27 febbraio 2003

fino all’8.III.2003 Vik Muniz Bologna, Galleria Marabini

 
Fotografia che parla di Pittura e di scrupolosa artigianalità, di memoria collettiva e mass media. Un metalinguaggio che usa la fotografia come metafora privilegiata. Per rappresentare la contemporaneità…

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Vik Muniz (San Paolo del Brasile, 1961) propone alcune fotografie di grandi dimensioni tratte dalla serie Pictures of Colour (2001), serie già esposta in parte al padiglione brasiliano della scorsa Biennale di Venezia. Le immagini nascono dalla scomposizione di dipinti famosi in pixel e successivamente ricoperti da pantone opportunamente colorati, il tutto è poi fotografato e stampato in dimensioni maggiori rispetto agli originali di partenza. Da Marabini è esposto il risultato di questo trattamento principiato da alcune tele di Claude Monet (After Monet) e da un monocromo di Klein (After Yves Klein) Vik Muniz_After_Yves_Klein_2001 ricalcato con pantoni che simulano il celeberrimo IKB (International Klein Blue). Il gioco di specchi che Muniz predilige, al fine di evidenziare la differenza che passa tra realtà e rappresentazione, è manifesto anche nella scelta dei pittori su cui lavora. Non è un caso allora la scelta di Monet, notoriamente interessato alla fotografia, o di Klein, le cui Antropometrie possono ricondursi all’impronta fotografica, o ancora l’utilizzo di Richter, come nell’opera presentata alla scorsa Biennale veneziana. Il lavoro di Muniz si caratterizza per la messa a nudo del processo “metamorfizzante” che l’immagine reale subisce una volta inglobata nella rete mass mediale e accende un campanello d’allarme evidente anche all’udito più atrofizzato. Nonostante Muniz indaghi l’ambito della riproducibilità tecnologica attraverso una scrupolosa artigianalità che fa leva sulla memoria collettiva (vedi anche la serie Pictures of choccolate), sarebbe superficiale affermare che la fotografia è per lui solo l’ultimo passaggio e non il più importante, di un processo più ampio. Di fatto, è tutto il processo ad essere finalizzato (subordinato) alla fotografia che si rivela mezzo di improbabile sondabilità e non di oggettiva presentazione.Vik Muniz_Haystack_#3 Muniz si iscrive così in un contesto “ipercontemporaneo” (quello degli artisti del nuovo millennio) in cui viene abbandonata l’illusione di un’indagine oggettiva possibile grazie agli strumenti di riproduzione tecnologica, contrapponendosi agli artisti che, soprattutto negli anni ’90, hanno indagato fotograficamente i più svariati ambiti della quotidianità e della propria e altrui corporalità, con pretese appunto oggettive; nonché alla demenzialità del fotogiornalismo tutto. Pratiche, quest’ultime, spesso dimostratesi nei fatti inadeguate a riproporre la realtà o, se non altro, la Nostra (odierna) Realtà.
Ecco allora l’interesse internazionale per artisti vicini alla poetica di Muniz come Thomas Demand o Ross Sinclair, portati giustamente a spalla dalle gallerie nostrane che troppo spesso però ignorano artisti locali, da tempi non sospetti, dediti a questo tipo di ricerca. Come direbbe l’oculato Lubrano, a questo punto la domanda sorge spontanea: carenza di italica qualità o eccesso di esterofilia?

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roberto maggiori
mostra vista il 25 gennaio 2003


Vik Muniz
Bologna, Galleria Marabini, via della neve 5
Periodo: 25.I-8.III.2003
Orario 10,30 – 13 / 15 – 19. Domenica chiuso
Ingresso gratuito
Info: tel. 051/6447482 fax 051 6440029
e-mail: info@galleriamarabini.it
 

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