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15
ottobre 2008
fino all’8.XI.2008 Yael Bartana Milano, Raffaella Cortese
milano
Un leader-poeta parla all’eco di uno stadio vuoto. Dopo parole di incitamento lasciate all’aria della campagna, la politica deve accogliere un gruppo di boy scout. Rappresentanza di una generazione che porta ancora con sé il colore del sangue ebreo versato...
di Ginevra Bria
Il video Mary Koszmary (Dreams and Nightmares) di Yael Bartana (Afula, 1970; vive ad Amsterdam e Tel Aviv) è stato presentato lo scorso novembre al Pompidou di Parigi, commissionato dalla Fondazionw Foksal e dalla maison Hermès. In quell’occasione, la pluripremiata fotografa e videomaker aveva dichiarato, per non mancare alla devota vena scocio-politica di cui si appropria ogni sua immagine: “A me sembra, forse meglio, percepisco chiaramente il fatto che la fine del Sionismo sia vicina”. Una dichiarazione che nasconde, oltre alla meraviglia che fa sorgere, anche un obbligo imposto con velata delicatezza nei confronti dello spettatore.
Il lavoro di Bartana, e Mary Koszmary in particolare, non assume mai completamente su di sé il ruolo di mezzo della provocazione, suggerendo invece, nelle trame patinate delle proprie storie, indicazioni sbalorditive. Spaccati ordinatissimi e ambiguamente spuri, che hanno il compito di fornire un’idea catartica della storia, distante rispetto alla reale situazione sociologica palestinese, senza apparente possibilità di soluzione. I soggetti scelti – come dimostra il protagonista del video alla galleria Cortese, Slawomir Sierakowski, intellettuale della sinistra polacca – sono poetici meditatori dei rituali pubblici e delle dinamiche sociali. Quest’ultimo personaggio, lontano da ogni confine, è un tramite che l’artista usa per trasmettere un’urgenza persuasiva di eccezionale forza, un’energia che sembra dover scalfire direttamente un comportamento quotidiano, piuttosto che una lenta mentalità.
Nel video, Sierakowski entra con fare militaresco all’interno di uno stadio dismesso di Varsavia e declama, come se fosse un dittatore e si trovasse su un palco per inaugurare un comizio politico, il ritorno degli ebrei polacchi alla loro terra d’origine. Di fronte a lui e al suo ingresso trionfale, però, non c’è pubblico; di fronte al grande-piccolo leader si apre solamente uno scenario boschivo, vuoto e selvatico.
Al termine del proprio discorso, Sierakowski rimane un politico che riecheggia parole sioniste, restando alla ricerca di una via di superamento inter-nazionale di un trauma genetico. Intanto, in scena emerge dal fondo un gruppo di boy scout, che portano in dono al leader un grosso mazzo di fiori rossi, rappresentando così una nuova generazione che ascolta a oltranza le difficoltà del popolo polacco, ancora intriso di ferite etniche raggelanti. Paure rimaste come sintomo e sedimento culturale di abbandono a seguito delle deportazioni naziste di tre milioni di abitanti.
Infine, questo lavoro racconterà di un incubo denominato Mary Koszmary, un’allucinazione che per cessare ha bisogno di sperare nel proprio, instabile, nostalgico e sempre più lontano ritorno a casa di quegli ebrei polacchi che devono ricostruire la storia e la genia dei propri avi.
Il lavoro di Bartana, e Mary Koszmary in particolare, non assume mai completamente su di sé il ruolo di mezzo della provocazione, suggerendo invece, nelle trame patinate delle proprie storie, indicazioni sbalorditive. Spaccati ordinatissimi e ambiguamente spuri, che hanno il compito di fornire un’idea catartica della storia, distante rispetto alla reale situazione sociologica palestinese, senza apparente possibilità di soluzione. I soggetti scelti – come dimostra il protagonista del video alla galleria Cortese, Slawomir Sierakowski, intellettuale della sinistra polacca – sono poetici meditatori dei rituali pubblici e delle dinamiche sociali. Quest’ultimo personaggio, lontano da ogni confine, è un tramite che l’artista usa per trasmettere un’urgenza persuasiva di eccezionale forza, un’energia che sembra dover scalfire direttamente un comportamento quotidiano, piuttosto che una lenta mentalità.
Nel video, Sierakowski entra con fare militaresco all’interno di uno stadio dismesso di Varsavia e declama, come se fosse un dittatore e si trovasse su un palco per inaugurare un comizio politico, il ritorno degli ebrei polacchi alla loro terra d’origine. Di fronte a lui e al suo ingresso trionfale, però, non c’è pubblico; di fronte al grande-piccolo leader si apre solamente uno scenario boschivo, vuoto e selvatico.
Al termine del proprio discorso, Sierakowski rimane un politico che riecheggia parole sioniste, restando alla ricerca di una via di superamento inter-nazionale di un trauma genetico. Intanto, in scena emerge dal fondo un gruppo di boy scout, che portano in dono al leader un grosso mazzo di fiori rossi, rappresentando così una nuova generazione che ascolta a oltranza le difficoltà del popolo polacco, ancora intriso di ferite etniche raggelanti. Paure rimaste come sintomo e sedimento culturale di abbandono a seguito delle deportazioni naziste di tre milioni di abitanti.
Infine, questo lavoro racconterà di un incubo denominato Mary Koszmary, un’allucinazione che per cessare ha bisogno di sperare nel proprio, instabile, nostalgico e sempre più lontano ritorno a casa di quegli ebrei polacchi che devono ricostruire la storia e la genia dei propri avi.
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Yael Bartana – Mary Koszmary
Galleria Raffaella Cortese
Via Stradella, 7 (zona piazza Lima) – 20129 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 022043555; fax +39 0229533590; rcortgal@tiscali.it; www.galleriaraffaellacortese.com
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