16 febbraio 2007

exibinterviste – la giovane arte Mario Maffei

 
Testa tanta e penna su carta. Colto, aggiornatissimo e disincantato. Ecco un visionario che sa il fatto suo. Napoletano contro la retorica localista. Si dichiara misogino ma deve tutto a un’artista compagna di strada…

di

Disegni da quando?
Ho imparato ad apprezzare l’arte contemporanea durante un soggiorno in Francia nel 1999. Fino ad allora l’arte mi sembrava roba da vecchi e a scuola detestavo studiare la storia dell’arte. Ho sempre disegnato, ma non ritenevo che il disegno e la pittura potessero trasmettere qualcosa ad un pubblico contemporaneo.

Cosa ti ha influenzato?
La musica indie pop rock, le illustrazioni di M&MParis, le preghiere cattoliche, le tradizioni ebraiche, i film di Romero, il look di Boy George, la misoginia di Strindberg e i telefilm di Dawson’s Creek. I miei artisti preferiti sono Jim Shaw, Leigh Bowery, Yuri Masnyj e Keegan McHargue.

Quanto contano le cosiddette radici?
Sono un vero napoletano; se ho un problema mi rivolgo a San Gennaro e mi viene la nostalgia quando parto, ma artisticamente mi sono formato in Francia e nel mio lavoro non c’è traccia di napoletanità. Disprezzo gli artisti locali che sfruttano tradizioni e problemi sociali di paesi e città per farsi conoscere all’estero e darsi un’identità che altrimenti non avrebbero. A me interessa trattare temi universali: le tradizioni locali le lascio alle sagre di paese e i problemi sociali alle forze dell’ordine. L’identità di un vero artista deve andare aldilà del posto in cui è nato. Non credo all’impegno dell’artista sul territorio, né al territorio come supporto artistico o luogo espositivo. Preferisco che l’arte abbia i suoi spazi: musei, centri d’arte, gallerie e fondazioni. Che la produzione di un artista sia influenzata dai posti e dai tempi in cui vive è una cosa scontata e non vedo il motivo di scendere in piazza ad urlare una tale evidenza. Un artista deve muoversi, conoscere gente di diverse culture, incontrare altri artisti, curatori, critici e galleristi, ma alla fine può vivere dove vuole, tanto spostarsi e comunicare è facilissimo.
Mario Maffei, Zombies Wish AIDS, 2006, penna su carta, 27 x 37 cm, particolare, courtesy T293 Napoli
Città o campagna?
Preferisco le grandi città: non vivrei mai in campagna perché odio la natura e i piccoli centri mi sembrano luoghi gretti, chiusi e pieni di cattiveria. Mi sento a mio agio nei posti in cui si vede il dominio assoluto dell’uomo ed ho una gran paura del buio e del silenzio. Sono stato in giro per sei anni e cambiare città non mi spaventa: adesso sono tornato a Napoli ma appena mi verrà la voglia di partire me ne andrò.

Come viene recepito il tuo lavoro?
Sulle mie opere accetto tutte le interpretazioni, basta non utilizzare l’aggettivo “poetico” che mi fa pensare agli hippie e ai romanzi per casalinghe. Il commento più ricorrente è “sei pazzo, è bellissimo”. I testi dei miei disegni (brevi storie, preghiere e appelli al Signore) hanno suscitato diverse reazioni: alcuni li considerano divertenti, altri ne apprezzano la schiettezza e altri ancora li trovano pieni di insulti gratuiti. Io li scrivo in modo impulsivo e ispirandomi a fatti privati, preghiere e tradizioni giudeo-cristiane.

Due parole su di te?
Credo di essere una persona piacevole e divertente; il mio difetto è che non so dire di no alle donne belle e capricciose. La mediocrità delle mie fidanzate ha influenzato negativamente il mio carattere rendendomi diffidente e sospettoso. Sono diventato misogino: le donne sanno essere ottime madri, amiche e colleghe, ma come amanti mi hanno sempre deluso. Su questo punto mi sento in diritto di generalizzare avendo conosciuto pochissime eccezioni alla regola.

C’è dell’altro?
Da adolescente volevo fare carriera politica ma presto mi resi conto che non ero adatto a fare un mestiere che non ammette debolezze. Della politica mi affascinano i giochi di potere, lo spettacolo e le strategie; le elezioni mi divertono più dei mondiali di calcio e del festival di Sanremo. Mi fanno tenerezza i nostalgici delleMario Maffei, Iron Dog, 2006, penna su carta, 33,9 x 24 cm. Testo nel disegno: "Lord, torture us, because we are useless like dogs”, courtesy T293 Napoli vecchie ideologie, fascisti e comunisti, categorie spazzate via dalla storia. Oggi bisogna solo decidere se siamo capitalisti con stato sociale o senza stato sociale, se franco-tedeschi o anglo-americani. Non ho un’ideologia, ho dei principi di ispirazione cristiana pur non appartenendo a nessuna religione. Sulla guerra non sono d’accordo con la visione obsoleta dell’imperialismo americano ed ebraico che schiaccia i paesi poveri che non vogliono farsi assoggettare.

