30 maggio 2001

Media Connection

 
Apre oggi a Roma Media Connection, una mostra dedicata al tanto dibattuto binomio arte-tecnologia e all'uso creativo dei media, dagli anni '60 ad oggi. Exibart ha intervistato il curatore Gianni Romano, che ci ha presentato l'evento in anteprima...

di

Inaugura a Roma la tua ultima fatica, “Media Connection”, di che tipo di evento si tratterà? Che taglio le hai dato?
“Media Connection” è un viaggio particolare tra opere e installazioni, dagli anni Sessanta a oggi, che sono il prodotto di una riflessione sui media. Non è, dunque, una rassegna generica su arte e tecnologia. Ogni lavoro è stato selezionato secondo le linee guida della mostra, tranne ovviamente, le opere realizzate appositamente per questo evento da parte degli artisti più giovani. In questa mostra i media sono visibili, sono il soggetto stesso delle opere in mostra. E’ interessante vedere come all’inizio gli artisti tendano a maltrattarli, a manipolarli, mentre col passare del tempo (diciamo, dopo la fase critica del postmoderno) i media diventano lo strumento del fare arte, il mezzo grazie al quale gli artisti sviluppano poetiche più personali e intime. Molto semplicemente, se prima vedevamo i media isolati, macchine che gli artisti chirurgicamente manipolano, col passare del tempo i media cominciano a dialogare (vedi Internet), spariscono visivamente per creare un nuovo linguaggio e un nuovo spazio per l’arte. Da qui il titolo “Media Connection”. Certo, tra una fase e l’altra passano quarant’anni, con innumerevoli sfaccettature e differenze. Non c’è dubbio che si tratti di un argomento molto stimolante, tanto più che il digitale, l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni, ha reso certi argomenti di interesse generale e non solo estetico.

Il titolo dell’evento indica che si parlerà di mezzi di comunicazione.
Pensi che ci sia un medium più adatto di altri a veicolare la comunicazione
artistica?

No, mai. E l’artista che sceglie il medium o i media più adatti a sviluppare il proprio discorso, ma è a quest’ultimo che dobbiamo riservare la nostra attenzione, a meno che non si faccia sociologia o didattica. E’ evidente che ci sono periodi in cui un medium prevale sugli altri, per una logica curiosità degli artisti, ma anche perchè la scena dell’arte (la scena, non la storia) non è insensibile a fenomeni di moda o di tendenza.
Oggi non ci sono media che prevalgono sugli altri, anzi, dagli anni Novanta, è prevalsa l’abitudine da parte di molti artisti di utilizzarli tutti indifferentemente il che, paradossalmente, ha favorito un interessante ritorno alla pittura.

Ultimamente ti sei confrontato, come curatore, con linguaggi più vicini alla pittura. “Media Connection” ti vede nuovamente come osservatore dei rapporti tra arte e tecnologia, si tratta di un rapporto che negli ultimi anni ha subito dei cambiamenti?
Ne ha subiti tanti che la critica fa fatica a registrarli. La pittura stessa è notevolmente influenzata dalla rivoluzione digitale (certamente non grazie agli abusi di photoshop, ma dal fatto che tutta l’informazione che riceviamo è digitalizzata). Nel video stiamo assistendo a nuove ipotesi narrative (impensabili fino a qualche anno fa, ma prevedibili da un punto di vista teorico). La fotografia si è ormai definitivamente liberata dall’obbligo della figurazione, ma anche in questo campo i numerosi digital diaries fanno pensare a nuove pulsioni narrative, e abbiamo già i primi esempi di quella narrativa “oggettiva” che da piccoli chiamavamo “reportage”. Le installazioni di oggi somigliano sempre di più a quelle degli anni Sessanta, quando l’intervento del pubblico non era auspicabile, era necessario. Perfino l’arte internettiana, in soli sette anni di vita ha subito delle trasformazioni che non possiamo ignorare perchè riguardano strettamente non solo il modo con cui noi guardiamo l’arte in Rete, ma
anche il modo con cui guardiamo l’arte in genere. Insomma, se i media sono interconnessi lo sono anche le idee che veicolano.

