03 giugno 2011

fino al 28.VII.2011 Body painting e Performance Rabarama Sicilia Fashion Village, Agira (en)

 
Può un non-luogo dialogare realmente con l'arte, senza rischiare l'esplosione? E l'arte può impunemente sopportare la contiguità del vacuo? Qual'è il ruolo dell'imprenditore in relazione all'arte e soprattutto cos'è oggi arte?...

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Nella conferenza stampa dell’Evento “Rabarama” al Sicilia Fashion Village – presenti tutti i livelli istituzionali, in mezzo a un parterre curiosamente strabordante e trasversale di big della politica locale – le carte si sono un po’ mischiate. Va bene e fa piacere che un’impresa del nord possa lavorare in Sicilia e con i siciliani senza “condizionamenti”. Va bene ed è importante, per  un progetto di rinascita economica, culturale e turistica, la sinergia venutasi a creare tra l’impresa e le istituzioni. Va benissimo, ed è intelligente, la sponsorizzazione da parte del Sicilia Fashion Village di importanti iniziative come quelle legate al rientro della Venere, o la prossima riapertura del Museo Archeologico di Palazzo Varisano ad Enna. Ma far passare l’idea che un centro commerciale, per quanto di “alto livello” e prestigioso, possa essere, come a più voci detto, “un punto di riferimento per la cultura e l’arte contemporanea” è tutta un’altra cosa. 

Quando Rabarama, al secolo Paola Epifani (Roma, 1969), che non è stilista, parla di “connubio tra arte e moda” presentando le sue opere, soddisfatta che possano sposarsi con un luogo così “sereno e piacevole”, non vede il baratro che apre ai suoi stessi piedi? 

Rabarama con Implosione, foto 3, gentilmente concessa da ufficio stampa
L’arte non si nutre di piacevolezza, ma di tensione e contraddizione. Crea disturbo e sottili disarmonie. E’, come diceva Max Ernst (Brühl,1891 – Parigi,1976), una “irritazione dello spirito”. Non è un abito griffato da  esibire, e non se ne appaga. Non scivola negli occhi o sulla pelle, ma scava solchi dentro la coscienza. Muove visioni e, come la finestra nei tappeti orientali da preghiera – diceva Boetti (Torino,1940 – Roma,1994) – traghetta la vita verso altri livelli di esperienza. Che c’entra la moda e che c’entrano i santuari del consumismo? Quando poi Rabarama rivendica questo “andare dai non addetti ai lavori”, non sfugge la perfetta sintonia con l’idea di Sgarbi per la Biennale di Venezia. Appunto, quella populista e falsamente democratica di tenere fuori gli addetti ai lavori con una trovata: un intellettuale segnala un talento da invitare. Ma può darsi significato culturale, in assenza di pensiero, di progetto unitario, di responsabilità? Rabarama comunque sarà presente in Biennale, indicata beninteso non da Sgarbi, come egli stesso ha tenuto a precisare dopo le polemiche fiorentine sull’artista, ma dallo scrittore Marco Missiroli. Fin qui le parole. 
I fatti sono tre. Bozzolo del 2000, Trans-porto e Implosione del  2006. Tre giganteschi bronzi ricoperti da Svelamento di Bozzolo, foto 1, gentilmente concessa da ufficio stampaun tegumento colorato che ricorda la ceramica, ora in forma di puzzle azzurro e bianco, ora in forma di lettere nere rilevate su fondo chiaro, ora di losanghe (“evocanti il codice genetico”, dice l’autrice) rosso bianco arancio e oro. Tre figure umane diverse nella postura, imprigionate nella ripetizione approssimativa di forme classicheggianti (specie Trans-porto) rese mute e sterili perché prive di qualunque scarto verso qualunque direzione. Né vera adesione né distacco. Né pathos né ironia, né deformazione né affinamento.   

