dirmi che prediligo “strutture informative piatte, sedute, convenzionali, prevedibili”, visto che sono qui da più di un anno.
    L’invito ad andarmene da Exibart, quando mi è stato rivolto dalla Pagnucco mi ha fatto sorridere, ma detto da lei che si ritiene persona seria lo prendo seriamente.
    Le auguro buona fortuna.
    Ciao, Biz.

  5. Caro Biz,
    la prova provata della pantomima da te orchestrata sta nel fatto che inizi la polemica vomitando accuse (schifezze, miserevoli) smisurate contro il mio operato e la concludi dandomi altisonantemente del ‘lei’. Forse per regalare alla forma dello scritto l’autorevolezza che non è nel contenuto? Considerato che con mail, chat e similia non ti sei mai rivolto diversamente da me che con il ‘tu’, permettimi la meraviglia.
    Riguardo alla tua dipartita non mi preoccupo neppure un poco: francamente non credo che ci sia persona interessata all’arte che possa permettersi di prescindere dall’essere informata.
    Con la convinzione che rifuggre il fango della disinformazione valga bene l’accettazione di qualche articolo che non piace (su 4000 pubblicati), LE auguro buon finesettimana, dandoLE appuntamento come previsto a Bologna per la domenica.

  6. Caro Biz,

    io non credo che esistano argomenti dei quali non si possa parlare con intelligenza, cultura e capacità oratorie. L’articolo è ben scritto ed è un piacere leggerlo, se poi ti informa su un fenomeno che non apprezzi non vedo dove sia il problema. Bisogna conoscere anche le cose che detestiamo e penso che tu lo sappia già, non devo dirtelo io!
    Infine, per dirti come la penso, credo che queste vetuste distinzioni tra cultura alta e cultura bassa (o trash) andrebbero definiticvamente abbattute. La creatività e la genialità vestono spesso i panni dell’ironia e dello sberleffo, usano le armi dell’eccessivo e dell’ultra-popolare. E se ci pensi bene non è nemmeno una novità, è una cosa che gli artisti fanno da decenni…ma ce dico…da secoli!ciao

  7. Ah, come sarebbe bello quel che dice Ukafi:
    tutti gli stilisti e connessi traslocano a Firenze e lasciano respirare e vivere un po’ Milano…certo ci vorrà del tempo per ricostruirla, se si può ancora fare qualcosa…

  8. Qualche tempo fa a Castel S. Pietro (Bo) si tenne un convegno sul tema del “Valore dell’arte”. In quell’occasione si finì per discutere a lungo sulle sinergie tra arte e moda. Per problemi tecnici il mio articolo su quell’interessante convegno rimase inedito. Credendo che gli esiti di quel convegno possano in qualche modo essere di chiarimento sullo stato della discussione e su alcune problematiche sulle quali si tende a confrontarsi e pur sapendo che in quell’occasione venne soprattutto alla luce una faccia della medaglia, diciamo quella più pura che tende a difendere certe specificità dell’arte, con tutto ciò vi propongo in versione integrale quell’articolo inedito.
    11.XI.2001
    Il valore dell’arte
    Castel San Pietro Terme, Hotel Nuova Italia

