12 dicembre 2000

1.XII.2000 Il Museo, la qualità e il ruolo sociale: appunti da un convegno modenese Modena, Camera di Commercio

 
La città di Modena ha ospitato, nell’accogliente spazio di Sala Leoncelli della Camera di Commercio, un importante convegno dal titolo “Museo in pubblico. Qualità pubblica e ruolo sociale del museo”,...

di

…organizzato dalla Provincia di Modena con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Emilia-Romagna, e in collaborazione con l’I.B.C. della Regione Emilia Romagna.
Il pubblico non ha tradito le attese che, data la grande attualità del tema, si prevedeva numeroso ed eterogeneo. Diremo subito che il convegno non ha portato novità sconvolgenti al dibattito in corso, tuttavia ha avuto il merito di mettere a confronto le politiche museali italiane con quelle straniere, di segnalarne le specificità, registrando lo stato di avanzamento nell’applicazione delle moderne teorie ispirate ad una gestione razionale delle risorse, per la realizzazione di progetti che aprano le porte dei musei anche al pubblico potenziale e soprattutto alle categorie disagiate.
Ad aprire i lavori è toccato a Mario Lugli, Assessore alla Cultura della Provincia di Modena, che, muovendo dall’analisi del ruolo acquisito sul territorio dalla rete dei musei della provincia di Modena, che ha il suo modello nella rete delle biblioteche della provincia, ha invitato a passare dall’idea di museo come luogo di sola conservazione a quella di uno spazio più manipolabile, dinamico nell’interpretare le istanze del visitatore e nello sfruttare le capacità comunicative delle opere.
A seguire Massimo Negri, Direttore European Museum Forum ha proposto una riflessione sul dato oggettivo che vuole il numero dei musei nei paesi europei, nella seconda metà del ‘900, quasi ovunque raddoppiato. La domanda di musei è crescente, negli ultimi anni; a fronte di ciò sta la constatazione che in Italia il fermento è iniziato con un certo ritardo rispetto all’Europa, sollecitato dalla ridefinizione delle competenze (Regioni e Province) e delle normative (Testo Unico).
La mission del museo moderno, secondo Negri, si definisce con due concetti: la “qualità” dei servizi museali e la “responsabilità sociale” verso la collettività. In Italia c’è il problema di monitorare lo stato dei musei perché in pochi si occupano di tenere rapporti annuali sui bilanci e i lavori fatti.
Adeguando la gestione dei musei al mutamento del pubblico, che oggi non è più locale ma, quantomeno, continentale, non devesi scordare quanto sia importante operare in modo da salvaguardare le specificità del proprio territorio, con la consapevolezza che la situazione, nel campo della cultura, è oggi quanto mai fluida e dinamica.
Nel suo intervento (letto da Margherita Sani dell’I.B.C.) Mario Turci, Direttore Museo Santarcangelo di Romagna, ha messo in primo piano l’esigenza di sollecitare il pubblico a riappropriarsi dello spazio museale. Stando che il museo è servizio culturale a rilevanza sociale, destinato, per vocazione, alla conservazione di beni culturali di patrimonio collettivo, il museo deve divenire soggetto produttore e promotore di servizi al pubblico. Fondamentale perciò, nella gestione di un museo, è la partecipazione della collettività. Il Museo di Santarcangelo di Romagna punta ad essere, ed è di fatto, attore sociale e produttore di cultura.
L’oggetto museale ha bisogno di essere vivificato, per non cadere nella provocazione che Chatwin mette in bocca a Utz, protagonista dell’omonimo racconto: “Il nemico è il conservatore del museo. In teoria, i musei dovrebbero essere saccheggiati ogni cinquant’anni e le loro collezioni dovrebbero tornare in circolazione” (Adelphi, Milano 2000, p. 20).
Se non vogliamo che il museo contenga oggetti morti, la spinta innovativa deve retrocedere dall’autoreferenzialità del museo, puntando sull’efficacia sociale e sul principio della centralità della persona (vera produttività di un museo).
Il concetto di museo come “servizio alla persona” è il vero codice etico dell’esistenza del museo e rimanda al concetto di qualità che oggi non può fare a meno di essere interpretato alla luce del dialogo tra cultura e impresa, come insegnano i modelli stranieri.
