09 gennaio 2014

Intervista a Giorgio Verzotti Un po’ di trucco non fa male alla “vecchia signora”

 
Curatori ospiti, sinergia con altre fiere, un focus sull’Est Europa, la collaborazione dei collezionisti, l’apertura all’Ottocento. Ecco come sarà l’edizione di quest’anno di ArteFiera, raccontata da uno dei due direttori artistici. Rimanendo fedeli all’identità, ma senza ripetersi. Perché anche la “vecchia signora” ha bisogno di un po’ di restyling

di

Giorgio Verzotti

Partiamo con una domanda di rito: quali sono le linee di continuità e quali invece i punti di rottura dell’edizione 2014 rispetto a quelle precedenti?
«Inizierei dicendo che quella di Bologna si conferma come la prima fiera d’arte Italiana per anzianità e, con oltre 150 gallerie, anche in termini di grandezza. Per quanto riguarda la continuità resta il fatto che mantiene la sua fisionomia e la sua identità, che non sono quelle di una fiera specialistica, come lo sono invece le fiere sorte dopo, ma dai connotati costruiti nel tempo e che corrispondono più a quelli di una fiera “generalista”, ove vengono trattati sia il moderno che il contemporaneo e dove pittura e scultura di ieri convivono accanto alle ultime tendenze. Parlando in termini di novità, direi che queste vertono sostanzialmente su una novella articolazione dei settori delle Fiera: nell’edizione passata oltre alle consuete macro-ripartizioni di moderno, contemporaneo, grafica e editoria, avevamo introdotto il settore Solo show che, forte del successo riscosso, si riconferma quest’anno insieme a quello delle “Giovani Gallerie”. Scelte operate ad hoc anche e soprattutto per venire incontro alla richiesta sempre maggiore di gallerie che, complice la crisi di settore, chiedono soluzioni espositive meno costose senza tuttavia perdere d’occhio il fattore qualitativo».
Bologna, MAMbo, esterno

E per quanto riguarda le iniziative collaterali?
«Vi saranno novità anche per quanto riguarda la mostra promossa da ArteFiera: focalizzata sull’arte dell’Est Europa acquistata da collezionisti privati italiani, rimarrà visitabile al Museo Civico Archeologico della città per ben due mesi anziché per i soli consueti tre giorni. Due gli intenti: rafforzare la sinergia già esistente col Comune di Bologna, il MAMbo diretto da Maraniello e il Museo diretto da Paola Giovetti al fine di far conoscere anche al pubblico della fiera una struttura che è un vero e proprio gioiello architettonico ed espositivo; e rendere omaggio all’altra grande risorsa italiana: i collezionisti. Se l’anno passato la mostra interna teneva a evidenziare la funzione culturale dei galleristi, al fine di dimostrare come l’attività delle gallerie italiane non sia solo commerciale ma culturale e di alto livello anche in realtà minori e di provincia, quest’anno abbiamo deciso di sottolineare il valore e il ruolo dei collezionisti con una mostra a mio avviso strepitosa, composta da artisti non troppo conosciuti, a dimostrazione di come il collezionismo non abbia saputo solo seguire i trend del momento, ma abbia avuto anche la lungimiranza di acquistare con largo anticipo opere e grandi installazioni di artisti che (complice anche la cortina di ferro?) solo ora stanno venendo alla ribalta nelle aste internazionali».
MIA 2013, ph. M. Tarantini

Come e dove si è focalizzato il contributo della direzione artistica? Qualche linea particolare?
«Quest’anno l’aspetto su cui ho insistito personalmente (seguendo i trend ormai invalsi a molte fiere italiane e internazionali) è l’idea di chiamare a Bologna dei curatori ospiti: specialisti di determinati settori in grado di creare all’interno della fiera delle isole dotate d’indiscutibile livello di scientificità. Due i focus previsti quest’anno: il primo riguarda la realtà delle gallerie dell’est europeo, curata da Marco Scotini, direttore della Naba ed esperto di questo ambito geopolitico; il secondo legato alla fotografia sotto la guida di Fabio Castelli, direttore di MIA – Milan Image Art fair. In questo senso ci ha attratto l’idea d’introdurre la collaborazione tra fiere, un esperimento di cui ArteFiera sarà pioniera assoluta. Dalla mia nomina è stato inoltre istituito un fondo acquisizioni che l’anno scorso ha comprato otto lavori da altrettante gallerie, e quest’anno farà lo stesso. Per quanto concerne il moderno, la novità introdotta da Claudio Spadoni è la volontà di allargare il settore sino all’Ottocento. Crediamo giusto verificare questo tipo di approccio in una fiera che ha il dovere di riconfermare ciò che è e ciò che rappresenta, ma che non può ripetersi uguale a se stessa, e che deve articolare sempre meglio la propria proposta per non perdere d’attrattiva nei confronti di pubblico e gallerie».
Artefiera

