25 maggio 2006

La rivincita dei poeti di strada

 
di helga marsala

Nell'immaginario comune poesia fa rima con banchi di scuola, versi aulici, metrica accademica, linguaggio
d'altri tempi. Per Opiemme, insolito gruppo di scrittura poetica e performativa, la poesia è un affare di
comunicazione ludica e democratica. Qualcosa con cui contaminare la vita e le strade. Se trovate una piccola
pergamena appesa ad un palo sul marciapiedi, fermatevi e leggete...

di

Organismi Poetici Modificati. Così si definiscono i componenti di Opiemme, anomala writing-crew nata nel 1998. Sono Davide Danio (Alassio, 1979) e Danzio B. (Imperia, 1978) a dare il via all’operazione, mettendo su il primo nucleo di quello che sarebbe diventato un collettivo di poesia e scrittura. Anzi, una vera e propria rete, aperta a continue incursioni da universi limitrofi. Arte visiva, musica, performance, installazioni, street art. Presto diventano membri stabili del gruppo lo scrittore ungherese Egon Farkàs (1977, Pécs), MrFijodor, illustratore e performer, Nicolò Parodi, videomaker – suo è il dvd sull’attività di Opiemme – e Dj Caffè Nero, autore dei tappeti sonori tekno-logici che accompagnano reading ed eventi.
La poesia come filo conduttore, e poi un’infinità di diramazioni creative. La missione? Svecchiarne le modalità di fruizione, fare della letteratura un gioco, un momento di seduzione personale o collettivo.
Utopia? Forse. L’impresa è ardua: la poesia resta una zona off, un segmento elitario della cultura, una roba per pochi, aulica, ermetica, demodè, intimista, fuori luogo e fuori tempo.
Opiemme a tutto questo non ci crede. Partendo da una pulsione congenita per la scrittura -per la musica, la comunicazione, la parola come veicolo emotivo-sonoro-estetico-concettuale- questi giovani poeti scelgono di giocare la loro battaglia contro la cultura alta, contro l’arte autoreferenziale, contro l’autismo di un linguaggio
che si sbrodola addosso e resta muto. Contro la noia e in favore della leggerezza.
Far arrivare le poesie alla gente. E non il contrario.” Questo vuol fare Opiemme. E così comincia ad inventarsi formule, stratagemmi, strumenti inediti di veicolazione e nuovi link.
Innanzitutto il sito web. Non un normale sitoOpiemme - Organismi Poetici Modificati letterario che pubblica poesie e ospita blog. Opiemme.com racconta le poesie del gruppo attraverso le illustrazioni di giovani creativi della scena street, underground,
fumettistica. Con loro danno vita alle poesie adesive, stickers costruiti con immagini e versi, da seminare per le strade delle città: pali della luce, stazioni della metro, corrimano, cartelli stradali, muri, panchine, cabine del telefono…
La cultura alta nasce morta, la vera cultura è quella che ci vive e crea abitudini. Sarebbe bello che le persone si abituassero a trovare testi per strada“. Già, proprio come fosse un fatto normale, passeggiando imbattersi in qualche verso, lasciato da chissà chi, raccontato con l’immediatezza di un adesivo, di un fumetto. “Oggi noi stacchiamo la poesia dalle pagine di un libro e la portiamo per le strade facendola conoscere“. Fuori dalle biblioteche polverose. Parole affrancate dalle pagine diventano virus in espansione, da masticare di corsa. Peraltro anche l’arte ci prova. A uscire dalle gallerie, dai musei, dagli spazi per gli addetti ai lavori dove la gente non transita (e se lo fa, rischia di non capirci nulla). E così proliferano i progetti di public art, le performance di arte relazionale, le mostre in location alternative (locali, alberghi, negozi…), ma soprattutto cresce il livello di contaminazione con altri mondi, più prossimi al vivere comune: moda, design, tv, radio, editoria di massa.
Tutto questo non avviene per la poesia, che resta ancora una cosa da circolo letterario o da circuito accademico.
Opiemme continuano a svicolare da questi argini seriosi. Appendono qua e là i loro Rotolini, messaggi poetici arrotolati e legati con fili di lana. Le persone li scovano per caso, li staccano, li leggono e poi se li portano appresso, in tasca o soltanto nei ricordi. Oppure offrono ai passanti i Saccottini di poesia, durante bizzarre performance: dolcetti di pasta sfoglia contenenti brevi liriche del gruppo, cucinati dallo chef Mase e distribuiti da Mr. Fijodor travestito da “Cuoco Pazzo” (Genova, libreria Porto
Antico, maggio 2005).
Opiemme - Organismi Poetici Modificati
Ma la poesia performata di Opiemme ha molti volti ancora: Mr. Fijodor ha regalato fiori alla gente, con attaccati ai gambi i piccoli rotoli poetici; oppure, il 30 ottobre scorso, nelle vesti del “Cameriere Perso”, ha distribuito ai passanti tazzine di caffè, munite di appositi rotolini infiocchettati con tre diverse coffee poetry di Davide Danio.
E dopo le performance, il video. Gli esperimenti di videopoesia uniscono la fluidità temporale e l’immediatezza visiva del mezzo elettronico alle peculiarità del testo poetico. Veri e propri videoclip costruiti attorno a un nucleo poetico che si infiltra nel tessuto dei frame in movimento. L’ultima videopoesia di Opiemme, Amanti del caffè, ha partecipato al RomaPoesiaFestival 2005.
E i libri? Massì, anche quelli. Sfioraci è una raccolta di poesie scritte in coppia, da Davide Danio e Danzio B., edita da Prospettiva editrice nel 2003. I due dialogano a colpi di versi, uno scrive, l’altro ascolta e poi risponde. E così via. E senza mai tralasciare l’impatto visivo della tecnica scrittoria, tra una poesia più lunga e una più breve restano delle pagine vuote: il tempo dell’ascolto, dei pensieri di uno che scivolano in silenzio, trasportati dalle parole dell’altro. Il libro “contiene testi dai toni adolescenziali, che parlano di emozioni, problemi e riflessioni sulla vita, affrontandole con un linguaggio schietto e quotidiano, per superarle“. Una poesia fresca che ha il ritmo cadenzato di un pezzo hip hop.
Opiemme
Secondo Danzio B. “…il difetto della poesia è l’appropriato stereotipo di noia, che si trascina dietro. Il difetto dei cosiddetti poeti è che non cercano di distruggerlo. Quello stereotipo è un macigno. E la poesia è vista come pesante. Per questo mi sento un minatore. L’Opiemme è una ditta di scavi…
Scrivere come scavare buche e aprire varchi: il poeta-minatore in veste di street-performer. La new wave della poesia?

