09 marzo 2004

fino al 15.V.2004 Dennis Oppenheim Firenze, VarArt

 
Il paesaggio si trasforma attraverso gli aerei, i trattori e gli spazzaneve di Oppenheim. Le macchine offerte dallo sviluppo tecnologico permettono di plasmare la terra in sculture di monumentali dimensioni. Che possono essere appese nella forma di scatti fotografici…

di

Alla fine degli anni Sessanta, in pieno clima di contestazione, un gruppo di artisti nordamericani cerca di impedire la circolazione commerciale delle proprie opere. Sono i Land Artists, che scolpiscono in forme minimali riquadri vastissimi di natura. I settings preferiti delle loro operazioni sono le aree incontaminate degli stati centrali degli Stati Uniti e della California. Impossibile trasportare le opere in galleria, per consegnarle alle braccia del mercato. Si tratta di realizzazioni deperibili, che vengono riassorbite dall’ambiente; ma che prima sono fotografate, registrate, bloccate in immagini bidimensionali. Solo gli scatti possono essere esposti. I Land Artists trovano sostegno nella gallerista Virginia Dwan, all’inizio del loro percorso.
Ancora oggi sono le gallerie private, almeno in Italia, a giocare un ruolo fondamentale nel mostrare i loro lavori. E’ il caso di Dennis Oppenheim , artista storico del gruppo, che inizia a pensare agli earthworks nel lontano 1967. Raramente musei e istituzioni hanno dedicato al suo percorso delle retrospettive organiche, mentre non possiamo dire altrettanto degli spazi privati. Oppenheim
VarArt, ad esempio, espone oggi un gruppo strutturato di opere di Oppenheim, alcune delle quali di nodale importanza per la sua ricerca. In Directed seeding cancelled out crop (1969) un campo è cancellato simbolicamente, tramite il taglio del grano che vi era piantato; in quetso modo, l’artista veicola la sua critica allo sfruttamento esclusivamente economico del paesaggio. Con Whirpool, eye of the storm (1973), crea una serie di spirali in movimento nel cielo; la tecnologia interagisce con l’ambiente naturale non necessariamente con effetti negativi. Identity stretch (1976) compone in un collage enorme e preziosissimo immagini fotografiche di un prato segnato da linee curve, vicine alle venature delle impronte digitali.
Tutte le opere di Land Art di Oppenheim sono costituite da fotografie, accompagnate da notazioni precise sul momento e sul luogo della effettiva costruzione dell’earthwork, con tanto di cartina geografica.
I lavori esposti costituiscono un nucleo coerente. Sono selezionate soprattutto opere appartenenti all’esperienza di Oppenheim come Land artist, mentre la sua ricerca performativa non è volutamente messa a fuoco in questo contesto. Un gruppo di schizzzi degli anni Novanta, relativi ad opere poi realizzate, è presentato accanto alle testimonianze della fine anni Sessanta, primi anni Settanta. 

silvia bottinelli
mostra visitata il 4 marzo 2004


Dennis Oppenheim, a cura di Vanna Razzolini Vichi
VarArt, via dell’Oriuolo, 47-49r, Firenze (Piazza del Duomo)
Dal 30 gennaio al 15 maggio 2004
Dalle 10 alle 12, dalle 16 alle 19,30; chiuso il lunedi’
Info: 055 284265; Varart@tin.it


[exibart]

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