Solo un’anacronistica monumentalità che non riesce a caratterizzarsi né a farsi dimenticare. Resa irreparabile da quegli ingombranti plinti che accrescono lo spazio di incomunicabilità tra l’opera e chi la interroga. Cose, che non riescono a sfuggire, sebbene ingigantite, alla loro natura di oggetti da tavolo, “soprammobili da piazza” avrebbe detto Argan. Materia pesante, sollecitata invano da un colore che resta decorativo e di superficie nonostante le intenzioni, riportate peraltro con paroloni pseudo-filosofici e lunghi ragionamenti confusi su targhe alle quali sarebbe bastato nome, data, tecnica, dimensione. Quando l’opera non parla da sola…

Quanto al bodypainting, è un già fatto, trattandosi di due ragazzi già pitturati come le statue, utilizzati per scoprirle prima e in un piccolo intrattenimento coreografico sul palco poi. Troppo, parlare di performance. Centri commerciali al posto di vere piazze, ambienti naturali e città vive. Grosse operazioni di marketing al posto di professionisti e studiosi dell’arte screditati dal qualunquismo di una macchina pubblicitaria che decreta vincenti e perdenti. L’impressione è che il caso “Rabarama” possa essere la punta di un iceberg e che si stia collaudando un sistema. Attraverso un tam tam mediatico basato su poco o nulla si condiziona e si invade il mercato (peccato siano poi le nostre città e i nostri figli) con i toni di una televendita. Cominciando la colonizzazione (mentre gli artisti locali annaspano per sopravvivere) dai centri più piccoli e permeabili, cui si ammannisce – basta leggere un po’ di innocenti cronache italiane per accorgersene – lo stesso prodotto, lo stesso spettacolo, la stessa merce.

 

cinzia farina

mostra visitata il 28 maggio 2011

dal 28 maggio 2011 alle ore 19:00 al 28 luglio 2011

Body painting e Performance Rabarama

Sicilia Fashion Village, Agira (en)

a cura di Happening Emilia

per gentile concessione della Galleria Vecchiato di Padova

C.da Mandre Bianche – Agira (en)

Contrada Mandre Bianch A19 Uscita Dittaino

ingresso: libero tutti i giorni

info: info@siciliafashionvillage.it; telefono +39 0935950040 , +39 0935950607 (fax) www.siciliafashionvillage.it

ufficio stampa: Ajs Connection srl – Relazioni Pubbliche e Comunicazione

info@ajsconnection.it

095-7116077

[exibart]

6 Commenti

  1. Sempre fuori dall’ordinario l’imprevedibile Rabarama.
    Ed evidentemente oramai è certamente limitativo inserirla nel contesto dell’arte quotidiana.
    Questa va ben oltre.
    Praticamente si potrebbe parlare di
    “Michelangiola” del 21 secolo senza esagerare. A conferma
    un amico mantovano alla visione- per lui nuova- dei suoi capolavori,estasiato, ha esclamato,
    “anghè dubi”(non ci sono dubbi).

    G.P.

  2. Gentile Carlo,
    come si può non scherzare sui e sulle Rabarama varie che ci sono in giro in bella evidenza?
    La serietà su “questi equivoci senza importanza”,ben retribuita,lasciamola ai Luca Beatrice impunemente circolanti,ossia i secondi che in ogni caso non saranno mai
    primi(e anche qui”anghè dubi”).

    Un cordiale saluto,
    GP

  3. Lo so, il tuo nome mi diceva qualcosa, poi mi sono ricordato della lettera che hai mandato a Flash Art sulla mostra Italics! Un caro saluto anche a te.

  4. L’arte oggi e’ , come da sempre, espressione e linguaggio comunicativo. Rabarama esprime dubbi e tensioni non risolte, ma in via di definizione. La maturazione dell’artista e’ progressiva e palese nelle evoluzioni stilistiche delle sue opere. Il suo stile e’ inconfondibile..e gia questo, di per se’, ne attesta l’originalità.
    Inutili e inefficaci le critiche della commentatrice , poiche’ l’arte non ha bisogno di “luoghi” particolari per essere esposta…ha solo necessita di essere vista…di essere commentata, discussa e ,perché no, criticata, ma mai “reclusa ” in spazi magari blasonati, ma sempre per pochi…e che, in italia, pochi frequentano..come i musei!
    Facciamola incontrare con “la gente” e la cultura crescerà… Come e’ giusto che sia. Brava Rabarama !!!

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