04 gennaio 2002

fino al 3.III.2002 I pittori del Rinascimento a San Severino Roma, Palazzo Barberini

 
Arriva anche a Roma la mostra che ha già riscosso grande successo nella sua patria di origine, ma snaturate dal loro contesto queste splendide opere rischiano di perdere molti dei significati...

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San Severino è oggi una tranquilla cittadina delle Marche. Ma tra il XIV e il XV secolo dava filo da torcere a Firenze e Venezia, oltre che alla vicina Urbino. E al pari dei rivali, per difendere la propria identità, utilizzava anche l’arte. È così che questo piccolo centro ha dato il suo contribuito alla civiltà del Rinascimento. È ciò che ha inteso ricordare Vittorio Sgarbi, promotore della mostra che ha voluto portare, dopo una prima tappa a San Severino, anche a Roma. Per chi ha già visitato la mostra sul Rinascimento allestita alle Scuderie Papali, è una felice e istruttiva coincidenza. Proprio dal confronto con l’arte dei centri “minori”, emergono l’estrema complessità e la ricchezza di un’epoca che spesso si tende troppo a semplificare.
Aprono la mostra le poche opere certe o stilisticamente attribuite – a volte inspiegabilmente – ai due artisti locali di fine Quattrocento: Lorenzo d’Alessandro e Ludovico Urbani. Segue una sezione dedicata agli artisti non locali ma che lavorarono nel territorio. Qui colpiscono i grandiosi polittici di Niccolò Alunno e di Vittore Crivelli. E una tavola del Pinturicchio che da sola meriterebbe la visita di questa mostra. È evidente nelle opere il legame con la tradizione locale tardogotica dei fratelli Salimbeni e di Gentile da Fabriano. Legame voluto, tant’è che era ancora vivo allo scorcio del XVI secolo, sia pur coniugato con rimandi a Signorelli, Piero della Francesca, Carlo Crivelli e Mantegna. Emerge chiara l’immagine che San Severino voleva dare di sé: forte della propria identità ma capace di stare al passo con i tempi. E con i concorrenti.
Tuttavia nella mostra non affiora il connubio tra l’arte e il contesto politico-territoriale che l’ha generata. Forse non era nelle intenzioni dei curatori, i quali, anzi, si fregiano di aver avuto in prestito opere che per cinquecento anni erano miracolosamente rimaste al loro posto originario nelle chiese per cui erano state create. Il risultato è però che esse appaiono snaturate, perché strappate dal loro contesto. Mancano pannelli che spieghino il percorso. Le poche righe di commento a ciascuna opera, in caratteri quasi illeggibili, omettono essenziali informazioni sulla cronologia o sulle inusuali iconografie, mentre invece si dilungano con linguaggio pomposo sulle vicende critico-attributive. Il pericolo è che il pubblico dei non addetti ai lavori, costretto alla pura fruizione estetica, torni a casa con negli occhi il brillare dell’oro e dei colori, ma nient’altro.

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sara magister
mostra visitata il 18.XII.2001


“I pittori del Rinascimento a San Severino”, a cura di Vittorio Sgarbi
Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Roma. l mar_dom 9-19. Ch lun.
Ingresso intero £ 10.000 (euro 5); ridotto £ 8.000 (euro 4); per gruppi, militari, ragazzi di 6-18 anni e over 65 £ 5.000; fino a 6 anni, portatori di handicap e accompagnatori, insegnanti, accompagnatori di gruppi gratuito
Visite guidate a cura dell’Associazione Palladio, il sabato e la domenica alle 17,00 £ 6.000 (euro 3,10), tutti i giorni per gruppi e scuole previa prenotazione allo 06 68132260
Catalogo edito da Federico Motta Editore


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7 Commenti

  1. Notizia sintetica ma esauriente, mirata a far conoscere i pregi e i “difetti” della mostra. Analisi dell’eposizione in rapporto alla possibile fruizione dell’osservatore. Utile soprattutto per questo particolare, che tiene conto del rapporto pubblico-opera d’arte.
    Complimenti!

  2. Questo stile antico, antichissimo
    questo messaggio celeste
    questo fondo oro
    vorrei un aereo B52 su quei cieli di luce assoluta!
    Vorrei il segno di una deflagrazione in quei volti!
    Vorrei che il colpevole reggesse lo scettro e fosse smascherato tra i manti perfetti e purissimi!
    W l’arte contemporanea e chi si sente figlio dell’oggi!

  3. Anche l’arte contemporanea usa l’oro. Che male c’è ad avere delle radici? Ancora si può imparare molto dal passato.

  4. Leggere Sara Magister, che non ama le formalità, è una delle cose belle da salvare.
    Se devo essere formale per ufficializzare il mio pensiero, lo faccio senza vergogna.
    Leggerla, poi, in coriandoli acuti come questo ultimo è davvero una soddisfazione.
    Sono sempre grato a chi mi salva dalla misantropìa.
    Ciao, Biz.

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