09 dicembre 2003

fino all’8.II.2004 Kara Walker – The Emancipation Approximation Roma, MAXXI

 
Era un hobby per signore, un paio di secoli orsono. Lei ne ha fatto un mezzo d’espressione inconfondibile. E adesso ritaglia silhouette monumentali. Per comporre -in un unico racconto- mito, sesso, violenza e riscatto. Kara Walker, californiana per la prima volta a Roma…

di

Ha un tratto inconfondibile Kara Walker (Stockton, California, 1969). Sintetico, caustico, elegante.
Nelle silhouette ha trovato un modo d’espressione perfettamente congeniale: lei lo spiega partendo da una parola, excavatescavare– intesa come ricercare, nei frammenti, nelle cose perdute, nella memoria, ma scelta anche perché rende l’idea -terribile e potente- di un corpo svuotato.kara walker_the emancipation approximation_1999-2000
Da qui, ai grandi fregi di figure nere (o bianche, su fondo nero) il passo è breve. La tecnica –riportata su scala monumentale– appartiene ad un passatempo femminile di due secoli fa, una sorta di stencil facile ed innocuo: l’artista ne sovverte il fine ozioso, con le sagome ritagliate compone un racconto in cui sesso –reso in modo piuttosto realistico, per quanto permette la sola linea di contorno- e sopraffazione s’intrecciano.
Così è The Emancipation Approximation, presentata al MAXXI di Roma (il titolo è un’amara parafrasi dell’Emancipation Proclamation, con cui Lincoln aboliva la schiavitù dei neri): una composizione di dimensioni considerevoli –più o meno 110 metri lineari- che avvolge le pareti esterne ed interne di una sorta di stanza ricavata nelle nuove sale del museo. La storia è una di quelle narrazioni continue che l’artista racconta di mettere insieme partendo dai materiali più disparati: ambientata in una piantagione, prima della guerra civile, è una teoria di dame, amplessi, amanti, soprusi, metamorfosi, composta come fosse un gioco di ombre aggraziato e ambiguo.
C’è il mito di Leda e il cigno, ci sono creature ibride e allusioni simboliche, orgasmi appassionati, incastri di bianco/nero, virtuosismi di nero su nero. Pezzi eterogenei, tratti dalla sterpaglia e dalla storia, trasformati in sagome senza volto, di cui Kara Walker dice di essere libera di abusare. Il paradosso sta, allora, nella parvenza decorativa, nell’impatto grafico, nella linea sensibile, in quell’imagerie da servizio di porcellana –kara walker_the emancipation approximation_1999-2000 leziosa, qualche volta licenziosa, ma comunque addomesticata– che questa volta serve a tradurre scene di sesso decisamente esplicite. E così, proprio mentre ce le mette davanti agli occhi, contemporaneamente pare di nuovo celarle. Dietro un unico affascinante arabesco.

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mariacristina bastante
mostra vista il 2 dicembre 2003


Kara Walker – The Emancipation Approximation, a cura di Paolo Colombo
MAXXI, via Guido Reni 6 (teatro Olimpico), www.maxximuseo.org , 063202438, mar_dom 11-19 ch lun, ingresso gratuito


[exibart]

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