11 aprile 2008

fashion_interviste Christian Lacroix

 
La luce di Arles, si sa, è da sempre stata l’ossigeno e l’ispirazione per artisti e geni inquieti. Se poi ci si trascorre l’intera infanzia, è quasi inevitabile che la memoria dei colori, dei profumi, del rosso delle corride, dell’incenso, dei pellegrinaggi dei gitani restino impressi per poi esplodere. È la memoria di Christian Lacroix, lo stilista dalle associazioni bizzarre e inattese, che rende sublime un abito da sera caricandolo come un’architettura barocca, che accosta il pois al tartan, il tweed alla seta, i fiori alle righe. Senza mai perdere di vista l’eleganza. Parigi e il Musée de la Mode et du Textile festeggiano i vent’anni dalla prima sfilata con una grande, splendida mostra. Lo stesso Lacroix la racconta a Exibart...

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Come ha visto evolvere la sua creazione in questi vent’anni?
Non posso parlare di evoluzione. Sono sempre portato a riflettere sull’istante presente, sull’intuizione, seguo l’istinto più che la cosa giusta da fare nella moda, nel lavoro e nel piacere personale. Questi vent’anni sono l’occasione per sporgersi all’indietro e vedere il mio lavoro diviso in due periodi: dal 1987 al 1997 una ricerca orientata più sullo spazio, il tempo, la nostalgia, la storia, le arti, le tradizioni popolari di tutti i paesi e in tutte le epoche; un secondo periodo dal 1998 a oggi, dove emerge la volontà e il desiderio di ritrovarmi piuttosto qui e adesso, hic et nunc, nell’istante presente e nella contemporaneità. E il terzo periodo… Chissà?

Che importanza ha avuto per lei la richezza infinita dei suoi colori e l’architettura dell’abito?
Il colore non è solo il nutrimento e la fonte della vita che parla ai cinque sensi (il colore lo si può toccare, respirare, ascoltare, gustare e contemplare) ma anche l’origine delle forme, perché partecipa alla creazione dei volumi, dell’architettura di tutto quello che mi circonda e che amo.

Grafismi per Christian LacroixDal disegno alla creazione, dal défilé al teatro, e ora nelle sale di un museo. Quali sono stati i momenti fondamentali della sua carriera?
Ogni volta che mi lancio in un progetto “paradossale” ho l’impressione di respirare un ossigeno nuovo e di sentirmi al mondo. Provo a me stesso che la vita è meno riduttiva di quello che si pensa. Ma se parliamo di tappe fondamentali, beh, di sicuro la prima collezione è stata decisiva, il premio Molière nel 1996 per i costumi di Fedra alla Comedie Française, il mio primo TGV, il primo hotel. E ora, ovviamente, questa mostra.

Le sfilate da non dimenticare?
La prima, senza alcun dubbio. E poi l’estate 2000, molto più astratta e grafica. E ovviamente, come sempre, la prossima.

Lei è anche il curatore della mostra dello stilista Christian Lacroix. Come ha concepito la scelta degli abiti e l’allestimento?
Non volevo considerare gli ultimi vent’anni con una banale retrospettiva promozionale. Ho voluto piuttosto una leggera introspezione, incrociando alcuni modelli tra le quaranta stagioni dell’haute couture che ho realizzato e una larga selezione di abiti di varie epoche presenti nella collezione del Musée des Arts Decoratifs. Tutto ciò grazie a una stretta collaborazione con Olivier Saillard, co-curatore della mostra, con cui collaboro da anni. Da tempo abbiamo in mente di mettere in luce il fondo tessile del Museo della Moda e di studiare il ritorno cronologico delle mode. Diverse decine di modelli della Maison Lacroix scelti da Olivier -io non ne sarei stato in grado- sono presentati su manichini di cui ho disegnato la testa, il profilo e il collo lungo, cercando di rimanere fedele allo spirito dei miei bozzetti. Un abito di Christian LacroixI miei abiti sono accostati ai tesori del museo, presentati come sfondo su stand per abiti. Una soluzione scelta per conservare la loro storicità, ma in una chiave iper-contemporanea. Mi sono inoltre permesso di mescolare i miei abiti con altri pezzi delle collezioni storiche per creare delle silhouette di fantasia: un sampling più che un patchwork. La scenografia di Jean-Michel Bertin riflette questa necessità di chiarezza quasi clinica per mettere in valore la linea, l’opulenza e la “conversazione” tra gli abiti antichi del museo e quelli moderni della mia collezione attraverso vari temi che mi sono a cuore: il bianco, il nero, lo storicismo, l’esotismo, la liturgia.

Come ha potuto trovare la distanza necessaria del curatore rispetto alle sue creazioni?
La selezione sui modelli scelti è stata ancora una volta istintiva, affettiva e storica. Ho scelto i modelli che mi avevano ispirato o che conoscevo già e che mi sembravano avere uno charme e una forza superiori. Ho evitato pezzi troppo celebri, troppo visti, cercando di privilegiare piuttosto i tesori anonimi o sconosciuti, come quelli dello stilista degli anni ‘20 Main Rousseau Bocher, a cui è dedicata l’ultima sezione della mostra.

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a cura di barbara martorelli


fino al 20.IV.2008
Christian Lacroix – Histoires de Mode
a cura di Christian Lacroix e Olivier Saillard
Musée de la mode et du textile
107, rue de Rivoli – 75001 Paris
Orario: da martedì a venerdì ore 11-18; giovedì ore 11-21; sabato e domenica 10-18
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6,50
Info: tel. +33 0144555750; www.lesartsdecoratifs.fr

[exibart]

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