24 marzo 2010

fino al 28.III.2010 Anish Kapoor New York, Guggenheim Museum

 
Spazio e percezione. Un legame intimo che viene alterato da Anish Kapoor con interventi semplici, ma di grande effetto estetico. Per trovarsi persi in un puzzle di acciaio...

di

Per il 50esimo anniversario del museo, la Fondazione
Guggenheim ha invitato per la prima volta uno degli artisti contemporanei più
concettuali sulla scena internazionale. Noto per le sue opere di enormi
dimensioni esposte ormai in tutto il mondo, e onorato nel 1991 con il
prestigioso Turner Prize, Anish Kapoor (Bombay 1954; vive a Londra) presenta Memory (2008), 14esimo lavoro facente
parte dalla Deutsche Bank Series, commissionato dalla banca in collaborazione con la
Guggenheim Foundation per il Deutsche Guggenheim di Berlino.
Nato in India ma cresciuto a Londra, sin dagli anni ’80 Kapoor
incentra la sua ricerca scultorea su una totale materialità, che tende a
giocare sulla manipolazione della forma in relazione alla percezione dello
spazio circostante. Sotto i suoi interventi, la scultura si carica di
interessanti dicotomie che si contraddicono in presenza e assenza, vuoto e
pieno, materialità massiccia ed eterea. Il suo intento è, in qualche modo,
quello di coinvolgere lo spettatore con un fAnish 
Kapoor - Memory - 2008 - acciaio Cor-Ten - m 14,5x9x4,5 - photo Mathias 
Schormannorzato disorientamento che lo
esorta ad andare oltre la percezione dello spazio che lo contiene.
Queste sono le premesse per la scultura site specific
esposta al Guggenheim. Costruita con 154 pannelli di acciaio corten (detto
anche “acciaio patinato” proprio per la sua patina color ruggine, che lo rende
resistente alla corrosione e lo dota di un’elevata resistenza meccanica, assai
di moda in architettura negli ultimi tempi), lo stesso utilizzato nelle
sculture di Richard Serra, l’opera occupa uno spazio che sembra difficile da
percepire poiché “incuneata” in un’angusta galleria.
Le pareti di quello che a prima vista sembra un gigantesco
pallone da rugby si appoggiano in parte ai muri e al soffitto della galleria,
impedendo fisicamente al visitatore di proseguire l’esplorazione della stanza e
quindi anche della scultura. Si è in pratica forzati a tornare indietro,
passare attraverso una parte di collezione permanente del museo, per poi
approcciare l’opera da altre due entrate differenti. Ognuna di queste “entrate”
rendono possibile solo la percezione parziale di sezioni della scultura. Una
solamente accoglie lo spettatore come quasi fosse un dipinto. Un rettangolo,
infatti, si apre su una parete bianca, dando la possibilità al pubblico di
potersi avvicinare e gradualmente accorgersi che si tratta di un’apertura verso
un’apparentemente sconfinata caverna, interno concavo della scultura. Malgrado
ciò, data l’oscurità si è impossibilitati a percepire la misura dello spazio.
Kapoor stesso cosidera se stesso “un pittore che lavora
come scultore
”.
Questa forzatura, che l’artista impone sullo spettatore, è senza dubbio parte
integrante dei suoi lavori. Kapoor chiede, infatti, di trattenere nella mente
diverse porzioni di un’immagine, per poi riconnetterle e ricostruire una “scultura
mentale”.
Anish Kapoor - Memory - 2008 - acciaio Cor-Ten - m 14,5x9x4,5 - photo Mathias Schormann
La scultura di Kapoor è senza dubbio un’esperienza che
lascia l’osservatore con un senso di confusione, ma allo stesso tempo uno
stupore quasi infantile davanti ai trucchi di un esperto illusionista.

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mostra visitata il 10 marzo 2010


dal
21 ottobre 2009 al 28 marzo 2010

Anish Kapoor – Memory
a cura di Sandhini Poddar
Solomon R. Guggenheim Museum
1071 5th Avenue at 89th Street (Upper
East Side) – 10128 New York City

Orario: da domenica a mercoledì e
venerdì ore 10-17.45; sabato ore 10-19.45

Ingresso: intero $ 18; ridotto $ 15
Catalogo Guggenheim Museum Publication

Info: tel. +1
2124233500;
www.guggenheim.org

[exibart]


1 commento

  1. Sicuramente fra i più importanti scultori del nostro presente, superiore a Serra, che oramai non sperimenta più, mentre Anish continua a tentare nuove forme di pittura fisica, come gli interventi che avevo visto alla Royal a londra, fra l’ironico e il terrore.

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