20 febbraio 2007

fino al 1.IV.2007 Fotografi di scena Roma, Museo di Roma in Trastevere

 
Storia e cronaca di un mestiere che sembra in via di estinzione. Il fotografo di scena raccontato attraverso una novantina di scatti memorabili. E un appello affinché non si dimentichi il suo ruolo…

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Noi abbiamo un amico segreto sul set, un amico che sta nell’ombra, ma sappiamo che i suoi occhi sono puntati sulla scena che stiamo dirigendo: è lui che deve coglierne in sintesi il senso. Questo collaboratore silenzioso e nascosto negli angoli é il fotografo di scena”. Ad affermarlo sono Paolo e Vittorio Taviani in una delle innumerevoli testimonianze a sostegno di una figura professionale in via di estinzione.
A questa figura è dedicata la mostra Fotografi di scena. L’occhio Indiscreto del cinema italiano, al Museo di Roma in Trastevere: una selezione di circa novanta scatti -in bianco e nero e a colori- realizzate da quindici fotografi dell’AFS (Associazione Italiana Fotografi di Scena). Ad ogni autore -il più anziano è Mario Tursi (Roma 1929), il più giovane Philippe Antonello (Ginevra 1968)- la libertà di scegliere i fotogrammi più rappresentati del proprio stile e della propria carriera. Il dialogo, quindi, è prima di tutto generazionale. Altre epoche, altri modi di vedere ed interpretare l’immagine sul set, ma anche altre tecnologie: oggi il digitale, ieri la pellicola.
I fotogrammi più datati sono quelli di Emilio Lari, fotografo di scena di Barbarella (Roger Vadim, 1968), seguiti immediatamente da quelli di Mario Tursi sul set di Medea (Pier Paolo Pasolini, 1969). Più recenti le immagini di Angelo R. Turetta di Nuovo Mondo (Emanuele Crialese, 2005). In sintesi è la storia del cinema italiano degli ultimi quarant’anni. Volti cari al pubblico si susseguono, come quello di Massimo Troisi nel film Il postino, con quello sguardo triste che sembra già distante (il fotografo di scena è Mario Tursi, presente anche sul set di Le vie del signore sono finite), come pure di Isabella Rossellini con un’improbabile parrucca vaporosa in Blue Velvet (David Lynch, 1985). Di suo pugno l’attrice scrive la dedica ad Umberto Montiroli: “Umberto caro che bello lavorare con te.
È una realtà il fatto che il fotografo di scena stia sparendo, non solo per via della tecnologia ma anche perché é cambiato il modo di lavorare. Un campanello d’allarme che, nel 2001, ha portato un gruppo di fotografi -gli stessi che partecipano all’esposizione- a riunirsi, dando vita all’AFS (Associazione Italiana Fotografi di Scena).
Angelo R. Turetta, dal Film I cento passi, 1999 - Regia Marco Tullio Giordana
Proprio per portare a conoscenza del pubblico l’importanza di questa professione legata alla documentazione, ” -spiega Alberto Ludovico Dionisi, fotografo di scena e segretario dell’AFS -“perché il rischio è che sparendo la fotografia di scena si perda la memoria stessa del cinema italiano.” Se oggi il ruolo del fotografo di scena è sempre più legato alla fase del backstage o del fuori scena -“purtroppo sta diventando sempre di più una questione di gossip”, afferma Dionisi- fino alla metà degli anni ’80 il fotografo di scena era una figura insostituibile, assolutamente fondamentale nell’economia del film. Un tempo, infatti, i film si vendevano non con i trailer, che non esistevano, ma per mezzo dei book fotografici. Il produttore mostrava l’album in cui c’era una sequenza delle scene con le immagini del film. Perciò era indispensabile non solo che il fotografo di scena stesse sul set tutti i giorni insieme alla troupe, ma soprattutto che rendesse il più possibile la verità della scena.
Spesso i registi -finita la scena- spostavano la macchina da presa e chiamavano il fotografo che si rimetteva nella stessa angolazione della macchina e, con la stessa ottica, fotografava nuovamente la scena. Il regista aspettava con ansia il giorno seguente, per vedere insieme al direttore della fotografia, i provini del fotografo. Solo così si rendeva conto se la scena andava bene. Più volte è capitato che il regista abbia deciso di rigirare una scena soltanto guardando le fotografie. Era fondamentale che ci fosse feeling tra il regista e il fotografo, ecco perchè spesso il regista chiamava sempre lo stesso fotografo: Fellini-Tazio Secchiaroli, Troisi-Mario Tursi, Fratelli Taviani-Umberto Montiroli…”. Oggi il regista ha il suo monitor con cui può vedere la scena immediatamente: la tecnologia avanza… che fine farà il fotografo di scena?

manuela de leonardis
mostra visitata il 9 febbraio 2007


Fotografi di scena. L’occhio INdiscreto del cinema italiano
a cura di AFS (Associazione Italiana Fotografi di Scena)
Roma, Museo di Roma in Trastevere, piazza Sant’Egidio 1b – orario mar.-dom. 10-20 (ch. lun.) – Info tel. 06 82059127 (tutti i giorni ore 9.00 -19.30) – biglietto: intero € 5,50; ridotto € 4,00 – www.zetema.it


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