29 marzo 2002

fino al 16.VI.2002 Giovanni Lanfranco – La vertigine del barocco Roma, Palazzo Venezia

 
Gli hanno dedicato una mostra monografica, arrivata a Roma dopo Colorno e Napoli. E noi vi proponiamo una ‘passeggiata romana’. In compagnia di Giovanni Lanfranco…

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Arrivava a Roma nel 1602, Giovanni Lanfranco, lasciandosi alle spalle – ma avendo sempre in mente – Parma (dove era nato nel 1582), la cupola del Duomo, con la magistrale costruzione e dissoluzione di un miracolo, affrescata da Correggio e la solida armonia della ‘maniera’ dei Carracci, incamminata dal naturalismo verso l’ideale classico. Aveva compiuto un breve apprendistato presso Agostino Carracci, adesso avrebbe collaborato con Annibale nella decorazione della Galleria di Palazzo Farnese, ben inserendosi – ventenne – in quella stagione fortunata dell’arte nella Città Eterna, che è stata raccontata e documentata nella mostra Il Genio di Roma 1592 – 1623 (Palazzo Venezia, 2001).
E a Roma resterà fino al 1634 – con un ‘intermezzo’ a Piacenza tra il 1610 – 12 – poi ci saranno le prestigiose commissioni napoletane (1634 – 1646), quindi il ritorno nel 1647: Passeri maligna che esaurite le decorazioni partenopee era rimasto privo d’impiego ed effettivamente sono cambiati tempi e mecenati; Lanfranco dipingerà la Tribuna di San Carlo ai Catinari: è l’ultima opera che completa in sei mesi, ancora una volta fedele a quella <i<franchezza di colori e di ingegno, mentre rappresenta in un tripudio di nuvole luminose e di panneggi rigonfi le Virtù Teologali, nell’arco antistante la Tribuna. Muore il 29 novembre di quell’anno.
Un centinaio di opere per raccontare Lanfranco e la fortuna di un linguaggio che avrebbe voluto fare dello stupore una prassi e della sprezzatura una sorta di metodo: è la prima mostra monografica (l’ha curata Erich Schleier), giunta a Palazzo Venezia dopo l’allestimento a Colorno e a Napoli, quasi un itinerario parallelo alla vita dell’artista. E al rapporto tra Lanfranco e Roma dedichiamo questa ipotesi di percorso, non esaustivo, ma tratteggiato…
Nell’Oratorio di San Gregorio al Celio, cantiere diretto da Guido Reni, lascia un San Gregorio Magno affresco in chiaroscuro, che appare dall’ombra di una nicchia dipinta: è il 1608; l’anno dopo è al lavoro presso San Paolo fuori le mura, ci tornerà nel 1625 – ormai più che affermato – per dipingere un ciclo – ora smembrato – nella Cappella del Santissimo Sacramento: due lunette sono in mostra, esemplare repertorio di posizioni di personaggi, di colori e di costruzione dello spazio affidata alle reciproche posizioni, l’orizzonte è alto, lo sfondo quasi chiuso, è tutto affidato agli scorci, alla ‘serpentina’ ormai codificata. Di ritorno da Piacenza i suoi committenti si chiameranno Perretti Montalto, Mattei, Farnese, Bongiovanni: sono le più importanti famiglie romane, segno di un favore che pare non dover mai finire. Ha successo Lanfranco perché fonde artificio, vertigine, mantiene salda la matrice carraccesca – come un punto di riferimento mai contraddetto – e riesce ad ‘assorbire’ anche Borgianni.(così Bellori riuscirà a riconoscergli anche fierezza d’oscuri)
I cantieri si susseguono: da Palazzo Mattei (dove ricordiamo l’incontro tra Giuseppe e la moglie di Putifarre, costruito su un gioco di sguardi e sui movimenti quasi ‘danzati’), al Camerino degli Eremiti, nella Chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte, alla Cappella Bongiovanni, nella Chiesa di San Agostino I, dove affresca nella cupola un’Assunzione della Vergine ardito gioco di nembi, corpi e luce che disfa la realtà (ma i tempi non sono ancora maturi). Ci saranno la decorazione della Sala Regia al Quirinale e la Cappella Sacchetti, in San Giovanni dei Fiorentini.
Poi, tra il 1625 e il 1626 la cupola di Sant’Andrea della Valle. Il recente restauro ed una nuova illuminazione – progetto finanziato da Civita e Omnitel Vodafone – l’hanno restituita allo sguardo dei visitatori. Lanfranco dipinge l’Assunzione dilata il miracolo, oltrepassa l’architettura innestando sapientemente la luce, utilizza tutti gli accorgimenti che trasformano la prospettiva in gioco illusorio, i colori sono chiari – persiste la memoria di Correggio – i frammenti di mica nei pigmenti bruni ‘spezzettano’ la rifrazione luminosa: è un vortice sospeso in una cavità che sembra non avere più dimensione.

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maria cristina bastante


Giovanni Lanfranco – la Vertigine del Barocco, a cura di Erich Schleier
Palazzo Venezia, fino al 16.VI.2002
Via del Plebiscito 118, 0632810, mar_dom 9-19 ch lun, ingresso intero 8 euro ridotto 6 euro, scuole 5 euro, catalogo e guida agli itinerari lanfranchiani a Roma editi da Electa.

Visite Guidate a Cura dell’associazione culturale Palladio, 0668132260. Sono previste: galleria di Palazzo Farnese, piano nobile di Palazzo Mattei di Giove, La cupola di Sant’Andrea della Valle; l’Oratorio di Sant’Andrea a San Gregorio al Celio; L’ex Camerino degli Eremiti nella Chiesa di Santa Maria dell’orazione e Morte; La chiesa di Santa Maria della Concezione; la Sala Regia al Quirinale, la Cappella Sacchetti a San Giovanni dei Fiorentini; Il catino absidale della Chiesa dei Santi Carlo e Biagio ai Catinari


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