E l’arte che lavora sull’attualità politica?
Mi dissocio da tutti quegli artisti che si espongono in modo propagandistico sulle guerre degli ultimi anni. Non mi piacciono Santiago Sierra, Antonio Muntadas e tutti gli altri moralizzatori, predicatori e falsi provocatori. Preferisco di gran lunga artisti come Douglas Gordon, Philippe Parreno e Regina José Galindo, che pure si occupano di attualità ma in modo più incisivo e suggestivo.

I galleristi come li giudichi?
Sono affascinato dalle logiche di mercato e credo che usare l’arte come un bene commerciabile sia il modo migliore per avvicinare l’arte stessa alla società. Paola Guadagnino e Marco Altavilla, della T293, mi fanno sentire a mio agio e sanno valorizzare le mie opere. Con loro ho un intenso dialogo.

Una persona davvero importante per il tuo lavoro, a parte loro?
Hikaru Miyakawa: una giovane artista giapponese che mi ha fatto amare l’arte e che tra consigli e rimproveri mi spinge ad andare avanti.

Una donna? Ma tu guarda…
Sì. Siamo stati compagni di classe a Grenoble per quattro anni e coinquilini per un anno e mezzo. I nostri percorsi sono diversi: lei utilizza ogni tipo di supporto, dal ricamo alla performance senza alcuna predilezione, mentre io, anche se faccio video e suono, metto il disegno al centro della mia arte. Anche i nostri gusti sono diversi: a lei piace l’elettronica a me il pop, a lei Gianni Motti a me Jim Shaw, lei si interessa alla filosofia mentre io leggo solo romanzi e opere teatrali. Nonostante queste differenze andiamo molto d’accordo.

Giovani artisti italiani che consideri bravi?
Gianluca Malgeri e Stefania Galegati, artisti con cui sono in contatto. Poi, apprezzo il lavoro di Francesco Vezzoli: il suo percorso è lineare e i suoi video seducenti ed emozionanti.

exibinterviste – la giovane arte è un progetto a cura di pericle guaglianone

bio: Mario Maffei è nato a Napoli, dove vive, nel 1975. Personali: Project Room, Yvon Lambert, Parigi (2005). Collettive: Galleries Show, T293 Gallery, Extra City, Antwerp, Belgio (2006); Message Personnel, Yvon Lambert, Parigi; Pavillon Clandestin, Institut Français, Venezia; Smoking Collectif, ESAG, Grenoble; King Size, itinerant show, Grenoble (2005); 45ème Parallèle, Magasin, Grenoble (2004).

[exibart]

8 Commenti

  1. ‘Sulle mie opere accetto tutte le interpretazioni, basta non utilizzare l’aggettivo “poetico”

    San Gennaro ti dice che sono insulse.

  2. wanamabell..che vuotastommac…un’intervista stile “grande fratello”. Che pochezza/frivolezza di idee..Non preoccuparti comunque, le tue cose non le trovo nè poetiche, nè sublimi..se per sublime s’intende esprimere la tensione del desiderio verso un oggetto, magari sei il contrario..ma nelle tue cose trovo un’immaturità e un’inattualità che fa dubitare soprattutto delle persone che ti danno credenziali. Questo è il tuo bagaglio costruito in sei anni lontano da napoli? D’altra parte non ho capito ancora da dove sei saltato fuori e dove hai maturato il tuo percorso… l’intervista non ti fa giustizia..giustiziamolo

  3. testa mi sa poca..
    colto..mmmh direi corto..
    presuntuoso è dir poco..
    di universale ci sono solo le tue sciocchezze..
    provinciale nel tuo modo di voler essere internazionale..
    misogino?? forse non hai ancora provato me
    bye bye
    tuo Boy

  4. Non capisco perchè tanto accanimento nei confronti di questo artista che a me – anke se da “profana” del settore – sembra avere talento……..forse in qualcuno c’è un po’ di invidia? O a qualche “donzella” è bastato leggere il termine “misogino” per andare su tutte le furie?? 😉

  5. Sporco Fascista!
    Mi chiedo come sia possibile dare spazio ad un artsista così privo di sensibilità, uno che non ha ideali non si merita neanche d essere chiamato artista ed è solo un fascista.

  6. Mi chiedo cosa c’entri il non avere ideali, con l’essere fascista. L’atteggiamento è quello tipico di certa sinistra massimalista, che crede di avere il copyright sugli ideali. L’alternativa non è o pensarla come te o non pensare, quanto piuttosto poter esprimere anche un’eventuale assenza di ideali senza necessariamente essere definiti fascisti, che non solo è anacronistico ma è anche storicamente sbagliato. Vedere che si ragiona ancora per equazioni così semplicistiche è avvilente……

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