12 giugno 2006

libri_saggi Sulle finalità dell’arte dopo l’11 settembre (O barra O, 2006)

 
Il 9/11 come “frattura epistemologica”? Qual è la finalità dell’arte dopo gli attentati di NYC e Washington? Qualche proposta, etica, dalla penna di Paolo Manazza…

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Impossibile scrivere una poesia dopo Auschwitz, diceva Adorno, o concepire Dio, dal titolo di un testo di Hans Jonas. Riferimenti importanti che sono riecheggiati dopo gli attentati dell’11 settembre –Il mondo dopo l’11 settembre fu una conferenza di Chomsky– spesso senza la necessaria contestualizzazione storica. Gli aerei che si schiantarono su New York e Washington tornano nel titolo del volume di Paolo Manazza, firma de Il Corriere e direttore di Eartcom.
La tesi è presto sintetizzata da Raffaele De Grada nella premessa: dopo il 9/11 non c’è “altra salvezza se non la ricomposizione degli animi e delle società nella ‘seduzione’ […] offerta dall’arte”. Baudrillard, dunque. Citato a lungo insieme ad altri (più o meno) classici, con passi di decine di righe. Questo è probabilmente il primo limite del libro, il mancato esercizio di sintesi operato sugli autori considerati. Uno maggior sforzo ermeneutico avrebbe forse permesso di non fraintendere il pensiero di Nigel Warburton.
E dire che le idee dell’autore sono chiare, a partire dalla scelta degli interlocutori. E anche la tesi, seppur ammantata d’un certo moralismo talora naïf. Il problema è però che il tentativo di ri-orientare la funzione e fruizione dell’arte nel XXI secolo è filosoficamente pavido e non scevro da alcune imprecisioni. Senza entrare in tecnicismi, si può osservare che, quando Nietzsche parla dell’estetizzazione del mondo della vita, lo fa nel quadro di un’analisi del nichilismo che andrebbe esplicitato. Allo stesso modo, la trasformazione del “destino dell’informazione” in “formazione del destino” richiederebbe un’ulteriore chiarificazione. Discorso simile per la questione dell’(est)etica: un legame dal sapore schilleriano che, non privo di spunti, necessita di un grande coraggio e rigore intellettuale, proprio alla luce del “dopo 11 settembre”, se non si vuole sprofondare nell’appello al “ritorno alla purezza” (mai esistita?). E ancora, il concetto di cor-rispondenza è sviluppato da HeideggerUn’immagine dell’attacco alle Due Torri di New York in un contesto che privilegia apertamente il dire-pensare poetico, in ragione del quale la questione dell’opera d’arte è osservata da una prospettiva troppo angolare per non richiedere una puntualizzazione.
Se la questione centrale è la “ricerca di una, relativa, oggettività di giudizio” di un’arte che diviene “orizzonte storicamente oggettivo del sapere”, le tesi devono immancabilmente essere forti. La pezza d’appoggio principale di Manazza è invece Kant, in particolare l’Immaginazione indagata nella terza Critica, Anche con l’accenno al succitato Baudrillard e la spruzzata lisergica di Aldous Huxley, il sapore d’antan permane. Ciò non significa che i concetti del prussiano siano ormai privi di operatività, ma indubbiamente è necessario qualcosa in più rispetto a una spolverata di poche pagine.
Un’ultima annotazione di carattere linguistico, per amor del vero: i termini “estetica” ed “estasi” non sono etimologicamente imparentati. Entrambi i vocaboli derivano dal greco antico, ma il primo proviene da aisthesis (sensazione), mentre il secondo è un termine composto da ek-stàsis, stare fuori.

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Paolo Manazza – Sulle finalità dell’arte dopo l’11 settembre. Premessa di Raffaele De Grada
O barra O, Milano 2006 – ISBN 88-87510-30-X, pp. 79 pp., € 11 – Info: la scheda dell’editore – www.exibart.com/profilo/editore.asp?idelemento=125


[exibart]

4 Commenti

  1. [si potrebbe parlare della percezione dell’attentato, avvenuta su scala mondiale in forma altamente mediata e esteticamente pulita. ciao Mc Luhan]

    La storia è costellata di tragedie e catastrofi causate dall’uomo, sempre proporzionali alla strumentazione in dotazione e – prima o poi archiviate.
    In realtà, antropologicamente/culturalmente già da un pezzo dovremmo essere “oltre la linea”, per dirla con Jünger.
    Forse è questa nuova e ancora poco percettibile epoca la causa dell’attuale grave crisi mondiale. Ogni novità, soprattutto la libertà, chiama alla resistenza le vecchie [meta]strutture, qualunque esse siano.

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