06 luglio 2006

fino al 15.VII.2006 Gianni Moretti Roma, Officina14

 
Estrapolata da una tecnica molto più articolata, quella dello spolvero si trasforma in un rinnovato strumento artistico. Per raccontare gli inediti viaggi della fantasia. E quelli della memoria...

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Corrono in parallelo la tecnica utilizzata da Gianni Moretti (Perugia, 1978) e il romanzo che ha ispirato i suoi più recenti lavori. Ma non all’infinito, perché, in alcuni punti si sfiorano, fino a toccarsi e a sovrapporsi, divenendo l’una parte integrante dell’altro. Il romanzo è un elogio agli scrittori affascinati dalle sconfinate distese di sabbia, mentre la ripresa dello spolvero può essere interpretata come un omaggio all’arte antica. E, come i “tuffatori” si inabissano nel buio dei pozzi, così le raffigurazioni vengono ripescate nel profondo della memoria. La tecnica dello spolvero è desunta da uno dei passaggi di quella dell’affresco: la preparazione dei cartoni, antesignani, nelle botteghe medievali, della produzione in serie. Sostituendo la precedente prassi della sinopia, sui cartoni erano riprodotti, nelle dimensioni definitive, i disegni finali i quali venivano forati lungo i contorni e poi spolverati affinché sulla parete rimanessero delle linee-guida punteggiate, permettendo un’esecuzione più veloce e sicura del disegno. Lo spolvero era eseguito sull’intonaco fresco con polvere finissima di carbone. E la polvere è anche l’elemento che abitualmente si incontra nel deserto, raccontato dallo scrittore svedese Sven Lindqvist nel romanzo Nei deserti.
Nelle opere di Moretti quella polvere di carbone è sostituita da pigmenti di colore puro su carta di gelso, comunemente conosciuta come carta giapponese per realizzare disegni di piccole e medie dimensioni, accompagnati da un wall painting di ampio respiro che supera i limiti della struttura, oltrepassando i due piani della galleria. Attraverso il sovrapporsi, con delle minime Gianni Moretti, Tuffatori nei pozzi (2006) pigmento puro su carta di gelso, cm 80x66 variazioni, del disegno originario realizzato sul cartone, l’artista ottiene così lo stesso effetto delle cronofotografie o di una lunga esposizione. Colori ispirati a quelli della terra e del cielo che, nel loro massimo sovrapporsi, per somma, divengono nero. Un apparente monocromatismo che contiene invece evanescenti sfumature. Come in una ripresa a rallentatore, si segue tutta l’evoluzione del tuffo o del battito delle ali di un uccello. E per analogia eseguono lo stesso movimento gli uccelli di Ritratto di famiglia e i Tuffatori nei pozzi che, per svolgere il loro lavoro, si tuffano a volo d’angelo, a testa in giù, a rischio della propria vita, senza alcun tipo di protezione.
Una chiara provocazione soggiace nel titolo della mostra: “non più di sei minuti e mezzo” non può essere il tempo impiegato per la realizzazione di ciascun disegno. E come il romanzo vuole rappresentare “una fuga dalle convenzioni borghesi, dalle banalità sociali, dagli impulsi troppo inibiti”, questi lavori vogliono offrire una fuga dai tempi accelerati e dalle immagini veloci.

daniela trincia
mostra visitata 7 giugno 2006


Gianni Moretti – Non più di sei minuti e mezzo
periodo: dal 7 giugno al 15 luglio 2006
Roma, galleria Officina14 – via gian giacomo porro 14 (parioli)
t. 06 8083909, f. 06 86386553 – officinaquattordici@libero.itwww.officina14.it – orario: dal martedì al sabato 16.00-19.00 – possono variare, verificare sempre via telefono


[exibart]

2 Commenti

  1. non credo che il moretti voglia fare l’inventore, nè il saltimbanco. anche io ho visto le sue opere e le trovo misteriose, e se si riesce a creare mistero c’è del talento, al di là di ogni dubbio.
    quelli come te che cercano sempre la novità al di là dell’estetica, nei supporti bislacchi, nella trendytudine, nelle solite minchiate, forse preferiscono ammirare come gazze ladre le cose più pompose ed appariscenti, lasciando il giudizio sul tavolo del buffet.

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