29 ottobre 2015

Rimini Protokoll, Remote Milano Milano

 

di

I Rimini Protokoll, gruppo tedesco fondato nel 2000 da Helgard Haug, Stefan Kaegi e Daniel Wetzel, già premiati nel 2010 con il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia, riescono a creare un gioco per adulti, Remote Milano, con diversi momenti di tensione e che lascia un profondo stato d’angoscia, con l’intento di farci riappropriare del senso dell’esistenza e far emergere le domande che non siamo più in grado di farci da soli.
Il punto di ritrovo è l’ossario centrale del cimitero Monumentale. Ci si guarda attorno sperando di scorgere dallo sguardo degli altri presenti quello che può avvenire nei prossimi 80 minuti. Le informazioni che ci sono state date sono frammentarie: il percorso è a piedi, quindi mettersi scarpe comode e portare l’ombrello in caso di pioggia. Indossiamo le cuffie e una voce in remoto ci invita ad attendere. Alle tre e pochi minuti inizia il nostro viaggio. 
La voce metallica nelle cuffie si chiama Fabiana, una mera presenza di suono che ci dice di essere un’amica e che ci conduce in questo percorso, guidandoci e istruendoci. Non avrai altra Voce all’infuori di Fabiana. La nostra unica amica, la nostra unica guida. 
Rimini Protokoll – Remote Milano, Piazza Gae Aulenti
Siamo isolati dal mondo, viviamo uno spaesamento che trova pochi spiragli se non il completo abbandono nella voce e nella potenza dell’orda, comunità che si viene a creare unita e forte composta dal magma degli individui partecipanti. Siamo come tante gocce d’acqua, con l’unica differenza che non siamo in grado di entrare in osmosi, non possiamo fonderci. Ognuno mantiene la propria individualità, facendosi forza sopra le spalle del gruppo. La forza e la potenza del branco. 
Balleresti da solo al centro di una piazza di Milano? E se lo fanno altre 40 persone insieme a te, cambia qualcosa? 
La voce di Fabiana è fondamentalmente la nostra voce, il nostro inconscio che ci invita a guardare la città con occhi diversi e nuovi, facendoci osare a pensare anche agli argomenti più scomodi e tabù che la nostra società altamente tecnologica cerca di rimuovere. Una voce che prende corpo attraverso il nostro, ricordandoci costantemente le sue diversità e irrealtà, ma l’abbandono in lei diventa fondamentale per la riuscita dell’esperimento. E d’altronde non è poi così complesso, considerando quanto oggi decliniamo di noi nell’uso del computer.
Chi si ricorderà di te dopo la morte?  
L’ansia dell’esistenza è cardine dell’intero percorso che i Rimini Protokoll ci portano a compiere, e della drammaturgia da noi portata in scena, in un confronto diretto coi rapporti d’opposizione che accompagnano il nostro quotidiano: vita/morte, individuo/gruppo, realtà/finzione. 
Siamo noi partecipanti chiamati a rispondere con le nostre azioni: siamo noi che decidiamo, che pensiamo e che agiamo; uno pausa da quanto ci circonda per prendere atto della nostra fallibilità, della nostra impotenza e del nostro essere piccoli davanti a tutto il resto. Il far parte di un tutto che non siamo in grado di gestire, di essere parte di un sistema che non possiamo regolare, di essere organo di una macchina di cui non capiamo il meccanismo.
Il senso di spaesamento diventa forte e potente, l’unica soluzione è avere fiducia nell’altro e nella macchina, sentirsi parte di un gruppo, l’orda sa quello che sta facendo. 
Ma io lo so? Ha importanza il fatto che io lo sappia? O divento una pecora e continuo il mio percorso a testa bassa, declinando domande senza risposta e ridendo della sorte, subendo la vita in una dematerializzazione del reale? 
Giulia Alonzo

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