pubblicato venerdì 9 marzo 2007Un titolo ambiguo, che funziona come preludio trasversale al gioco del paradosso e della dissimulazione. “
Non esistono soluzioni intere positive all’equazione: a^n + b^n = c^n conn>2” è l’ultimo teorema di Fermat, giallo matematico risalente al 1637 e rimasto notoriamente insoluto. La storia vuole che lo scienziato, mentre leggeva l’
Arithmetica di Diofanto, avesse scritto la legge in questione sul bordo di una pagina, aggiungendo un’arcana notazione: “
Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina”. Inutile dire che la dimostrazione non fu mai trovata e che solo nel 1997, avvalendosi di scoperte recentissime, si riuscì a formularla. Possibile che Fermat ci fosse già arrivato? O stava solo bluffando? Eppure il teorema era corretto…
Parte da lontano,
Sergio Zavattieri, per immetterci nel dedalo spigoloso del dubbio, delle verità ingannevoli, dei trucchi sibillini. L’aggancio col mondo della scienza avviene così attraverso il mistero di un celebre “teorema impossibile”, indizio di quell’ombra ambigua che perturba l’impalcatura logica della conoscenza.
Zavattieri si finge scienziato, osservatore attento e catalogatore di pregiate specie naturali. E, con le sue fotografie, si diverte ad evocare il sapore di vecchie stampe in bianco in nero, immaginarie illustrazioni di testi di botanica del primo Novecento.
Algide ed elegantissime, queste grandi foto raffigurano decine di esemplari vegetali, creature avvolte da una pelle tecnologica e
retro. Si tratta in realtà di oggetti artificiali (piante e fiori di plastica, stoffa, resina, carta), fotografati con l’occhio analitico del ricercatore: un raffinato processo di post-produzione digitale completa la metamorfosi. Divenuti verosimili, gli equivoci corpi sintetici innescano l’inganno, restituendo la magia di una riesumata tavola da laboratorio.
Sovviene, per assonanza, l’incantesimo infuso da
Hiroshi Sugimoto alle sue statue di cera,

soggetti inanimati a cui l’obbiettivo restituisce un alito di vita, generando l’illusione.
L’eco della vanitas scorre nei reperti botanici di Sergio Zavattieri. È il potere seduttivo della consunzione che illumina e vivifica questi lapidari shot travestiti da fasulli
still life: frammenti imperituri aperti a un macabro refolo di morte. L’inorganico s’affaccia al di qua della superficie fotografica, subdolamente. Mentre vibrazioni epidermiche si fondono con l’agghiacciante silenzio dell’oggetto inerte.
Zavattieri gioca con un modello di fotografia fredda, illustrativa, di taglio documentaristico. Una fotografia “
serva delle scienze e delle arti”, come avrebbe voluto
Baudelaire, funzionale alla mera registrazione dei fenomeni: “
adorni pure la biblioteca del naturalista” sentenziava il poeta, ma altro non sia che “
il segretario e il taccuino di chiunque nella sua professione ha bisogno d'un'assoluta esattezza materiale”. Documentazione ed esattezza sembrano essere, così, l’orizzonte lucido del lavoro dell’artista palermitano. Se non fosse per quell’abile trucco “scenico” che, introducendo il seme dell’artificio e della finzione, apre la fotografia a una dimensione letteraria, teatrale, filosofica.
link correlatiwww.sergiozavattieri.comhelga marsala
mostra visitata il 9 febbraio 2007
dal 9 febbraio al 17 marzo 2007
Sergio Zavattieri - Non esistono soluzioni intere positive all'equazione
Zelle Arte Contemporanea, Via Matteo Bonello 19 (90134) Palermo
+39 3393691961 (info) / www.zelle.it / zelle@zelle.it
dal lunedì al sabato 17-20 (possono variare, verificare sempre via telefono)[exibart]