helga marsala

*articolo già pubblicato su Exibart.onpaper n. 27 –
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4 Commenti

  1. Finalmente se ne parla. Contaminazione, integrazione di nuove forme di comunicazione e nuovi metodi di creare cultura e far nascere relazioni tra le persone. Curo da tempo un progetto, assolutamente amatoriale, che mi farebbe piacere far conoscere a chi é appassionato di poesia, internet e giornalismo. Il mio sito si chiama http://www.videopoesia.it. Spero di avere un contatto diretto con chiunque abbia voglia di sentire, provare, parlare.
    Saluti
    Diana

  2. La poesia deve appartenere alla gente. Con tutto rispetto per i sommi, ho visto persone annoiarsi a morte durante la lettura di poesie. Pure io, che scivo poesie, mi annoio se il verso non mi entra dentro, se le parole non mi suscitano alcuna emozione. Eppure, la poesia è la più alta espressione della letteratura. Poche parole in cui si racchiude un intero universo. Credo nella poesia per tutti e l osto sperimentando con il mio libro dedicato ai cavatori del marmo: la gente s icommuove, partecipa, dopo due, tre poesie lette vorrebbe ascoltarne ancora. Perchè è vita comune, realtà di tutti i giorni, tradizione di un territorio semplicemente tradotta in versi.

  3. È straordinario che la street art sia sempre più considerata dagli artisti e dal pubblico e che si evolva e si contamini rinnovando la funzione comunicativa e allo stesso tempo estetico-ornamentale che fu del primo graffito. Ciò che è in strada ha un plus rispetto al museo/libro: la sua reale pubblicità e gratuità.
    Non è solo per l’esperto, il critico o il gallerista, ma è lì per interagire con il chi quella strada la vive, un pubblico vasto e vario nel ceto, nell’istruzione e… nell’umore; se anche una di queste persone, magari aspettando l’autobus, si sofferma su una poesia, su uno sticker, stencil o graffito per l’artista sarà una grande ricompensa e per l’arte la realizzazione della sua funzione.
    L’accademia, in ogni caso, non sparirà di certo: l’uomo sente sempre il bisogno di obbedire (sic), in politica come nell’arte, a regole e schemi.
    Il museo (discorso che vale anche per il libro) resta, senza dubbio, un ambiente interessante e ricco di cultura, ma rimane elitario e soprattutto onirico: entri e sei avvolto dal sublime, esci e l’incubo metropolitano è ancora lì!
    Le nostre città sono malate e la cura, in attesa di urbanisti illuminati, è l’artista IN strada. La speranza è che il pubblico si abitui all’arte nei luoghi che tutti siamo “obbligati” a frequentare e che nasca così il desiderio di approfondire ed evolvere il proprio percorso artistico.

    Ho scritto troppo? Pardon!
    Saluti

  4. E’ così bisogna lottare
    e svecchiare!
    svecchiare quel che fa morire la poesia
    e poi giocare per se stessi per star bene.

    Un grazie va al writing che ha sverginato le strade e con il vandalismo che si è affibiato a fatto prendere tutto il resto come “arte” accettabile.
    Le strade sono i televisori, dove c’è vita contatto luce gente
    e la poesia è per tutti

    peccato che illustri del passato abbiano
    eletto l’elitarietà della comprensione
    e dell’arte.

    Quante cose non si capiscono
    non si apprezzano
    ma ce ne sono sempre molte altre
    da poter…
    non cambia nulla…
    c’è sempre una possibilità un alternativa
    e ora la poesia
    costruisce la sua nella strada e non solo!

    ciao

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