14 luglio 2006

exibinterviste – la giovane arte Enrico Morsiani

 
La nozione di “occidente periferico”. E i turisti dell’arte che anelano a raggiungere il Centro. Scampoli di sociologia spinta, un gallerista da ringraziare e l’urgenza di allargare il confronto critico…

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Cominciamo dai tuoi colleghi. Come vedi la giovane arte italiana?
Piuttosto che fare nomi preferisco esprimere un concetto importante attraverso una generalizzazione.

E sarebbe?
In Italia c’è un clima di paura latente. Da parte di tutti: artisti, critici e galleristi. Questo provoca un effetto a catena che, come un cane che si morde la coda, abbassa la qualità prodotta che sarà poi esportata all’estero.

Come se ne esce secondo te?
Credo che si debba approfondire la conoscenza dell’artista di turno e capire se stia praticando o meno una sorta di “turismo artistico”. Chiedersi se dietro al suo lavoro ci sia o meno una metodologia robusta, ovvero se il suo discorso possa avere continuità e sviluppo.

Allora parliamo del tuo lavoro…
Io sono una sorta di “clandestino al contrario”: un cittadino che intende estremizzare le peculiarità dell’“occidente periferico” in quanto condizione in cui si trova a vivere. La città in cui vivo, ad esempio. Che è un ottimo esempio di “occidente periferico”. Io non credo nell’artista che gira di capitale in capitale alla ricerca dell’ispirazione o che, addirittura, si trasferisce in una grande metropoli. Mi sembra che i grandi Centri siano soltanto vetrine, e che i Laboratori stiano altrove.
Enrico Morsiani, Warriors, still da video (2002)
Lo dicono in molti, tra quelli intervistati in questa rubrica. Sarà mica un trend generale?
Non direi. A me sembra piuttosto che convergano quasi tutti verso una qualche idea di Centro che conduce fatalmente al conformismo. Personalmente mi stimola di più la chiusura nell’angolo che il centro della sala. Per esempio cerco di degenerare il più possibile nell’immobilità del luogo in cui lavoro.

Ciò è piuttosto emiliano, fa molto Morandi…
In effetti ai 21 anni ho vissuto in una casa nella campagna di Imola, dove per combattere la noia (e la noia dello studio) ho iniziato a fare fotografie. Finivo un rullino ogni mese. Ricordo che facevo le gare tra le fotografie come avviene nella notte degli oscar per i film. Solo alla fine del ’99, per un caso fortuito, ho scoperto che esisteva l’arte contemporanea e che non ero il solo a fare fotografie “diverse”.

Un tuo difetto?
Un mio difetto è quello di volere le cose subito perché, a volte, mi fa paura “perdere” tempo.

Un tuo pregio?
Riportare nell’arte il modo in cui sono nella vita. Questo penso che sia un pregio fondamentale per produrre cose interessanti e non prendere in giro se stessi. La cosa peggiore è quando un artista scimmiotta un qualche clima generale.

Te la senti di formulare un pensierino politico?
Credo che in Italia (nel mondo?) ci sia una grandissimo problema di selezione della classe politica. E la classe politica proprio per autosostenersi taglia i filtri e i canali per permettere ai “migliori” di raggiungere la classe politica stessa.

Il concetto è interessante ma credo si possa allargare a tutti gli ambiti (Ortega Y Gasset docet), non soltanto alla politica…
Ma in politica questo significa che le due parti in competizione tenderanno a produrre politiche che in un bilancio finale saranno, sostanzialmente, le medesime.
Enrico Morsiani, Work in progress, diversi media, 2006
Una persona davvero importante attualmente per il tuo lavoro?
Lino Baldini della Galleria Placentia. In due anni ho tenuto da Placentia due mostre personali estremamente importanti per il mio lavoro.

Come vivi il rapporto con la critica?
Benissimo. Ma mi piacerebbe avere un confronto aperto con più persone. Molte volte mi accorgo di avere un “metodo artistico” che tende a concretizzarsi in progettualità proprio nel momento in cui incontro persone stimolanti e coraggiose. Dopo tutto sono proprio le interpretazioni che mi spiazzano quelle che mi interessano. E’ brutto quando si percepisce che non c’è la curiosità di approfondire.

La tua formazione?
Mi sono laureato in scienze internazionali e diplomatiche (con indirizzo economico) e ho frequentato un residence presso la scuola di belle arti di Villa Arson a Nizza. Ma la mia vera “formazione” è essere il più spietato critico di me stesso.

Quali gli artisti che hai amato o che, semplicemente, segui con attenzione?
In rigoroso ordine alfabetico: Althamer, Boch, Breuning, Cattelan, Eliasson, Hirschhorn, Hirst, Lambie, McCarty, Ofili, Sierra.

E la tua mostra migliore?
No space no time, la mia ultima personale presso la Galleria Placentia. Le cinque opere presentate sintetizzano bene la mia ricerca. Ho formalizzato ogni lavoro esposto senza uscire di casa e nel minor tempo possibile.

exibinterviste – la giovane arte è un progetto a cura di pericle guaglianone

bio: Enrico Morsiani è nato Castel San Pietro (BO), dove vive, nel 1979. Tra le personali: NO SPACE NO TIME, Placentia Arte Contemporanea, Piacenza (2006); Peripheral West, Placentia Arte Contemporanea, Piacenza (2005). Tra le collettive: Manomettere – Strategie per un’estetica del precario, Premio Mauro Manara, Galleria D’Arte Contemporanea di Castel San Pietro (2006); Amici Miei, Bologna Flash Art Fair, Bologna; Conflitto e conflitti a Villa (POCO) Serena, Villa Serena, Bologna; Honey Money, Assab One, Milano (2005); TTV Festival, Auditorium DAMS di Bologna; Mostra per il Premio “Carmen Silvestroni”, Palazzo Albertini, Forlì (2004); InChiostro, Musei Civici di Imola, Imola; Collaudi, Galleria d’Arte Moderna, Bologna (2003); Entr’acte, Palazzo Albiroli, Bologna; Non stop 02, Sala Comunale Ex-Fienile, Castel San Pietro (2002).

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