16 giugno 2006

exibinterviste – la giovane arte Cristian Chironi

 
Il mistero della vestizione. E un’idea radicale di casa, mutuata da consuetudini primordiali. La performing art incontra lo zoccolo duro della storia. Con il corpo a Bologna e la testa (e le viscere) in Sardegna…

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Su cosa verte il tuo lavoro?
Principalmente lavoro sul recupero della memoria. Performo i ricordi legati alla casa, alla famiglia, agli oggetti. Il luogo nel quale questi frammenti si fissano è il corpo stesso, secondo una metodologia allegorica.

E come ti muovi, concretamente?
Parto da una foto-ricordo e riedito gesti e accadimenti quotidiani che poi riconduco ad una sfera collettiva. Un processo di condivisione che passa innanzitutto attraverso una messa a nudo di sé.

Allora sarà il caso che ci parli delle tue origini…
Sono cresciuto tra due piccoli paesi della Barbagia: Orani e Ottana. Il primo è il paese di Costantino Nivola e di Delitala, oltre che dei fabbri artigiani, dei muratori maestri e dei sarti; il secondo è il paese delle “Maschere dei Merdules” e delle donne che ancora oggi indossano il costume tradizionale. Ecco, dal primo ho ereditato l’attenzione visiva; dall’altro ho appreso la strategia della vestizione. Soprattutto ricordo mia Madre (con la maiuscola, ci tengo) che nelle sue facezie quotidiane teneva alla perfezione gli equilibri “architettonici” della casa.

E poi?
Poi l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove è stato importante il rapporto che si è instaurato con alcune cattedre, in particolare con quella di Francesca Alfano Miglietti. E la biblioteca dove lavoro e mi tengo continuamente aggiornato.
Cristian Chironi, Senza titolo, 2001, stampa da negativo
Altre situazioni che vuoi citare?
Living Room, uno spazio di Raum/Xing, curato da Silvia Fanti, nel quale ho potuto dare uno conoscere performer, coreografi e artisti visivi di livello internazionale. Poi, ovviamente, la strada.

Quali gli artisti cui hai guardato con più attenzione?
Più che gli artisti mi interessano le direzioni di senso.

Dai, prova a tracciarne una…
Quella che parte da Rrose Sélavy (Duchamp) e tocca la scuola Gutai, Beuys, Klein, Manzoni, Pascali, Pane, Abramovic, Acconci, Morimura, Neshat, con tutti gli altri in mezzo.

Lavori sull’intimità: fuori i tuoi difetti…
Eccone uno: non vinciamo uno scudetto da diciotto anni! Ma prima o poi…

Nomi e cognomi: chi pensi di dover ringraziare?
Elisa Cantelli, Arrigo Ghi, Luca Piga, Pietro Riparbelli e Davide Tranchina.

Quale la tua mostra migliore?
Casa dolce Casa al MAN, concepita da Cristiana Collu, e curata da Chiara Leoni e Ivo. S. Fenu. Per la visibilità, la professionalità e il calore ricevuto. Adesso mi sto concentrando sulla personale che si terrà in primavera, all’interno del progetto Strade Blu Arte Provincia di Bologna.

Come vedi il ruolo del critico?
Un amico (che scrive per Exibart) sostiene che alla base del concetto di lavoro critico risiede la semplice necessità di smontare i pezzi di un frullatore per poi rimontarlo e spiegarne il funzionamento. Ecco, la penso così.
Cristian Chironi, Pernondimenticarlaviadicasa, 2006, stampa fotografica
Parlaci del tuo studio…
Non ho uno studio. Ho sempre lavorato nell’habitat dove sono nato. Ogni volta che dovevo dar vita ad un nuovo lavoro prendevo l’aereo e tornavo là: a Casa. Probabilmente quello è il mio studio.

E allora che ci fai a Bologna?
Tutta la fase progettuale nasce prima, nella mia testa, ma anche in quel momento è come se mi muovessi dentro le prospettive che appartengono alle architetture di quel posto. Ho domicilio a Bologna per questioni di lavoro. In questo mi sento vicino ad una sensibilità che appartiene anche a Flavio Favelli, quando parla della “Casa” come concetto fondamentale. Ultimamente sto lavorando a progetti che mi permetteranno di trasferire ovunque questa mia idea di “Casa”.

La tua idea su Bologna?
La città in questo momento non vive certo un fervido contesto culturale. Spero possa risollevarsi al più presto. Anche per questo motivo preferisco viaggiare e far conoscere la mia ricerca fuori da queste mura, in altre città.
Cristian Chironi, Lina beve il caffè, 2004, stampa da negativo
In Sardegna va meglio?
Sì, in Sardegna si respira una forte attrazione per il contemporaneo. Stanno nascendo nuovi spazi e gallerie private, come la Capitol a Cagliari.

Giovani che ritieni molto bravi?
In questo momento mi piacciono Janina Eyre e Sara Rossi, e c’è uno scatto fotografico di Alessandra Spranzi che ho ogni giorno davanti agli occhi. Tra i giovanissimi, voglio segnalare Margherita Moscardini, classe 1981: vedrete, saprà farsi spazio.

Un pensierino politico vuoi formularlo?
Guardare all’organizzazione casalinga delle Madri è un’ipotetica risposta per cercare le direttive da utilizzare nel correggere la struttura sociale. Che dovrebbe politicamente tornare all’origine delle cose, ad un’organizzazione primordiale più vicina alle persone.

la rubrica exibinterviste – la giovane arte è a cura di pericle guaglianone

bio: Cristian Chironi è nato a Nuoro nel 1974; vive a Bologna. Personali: 1st, Interno&dumdum, Bologna (2004). Performance: Singer, Living Room, Raum/Xing, Bologna (2005). Tra le collettive: Prima Visione, Galleria Capitol Arte Contemporanea, Cagliari; Caveau, Galleria Andrea Arte, Vicenza; Lo sguardo altrove, Galleria Luciano Inga Pin Contemporary Art, Milano (2005); Casa dolce Casa, M.A.N. – Museo Arte Provincia di Nuoro (2002).

[exibart]


3 Commenti

  1. Nell’immagine in grande viene riportato un titolo errato, che non è appunto “pernondimenticarlaviadicasa”, ma bensì: Le petit.

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