La scelta di accostare il contemporaneo a opere di matrice ottocentesca può essere letta come tentativo di sopperire ad alcune lacune o mancanze già manifestatesi in edizioni precedenti, anziché come valorizzazione reciproca. Non teme questo rischio?
«Direi di no. Abbiamo optato per determinate scelte con l’intenzione di articolare i settori della fiera in modo nuovo e potenzialmente innovativo: lo scopo non è riempire dei vuoti, ma mutare progressivamente l’aspetto della fiera, nella lucida convinzione che l’innovazione non debba passare necessariamente attraverso dei “salti nel futuro”. L’apertura al passato è infatti un’idea che ci è venuta visitando fiere in grado di unire antico, moderno e contemporaneo con ottimi risultati estetici (e, suppongo, di mercato) come Frieze Masters a Londra, o la grande fiere antiquaria di Maastrich che da anni ha sdoganato l’accostamento. Le scelte da noi operate vanno quindi lette nell’ottica di una reciproca valorizzazione, capace di unire l’interesse del pubblico per il contemporaneo al confronto col suo passato prossimo e perseguendo, al contempo, la volontà di avvicinare realtà internazionali non troppo “trendy” (non ancora quantomeno!). In ultimo, ma non per importanza, un breve appunto sulla volontà di offrire l’occasione di trovare in fiera opere d’arte “low cost”: un impegno in linea con la tendenza manifestatasi negli ultimi anni del proliferare di fiere d’arte “Affordable” in grado di rispondere alle esigenze del mercato senza per questo rinunciare alla qualità; ecco il perché della fotografia. Detto questo, è indubbio che ArteFiera risenta della competizione con altre fiere e manifestazioni di settore presenti in territorio nazionale ed estero, le scelte innovative servono proprio affrontarla al meglio, la competizione. Resta il fatto che Bologna rimane la più completa e visitata Fiera d’Arte in Italia».
Spotlight, Frieze Masters 2013 Photograph by Joe Clark Courtesy Frieze

A proposito di fiere, qual è la sua opinione in merito al loro moltiplicarsi quasi virale e alla conseguente crisi di settore dovuta spesso all’insufficienza di pubblico?
«Senza dubbio negli ultimi anni abbiamo assistito al dilagare di questo tipo di manifestazioni, più che in Italia, direi nel resto mondo, e non necessariamente con risvolti positivi. Parlando in generale, personalmente credo che oggi più che mai sia auspicabile un ritorno alla qualità a scapito della quantità: questo non significa che manifestazioni neonate, se ben strutturate e potenzialmente attrattive per pubblico e critica, non abbiamo ragione d’esistere, tutt’altro; semplicemente va tutelata la qualità del prodotto affinché non sia un intero settore a risentirne. Nel caso specifico di Bologna, ArteFiera da anni costituisce un appuntamento fisso per amanti dell’arte e addetti al settore, noi puntiamo a tener saldo il primato mantenendo alta la quantità di espositori e pubblico, ma anche e soprattutto la solida qualità che una manifestazione storica e consolidata ha il compito di garantire».
Obiettivi concreti che vi proponete?
«Qualificare sempre più il settore moderno che è, da sempre, la forza della Fiera. L’anno scorso ha eccelso, speriamo venga recepito altrettanto bene l’ampliamento al passato. Lavorare sempre più e sempre meglio sul contemporaneo, puntando sull’apertura all’internazionalità e continuando a battere la strada dei curatori esterni. Ci vorrà ovviamente del tempo: il settore contemporaneo è più complicato, rischioso e vasto, è un continuo divenire ma lavoriamo per raggiungere sempre maggiore scientificità e risultati di grande qualità».
Artefiera 2013, ingresso

Parliamo di rapporti con l’estero.
«Tra le new entry quest’anno avremo una galleria coreana e una di Hong Kong. L’intento è quello di lavorare per settori organici, per focus, cercando di aprire la fiera a quelle che reputiamo potenziali rivelazioni del futuro sistema dell’arte mondiale. Un esempio? Sud America, Medio Oriente ed Est Europa: realtà che hanno impiegato un po’ a rodare ma che ora iniziano a costituire interessanti realtà. Nazionalità e internazionalità saranno dunque complementari: Bologna riconferma la propria identità, guardando tuttavia anche al cosiddetto mondo globalizzato. Cerchiamo di proporre un prodotto qualificato e motivato che possa rendere la fiera sempre più attrattiva».
Concludiamo: tre parole per definire quest’edizione.
«Certamente classica; consapevole del fatto che il confine si sta spostando sempre più, portando ciò che fino ad oggi era considerato contemporaneo come i vari Burri o Fontana entro le schiere del moderno; e alla ricerca di nuove definizioni. Poiché il prendere atto di valori depositati e consolidati non ci esclude certo dal doverne cercare altri»

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