Matthew McCaslin (usa)Per “Media Connection” hai tenuto per te un ruolo di coordinatore facendoti affiancare da giovani curatori, come mai?
Perchè, a livello pragmatico, questa mostra rappresentava un impegno curatoriale troppo grande. Ho chiesto quindi a Elena Volpato e Valentina Tanni di occuparsi di due sezioni ben definite, video e web. Si tratta di due giovani critici di cui conosco bene i risultati delle loro ricerche e sapevo che avrebbero potuto dare un contributo interessante. Ad un livello più generale, chi conosce il mio lavoro sa che, fin dalla mia prima mostra, ho sempre chiesto collaborazione ad altri colleghi – sia per la mostra che per la pubblicazione – perché a me piace che una mostra rispecchi una certa coralità dell’arte è l’arte stessa che produce queste dinamiche e le esige, nessun curatore può ignorarle.

Ma non è un atteggiamento insolito? I critici di solito cercano di tenersi ben stretta la loro fetta di potere?
Cosa posso dire, a me sembra strano il contrario. Trovo strano assistere a mostre messe in piedi per l’artista, il critico e i parenti per far contento l’assessore locale o assecondare uno sponsor. Sono dinamiche che non mi appartengono. Sono distorsioni tipiche del sistema italiano dove l’intervento pubblico nel contemporaneo è quasi assente e tutto è lasciato all’iniziativa dei privati. Il curatore è come il regista di un film che chiama più persone alla costruzione di una visione, le strategie a tavolino, le limitazioni personalistiche, rendono meno leggibile e meno interessante questa visione.


Però “Media Connection” sembra fatta apposta per “favorire” lo sponsor?
Quello sullo sponsor è un discorso molto delicato in un paese in cui la produzione di mostre d’arte contemporanea è rara, e l’intervento istituzionale quasi nullo. Capisco che la tua domanda deriva dalla noia per quegli eccessi che producono eventi di dubbio valore culturale in cui di arte se ne vede poca. Ormai l’arte contemporanea va di moda e si creano manifestazioni il cui unico scopo è far parlare dell’evento stesso. In genere è il pubblico il primo a bocciare questo tipo di “serate galanti”. “Media Connection” è un caso diverso, vende idee e non un prodotto da lanciare sul mercato. Per certi versi è una ridefinizione di quell’avvicinamento tra aziende e creatività, una delle tante dinamiche messe in atto dalla “terza cultura”, di quell’incontro tra arte e scienza del quale la stessa tecnologia è un risultato evidente. Omnitel in questo caso non è uno sponsor, e’ la loro prima mostra d’arte contemporanea, e sono coinvolti direttamente nella produzione della mostra.


Sono previste tappe successive?
Sono previste altre due date: a Milano e a Bologna dove cambierà l’allestimento e alcuni interventi site specific.


C’è un artista che avresti voluto invitare e che, per qualche motivo, non hai potuto avere in mostra?
C’è sempre un artista che avresti voluto invitare e che, per qualche motivo, non puoi avere in mostra.

Guarda la galleria di immagini

Gli artisti in mostra:
Charlotte Moormann
Nam June Paik
Jean Tinguely
Arman
Wolf Vostel
Bertrand Lavier
Franco Vaccari
Piero Gilardi
Antoni Muntadas
Jenny Holzer
Gary Hill
Tony Oursler
Tatsuo Miyajima
Eva Marisaldi
Doug Aitken
Matthew McCaslin
Ceal Floyer
Carsten Nicolai
Wolfgang Staehle
Bianco e Valente
Marko Peljhan
Axel Stockburger
Kiki Seror
Jordan Crandall
Grazia Toderi
Botto e Bruno
Francis Alÿs


massimiliano tonelli

[exibart]

4 Commenti

  1. Giustamente Gianni Romano dice che “Media Connection” vende idee e non un prodotto da lanciare sul mercato e che Omnitel in questo caso non è uno sponsor ma è la loro prima mostra d’arte contemporanea. Avvicinamento tra aziende e creatività, tra arte e scienza. Grazie Massimiliano Tonelli delle interessanti notizie che ci regali. Saluti Maria

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