23 maggio 2006

fino al 16.VI.2006 DeAnna Maganias Roma, Paolo Bonzano

 
La vertigine architettonica del sacro, direttamente in galleria. La verve di un’artista che osserva tutto dall’alto in basso (e viceversa). Una solida riflessione, romana ma non solo, sul concetto di devozione…

di

Gran bella mostra, questa di DeAnna Maganias (classe ’67, vive tra Atene e New York), di nuovo a Roma dopo essersi distinta un paio di estati fa nella collettiva-calderone Mediterraneans. Allora si trattò di interrogare come modellino in scala il mare nostrum, inquadrando il finestrino di un aereo nell’assoluto della visione monocroma. Stavolta il modellino c’è (e c’è pure l’assoluto), però il procedimento si snoda al contrario: si sta parlando di spiritualità e devozione e, nello specifico, della (romana) vertigine architettonica del sacro. E allora si opta per un manufatto da passare concretamente al setaccio –sorta di soglia in scatola, effimera e dura come giostra– anziché per una mise en scène sub judice emozionale.
Ecco che, quindi, riprodotta in scala benché scevra di scritte e riferimenti, la tomba di papa Giovanni Paolo II prende a stanziare nel bel mezzo del white cube come spazio colloquiale, nicchia portatile, umanissima cappella-igloo. Quel che conta, a ben guardarla, è che è grande abbastanza per accogliere chiunque ma, nel contempo, troppo piccola (e svelta) per lasciarsi –letteralmente– insediare; quel che è evidente, e artisticamente ragguardevole, è che il suo stesso connotarsi come intervento site-specific non basta a descriverne appieno la strana leggerezza come di decollo.
Per tutta una serie di ragioni la fibrillazione del dispositivo semantico funziona alla perfezione, a cominciare proprio dall’esortazione evangelica a farsi tenda nel mondo che finisce messa a tu per tu, con verve e delicatezza, col problema concettuale –sempiterno e, per giunta, attualissimo– della (contrapposta e in-confessabile) vocazione religiosa alla monumentalità.
DeAnna Maganias, particolare dell’installazione ambientale
In più c’è la muta eloquenza della stessa struttura dell’installazione, cartogramma senza bordi e diciture come quel mare senza sponde osservato dal cielo, che sembra quasi la formalizzazione di un’indagine circa le (costanti delle) diverse interpretazioni architettoniche del sentimento del sacro. È forse questo, chiede l’artista, l’intelligent design di cui tanto si parla oggi?
Completano la mostra, a terra, quasi sottolineando gli altri due fuochi della galleria, due grandi uova-binocolo da abbracciare nel vero senso della parola: due fantasmini di sculturette con all’interno, tra happening minimo e teofania, la sorpresa di altrettanti video in cui il lumen diffuso della basilica di San Pietro viene scandagliato anch’esso, nel magma di carrellate di interni capovolti, come mera griglia.

pericle guaglianone
mostra visitata il 4 maggio 2006


DeAnna Maganias – Roma, Galleria Paolo Bonzano – Via di Monte Giordano 36 (Palazzo Taverna) – 00186 – Ingresso libero – Info: +390697613230 (tel.) +390697613630 ( fax) – E-mail: info@arte3.com – Sito web: www.arte3.com

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1 commento

  1. è questa una mostra ben curiosa. Personalmente la cosa che mi è piaciuta di più sono le due uova davanti a cui ci si deve genuflettere per sbirciare i video proiettati all’interno e dove si scoprono spazi nascosti di quella macchina teatrale che è san pietro (l’intercapedine della cupola, la grata del pavimento). Ancora a proposito di teatri e monumenti, penso che l’installazione della maganias sia anche un modo garbato e trasversale per interrogare sull’improbabilità di certe costruzioni monumentali (la tomba di GPII, spogliata delle indicazioni che la rendono riconoscibile e dunque oggetto di possibile rispetto religioso, architettonicamente risulta semplicemente brutta. Certo a Giulio II era andata meglio)

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