Per Marco Dallari, Docente di Pedagogia Generale all’Università degli Studi di Trento, il museo non è solo spazio di documentazione e di istruzione, ma anche luogo di racconti, storie, narrazioni. Il museo può realizzare una sua vocazione, non filologica e celebrativa, ma estetica, diventare cioè occasione di educazione sentimentale. Questo approccio è significativo perché porta alla conoscenza attraverso mezzi come il gioco e l’animazione, percorrendo altre strade rispetto alla didattica tradizionale, quelle cioè in cui l’opera d’arte non è solo un testo ma è anche un pretesto. Il testo serve all’accesso filosofico, per lo storico dell’arte, non al visitatore comune. Racconto e narrazione dell’opera d’arte non sono una cosa nuova nell’arte: l’arte medievale funzionava così. I vecchi modelli di consequenzialità e oggettività oggi sono entrambi in crisi; l’arte può allora essere ancora di salvezza per la cultura occidentale, perché contiene metafore e narrazioni per salvaguardare la nostra identità e per attivare, attraverso il ricordo, il processo di mediazione simbolica. Contro la cultura della classificazione si afferma dunque la cultura della suggestione: nel trasmettere l’arte al pubblico si è cercato finora di ricadere o nella legittimazione del sacro o nella oggettività della scienza. Ciò denota una certa paura; in verità l’arte non ha bisogno di nulla, l’arte può fare da sola.
Tate Modern
Sue Wilkinson, Esperta di Didattica Museale, Resource Consiglio Nazionale per i Musei, le Biblioteche e gli Archivi del Regno Unito ha illustrato lo sforzo del governo inglese nei campi dell’accesso e dell’inclusione. Access è l’imperativo affinché chiunque possa godere dei musei; ciò implica, per esempio, l’impegno per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Ma le barriere sono diverse e di diversa natura. Le barriere presenti, che sono fisiche e sensoriali, intellettuali, culturali, attitudinali e finanziarie, portano alla conclusione che le attività dei musei europei sono, oggi, in gran parte destinate ad una popolazione di pelle bianca, maschilista, eterosessuale e morta.
Inclusion è un concetto che riassume l’impegno per portare nei musei le persone che, per varie ragioni, sono escluse dalla fruizione dei musei, il cosiddetto “pubblico potenziale”. Per far ciò è essenziale ri-coinvolgere la gente nei processi di apprendimento.
In Inghilterra è in atto il rinnovamento dei quartieri, secondo il progetto di Blair per far rivivere la città. Nel ’98 è stata creata un’Unità di Inclusione Sociale, che studia progetti sostenibili per le aree degradate in causa di flagelli quali disoccupazione, bassa qualità della vita, povertà, criminalità. L’Unità ha destinato una équipe di 17 persone a studiare soluzioni a questi problemi; dai loro rapporti risulta che arte, sport e tempo libero sono ambiti che favoriscono il recupero delle aree degradate, promovendo l’inclusione sociale. Da ciò si deduce che i musei devono cominciare a dialogare con enti ed istituzioni che hanno la capacità di comunicare con gli appartenenti alle categorie disagiate, e lavorare in partnership a progetti autonomi.
Piero Sacchetto, Responsabile del Progetto Scuola e Territorio del Comune di Bologna, ha considerato la necessità di una definizione/ridefinizione del patto formativo tra scuola e museo, soprattutto in considerazione delle trasformazioni in atto sia nei musei (logiche d’impresa e management culturale) che nella scuola (processo dell’autonomia scolastica). Occorre il superamento della logica di un museo come mero sussidio didattico o informativo, e bisogna uscire dalla dimensione scolastica in senso tradizionale. Il museo tende oggi a divenire impresa e, in quanto tale, si confronta e si quota sul mercato culturale; il suo direttore-manager dispone di nuove strategie per la gestione del patrimonio ed usa nuove categorie: mostra=prodotto, visitatore=cliente, ecc.. Una certa nuova capacità progettuale nei musei si è messa in luce, ma non è ancora sufficientemente diffusa. Circa la nuova scuola dell’autonomia, essa sposta la sua ottica dalla logica degli adempimenti al modello della responsabilità. Tuttavia anche qua siamo ai primi passi.