    E’ questo il suggestivo titolo di un convegno tenutosi in un piccolo paesino vicino Bologna: raccolti in una saletta tipo night di terz’ordine, con la moquette sbiadita e le luci giallognole (spente quelle psichedeliche), si sono ritrovati quasi segretamente artisti, galleristi, critici ed economisti.
    In verità si è trattata di un’iniziativa di grande spessore, fatta come spesso accade con pochi mezzi, in un paese di periferia che però ha da anni consolidato una tradizione di interesse al contemporaneo.
    “Il valore dell’arte” è il secondo appuntamento di un convegno in progress (la prima parte si è tenuta il 19.V.2001 presso la Cascina Roma di San Donato Milanese) che intende promuovere un serio dibattito sui criteri con cui oggi si attribuiscono valori di mercato alle opere d’arte, tenendo fermo il proposito di difendere l’arte che punta alla sperimentazione e alla ricerca e che intenda confrontarsi sui valori sociali ed etici del nostro tempo.
    Il convegno è stato voluto da Anna Valeria Borsari, Mario Cristiani (ArteContinua), Gino Gianuizzi (Neon) e Pierluigi Sacco (economista, docente all’Università di Bologna). Ai lavori hanno partecipato e parteciperanno artisti, galleristi, filosofi, sociologi e collezionisti per un’indagine che sia veramente costruttiva e che consideri il mondo dell’arte a 360°: testi e relazioni prodotte saranno raccolte in un sito internet (http://www.a-cultural-s.org/p1.html, attualmente in costruzione) bilingue (italiano/inglese) che sarà organizzato come un forum-laboratorio aperto a nuovi contributi e ricerche.
    Sintesi degli interventi.
    Silvia Grandi, critica e docente universitaria, è intervenuta sul tema del quale è specialista, il rapporto tra arte e moda; Le numerose mostre ed iniziative artistiche che in questi anni hanno coinvolto le più importanti case di moda italiane fanno dire che l’arte è oggi di moda, ma per la moda. Una sottile polemica quella lanciata da Silvia Grandi che ha descritto i cambiamenti recenti del mondo della moda che fino agli anni ‘80 era influenzata dal gusto, dall’architettura, dal design, e che oggi invece è perfettamente autonoma; nonostante le apparenze, sta attraversando un momento di crisi: gli status symbol che negli anni ’90 erano imposti dagli stilisti sono oggi alla portata di tutti e perciò la gente è alla ricerca di nuovi strumenti di distinzione culturale. L’arte per la moda è divenuta un mezzo per creare questa distinzione culturale. Le case di moda però puntano oggi a sostituirsi non solo al critico e al curatore, ma addirittura al museo; il loro soggiacere a ferree regole di mercato comporta il rischio che l’arte sia però solo vampirizzata. Recentemente ci sono stati casi di artisti che hanno rifiutato spazi museali ritenendo più autorevoli gli atelier. Gli stilisti puntano a diventare i nuovi mecenati, i nuovi papi, e cercano, contestualmente, di essere riconosciuti come e più degli artisti.
    Eppure, a vedere bene, gli investimenti della moda nell’arte sono molto esigui (il premio Furla per l’arte ammonta ad una cifra, 20 milioni, che è pari ad un centesimo di quanto la stessa casa investe in pubblicità, in una settimana, per il lancio di un nuovo prodotto). E’ necessario dunque interrogarsi e tutelare le specificità dell’arte, degli esperti dei settore, ma soprattutto la libertà degli artisti, fortemente a rischio se si piega a meri interessi speculativi che non hanno alcun interesse a promuovere la ricerca e la sperimentazione.
    Pierluigi Sacco, economista e docente all’ateneo bolognese, ha affrontato il tema dal punto di vista economico. L’arte, fino a poco fa, attingeva al surplus che la società produceva, si generava cioè alla fine del processo produttivo. Oggi la questione è completamente ribaltata: l’arte diviene sempre più spesso uno strumento di promozione e, rientrando nel progetto per il lancio di un prodotto, conseguentemente si situa all’inizio o all’interno del processo produttivo.
    La società contemporanea non produce più per i beni di prima necessità perché questi sono garantiti e salvaguardati per la più parte della popolazione. Per l’industria è dunque necessario creare nuovi valori. Acquisire potere d’acquisto, per un azienda, significa costruire modelli d’identità, giacché proprio l’identità è il valore a rischio nella società post-moderna. La moda, che è in Italia il punto più alto di produzione industriale di beni accessori, ha fatto propria questa esigenza di modelli d’identità, attingendo all’arte come al prato da cui brucare giacché da essa si possono generare nuovi modelli d’identità. L’arte è per la moda lo stigma che le consente di paludarsi di un’aurea culturale che non segua le logiche strumentali del mercato. Il rischio è che l’artista diventi, di fatto, null’altro che uno “stilista del senso”.