Quale rapporto nuovo potrebbero instaurare musei e scuole per onorare le loro responsabilità? Significativo è ragionare sulla questione del tempo: la riflessione sul tempo passato al museo, in rapporto con il tempo biografico e con il tempo a scuola, conduce a pensare che si possa tentare di promuovere, in sede di didattica museale, un modo nuovo di vivere il tempo, a dimensione più umana e contro l’omogeneizzazione imperante. Andare al museo per perdere tempo è cosa peggiore che non andarci. Nella sua recente opera “Psiche e techne” (Feltrinelli ed.) U. Galimberti propone alcune teorie fondamentali legate ai soprusi della tecnica, come soggetto del tempo senza memoria storica, al quale non appartengono altre memorie se non quella dei propri processi. Contro ciò, il museo, può forse fare ancora qualcosa.
Uno dei momenti culminanti del convegno è stato l’intervento di Sylvia Lahav, Responsabile Educazione per gli adulti, Tate Modern di Londra. In qualità di curatrice dei programmi per adulti alla nuova Tate Modern di Londra, Sylvia sta occupandosi di sperimentazione museale nel campo dell’arte contemporanea. Con la didattica per i bambini è essenziale considerare con attenzione la didattica per gli adulti.
Due sono stati i grandi eventi del secolo appena trascorso in campo museale: il Guggenheim di Bilbao e la New Tate. A livello generale si è però avviato un processo che ha portato musei e gallerie a divenire vere e proprie comunità internazionali. Ciò è dovuto senz’altro alla maggior abitudine e disponibilità dei visitatori a viaggiare e spostarsi. Il pubblico che finora ha visitato la New Tate (1 milione di presenze oltre le previsioni) può essere definito inclusivo, ove le diversità di razza, cultura, stato sociale, età e religione sono in pieno rappresentate.
L’aggettivo che meglio descrive ciò che avviene alla Tate è “magico”. Magico implica la scoperta e la curiosità, ed infatti si sostiene che alla Tate si raccontano storie visive. Ma M.A.G.I.C.A.L. è anche un acronimo per Museums And Galleries Informal Centres Adult Learning. L’apprendimento degli adulti può avvenire a vari livelli; certamente determinante, nell’età odierna è l’apprendimento on-line, e la Tate si è attrezzata proponendo corsi on line interattivi per anziani, carcerati, ecc. (www.tate.org.uk/).
Esiste, come principio generale, un ruolo sociale dei musei, che devono essere community inclusive. Il settore marketing, in questo compito, è importante come quello dell’architettura.
Cristina Acidini, Soprintendente Opificio delle Pietre Dure di Firenze: ha portato l’opinione dei gestori dei musei statali italiani. A suo parere il museo è destinato ad essere una impresa in perdita, lo dimostrano gli alti costi di gestione, che sopravanzano di gran lunga gli introiti. Perciò è importante rivalutare il concetto di “servizio alla collettività”.
Helene Broms, Responsabile di Progetto Riksutstallningar, Ente mostre itineranti di Stoccolma, ha sottoposto all’attenzione dei presenti l’opera di quest’ ente governativo che si occupa di mostre itineranti e di sviluppare il mezzo espositivo dal punto di vista artistico, educativo, tecnico. La sua attività ormai pluridecennale dimostra la possibilità di attuare progetti innovativi nel campo espositivo, fuori dai contesti museali tradizionali.
Andrea Cardarell, Direttore Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena, ha illustrato l’esperienza del Museo Civico di Modena, nato nel 1871. Negli ultimi 15 anni il museo ha riannodato i suoi legami con la città e il territorio, all’insegna della sua vocazione tradizionale all’affermazione dell’identità storica e culturale della città. Ricerca e conservazione sono strettamente connesse, nei nuovi progetti, alle attività di valorizzazione e promozione, in linea con la crescente domanda culturale, proveniente da settori diversificati della società.


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Alfredo Sigolo


Convegno “Museo in pubblico. Qualità pubblica e ruolo sociale del museo”, venerdì 1 dicembre 2000. Modena, Sala Leoncelli della Camera di Commercio, via Ganaceto 134. Organizzatori: Provincia di Modena (Assessorato alla Cultura) in collaborazione con l’Istituto Beni Culturali (I.B.C.) della Regione Emilia Romagna e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Emilia Romagna. Segreteria organizzativa e informazioni: Assessorato alla Cultura della Provincia di Modena, tel. 059/209558 e 059/209510, fax 059/220686, e-mail schifani.e@provincia.modena.it, web www.provincia.modena.it Gli atti del convegno saranno pubblicati entro il primo semestre dell’anno 2001.


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