    Franco Vaccari per primo sottolinea come fino a qualche tempo fa a nessuno sarebbe venuto in mente di chiedersi del valore dell’arte poiché tale valore era scontato. Ciò implica che l’identità dell’arte è in seria crisi, in causa del fatto che oggi il sistema economico globalizzato riduce il valore al solo costo. L’arte ha precise responsabilità nella perdita della sua identità. Il ‘900 ha messo in crisi tutti i concetti metafisici ed ha scoperto il paradosso. La ricerca artistica ha scoperto che ogni pensiero finisce inesorabilmente a raggiungere non la verità ma il paradosso. Picasso è stato esemplare in questo, ma più di lui fece Duchamp che sentenziò il fallimento della pratica di attribuire valore al lavoro: con i suoi ready-made inaugurò l’arbitrarietà del valore. La cosa interessante è che proprio la ricerca duchampiana fu adottata dall’industria. Oggi l’industria, esattamente come l’arte, produce senza considerare il lavoro, senza che vi sia la domanda. Aspettiamo la nuova svolta: il ‘900, il secolo dedito alla sperimentazione del valore, è iniziato di fatto con lo sparo di Sarajevo e si è concluso con l’11 settembre.
    Il critico Gianni Romano, particolarmente attivo nello studio dell’arte che utilizza le nuove tecnologie, ha tenuto a sottolineare che l’arte è inserita anch’essa in un sistema economico e che non dobbiamo cadere nell’errore di demonizzare gli sponsor privati, specie considerando la latitanza delle istituzioni pubbliche. E’ importante invece che gli esperti di settore sappiano contrattare a tavolino il ruolo dello sponsor in una mostra, impedendo che esso diventi un’interruzione pubblicitaria dell’evento culturale.
    Secondo Romano è da considerarsi perduto, nell’età contemporanea, il valore del “nuovo”. Il grande errore del ‘900, che gli artisti hanno imparato a conoscere, è stato di rincorrere sempre qualcosa che spazzasse via tutto ciò che c’era stato prima. Negli anni ’60, ad esempio, il medium era caratterizzante dell’opera di un artista, ne era il soggetto principale (si pensi ai televisori di Nam June Paik). Oggi invece gli artisti si muovono in estrema libertà per rappresentare il loro messaggio, utilizzando media diversi. La tecnologia, neppure lei, è oggi più un valore aggiunto per l’arte perché dopo 6 mesi la novità tecnologica è a disposizione di tutti. A guardar bene gli artisti di oggi lavorano spesso in low-tech più che in hi-tech e considerano i media dei semplici strumenti.
    Fabio Cavallucci, critico di formazione barilliana, ha parlato del concetto di “deriva dei valori”. L’arte è in crisi, lo dimostra l’appello diffuso a “sostenere” l’arte (un concetto che nasce con l’arte povera). I valori sono naufraghi e galleggiano nel mare; alcuni di essi possono e debbono essere recuperati per inaugurare una nuova stagione dell’arte che si confronti con la società, messa in seria crisi dal terrorismo che agisce come un hacker dall’interno del sistema. L’arte di oggi è inflazionata: l’offerta è forte e perciò il valore economico cala; l’esempio di Cattelan dev’essere considerato più unico che raro.
    L’artista Mauro Maffezzoni, con ironia e lucidità, ha dichiarato il suo fallimento nei confronti del mercato dell’arte, rifiutando aprioristicamente il mito dell’emigrante promosso da Flash Art che invita gli artisti a trasferirsi nei paesi che detengono il potere di mercato per veder riconosciuto il loro lavoro. Mauro conclude chiedendosi se sia giusto, per l’artista, avere oggi un pubblico, se non sia meglio sottrarsi ed agire in libertà, constatando che, in fondo, ognuno di noi può essere inteso come artista.
    A Maffezzoni ha risposto Gianni Romano, annotando che l’affermazione del fallimento implica l’accettazione del sistema economico dell’arte. Garanzie dell’artista debbono essere la disponibilità al sacrificio e la scelta di perseguire un preciso mandato sociale.
    Nel corso del convegno si è sviluppato un vivace dibattito che si è protratto a lungo. Crediamo che contributi come questi possano veramente rappresentare dei fondamenti teorici fondamentali per l’arte del nuovo millennio.

  9. Partecipo all’isterico dibattito: non mi pare di leggere tra le righe dell’articolo in questione alcuna ipocrisia che esalti il lavoro di Richardson a status di Arte con la A maiuscola, anzi a ben leggere credo che l’autore abbia brillantemente colto e salvato quanto di interessante possa esserci in simili iniziative mediatiche, eludendo qualsiasi esaltazione gratuita. Forse ha scandalizzato la qualifica dell’evento come Primo Piano, ma del resto sottoporre alla nostra attenzione eventi del genere, attraverso parole misurate e sensate, credo non debba spaventare nessuno: il tempio dell’Arte non è violato!!!!!!

  10. Gentili signori,
    questi biz per mesi ha offeso qualsiasi persona la pensasse contrariamente a lui, l’ha mortificata, l’ha distrutta con le parole…ricordo quando augurò a nonsocchì di morire scuoiata viva come in chissàqquale mito dell’ellade! Ed ora si scandalizza perché il direttore, facendo ne piu ne mmeno il suo mestiere, l’ha rimproverato?

  11. Facciamo così:
    il direttore ha sgridato Biz, perché Biz ha offeso, involontariamente credo, il direttore, Biz c’è rimasto male.
    Ora, però, succede a tutti, prima o poi, di ricevere una sgridata, lasciamo passare un po’ di tempo e quasta cosa si ridimensiona e ritorna un simpatico e arguto castigamatti, ma non è solo un castigamatti: ci manchi e penso che manchi anche al direttore, che forse c’è rimasto più male, o se non altro, male tanto quanto.
    Il Biz che si ritira così mi ha spiazzato,davvero, non me lo sarei aspettato.
    Poi, insomma, Exibart è in continua sperimentazione, almeno io lo vedo così, non mi sembra che dimentichi altre cose per esaltarne delle altre: è l’espressione di tanti gusti e visioni dell’arte differenti. Per questo è interessante.
    Ora, neppure a me colpisce questa cosa di Terry Richardson, ma non vuol dire niente: ci sono degli strumenti utilissimi per lo studio come Opera Omnia e gli archivi fotografici, c’è la possibilità di andare a cercare articoli di riferimento alle mostre e tante altre cose.
    Ci possono essere momentanee simpatie e antipatie, ma poi, cosa importa? Se ci dovessimo lasciar condizionare da quelle, ci comporteremmo come la maggior parte degli operatori del sistema dell’arte, fatto anche, o soprattutto, di vendette ripicche favoritismi e ricerca dello status personale, che va a calpestare proprio l’arte, quando è solo quello l’impulso seguito.
    Poi nessuno obbliga a fare commenti, come non v’è censura, a parte casi estremi, credo.
    Da parte mia un appunto anche a Lavinia Garulli, che scrive begli articoli, ma che si lascia catturare da commenti negativi: signorina, lasci perdere, secondo me, fa più brutta figura se risponde alle offese in quel modo.
    Un altra cosa: quando torna Costantino Maiani?

    Per Vivace: il mito è quello di Apollo e Marsia, se ti occupi di arte dovresti conoscerlo, anche per il bellissimo quadro di Tiziano, conservato credo in Ungheria, che era stato in mostra a Venezia tanto tempo fa.

    La mia l’ho detta nel tentativo di non perdere il caro Biz da queste pagine.
    Ciao a tutti (anche a quelli che sono contenti)

  12. E va bene, dai Jessika, non ti arrabbiare che ora la smetto, era solo un tentativo di ridimensionare le cose. Alla prossima, vedrò di annoiarti con qualcos’altro.
    Tchus!

  13. E’ la prima volta che faccio del “surfin'” all’interno di questo sito – i complimenti, alla prossima- é molto divertente la diatriba sorta per un semplice, ben composto articolo (complimenti all’autore… ), su Terry Richardson – é altresì molto esilarante nella nostra epoca trovare persone che ritengono di avere una sorta di metal detector per l’arte – ricordate quante volte personaggi come Warhol e Basquiat, sono stati definiti “imbratta tele”? – non sputiamo su un piatto che ci darà da mangiare domani… Non conosco il Sig. Biz ma sembra che a certe persone manchi la Sua presenza. Perché non provate a ritrovarvi dalla De Filippi – vero ricettacolo del TRASH!- Bye Bye

  14. Cara Jessika,
    invio messaggi a Biz nei commenti perchè spero di ricevere risposta qui nei commenti, per rivederlo tra noi.
    Conosco Biz, é una persona squisita, un vero signore e la sua mancanza la sento.
    Biz è una persona molto sensibile , anche se non può sembrare dai suoi commenti, certamente avrete notato che si è sempre messo dalla parte del giusto ed in difesa di chi ingiustamente veniva offeso.
    Grazie del consiglio.
    Maria

  15. Cara Anna e cara Maria,anche a me biz è sempre piaciuto molto. era sempre un piacere leggerlo, dissacrante e arguto (spesso un pochino acido è vero), sempre controcorrente. Era (è, perchè non credo sia morto) un personaggio scomodo perchè ha sempre detto quello che pensava slegato dal piattume solito, e come tutti i personaggi scomodi doveva essere eliminato.
    E’ un vero peccato perchè i suoi interventi ormai erano una “rubrica” che sono certa molti leggevano con curiosità e in un certo senso con ammirazione. io poi non ho letto niente di strano in quello che ha scritto nel messaggio che ha provocato l’indignazione del direttore.
    Mi sembra abbia sempre detto che Exibart è di alto livello e per questo poi solo ha detto che questo articolo anche se è scritto bene l’argomento non è così da primo piano di exibart. Non leggo nelle sue parole che non si doveva pubblicare.
    Scusatemi se sono così intervenuta, ma se posso mettere una parolina perchè biz torni lo faccio volentieri.
    Al direttore non importerà nulla, ma senza biz sarà davvero tutto più piatto e ordinario.
    Volevo dire anche la mia e l’ho detta. Io la penso come Maria Pezzica e Anna.
    Saluti a tutti Elisa.

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