09 ottobre 2014

Fino al 12.X.2014 Chiharu Shiota, A Long Day Tenuta dello Scompiglio, Vorno

 
Fili di lana nera per affrontare i grandi temi esistenziali dell’uomo. Come la memoria e l’oblio, l’appartenenza e l’identità, la nascita e la morte. Per veri amanti del mondo dell’arte -

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Il cosiddetto “mondo dell’arte”, la cui consistenza si dilata e si restringe con affiliazioni e tradimenti dell’ultima ora, sembra vivere su di un binario parallelo a quello della vita ordinaria, ma, proprio per questo suo rimanere come sospeso, questo mondo osserva l’altro, al quale sempre tende e pur non incontrandolo mai. Le persone che ne fanno parte lanciano continui e impalpabili segni, simili a quelli delle api che tornando al proprio alveare lasciano cadere piccole particelle del polline raccolto che non sempre va sprecato. 
I motivi delle appartenenze ai due mondi possono essere molteplici, oltre a quelli evidenti nelle rispettive falangi e compagini ovvero l’amore per l’uno e l’indifferenza per l’altro. Naturalmente esistono e convivono diverse gradazioni e intermittenze in conseguenza dell’inizio dell’amore o del perdurare dell’indifferenza. 
Chiharu Shiota, A Long Day, Tenuta dello Scompiglio, Vorno
Molte persone trovano la vita “vera”, con suo bagno di realtà, ineludibile e la contingenza o, più semplicemente, la routine non permettono evasioni centrifughe. In questo caso il centro di gravità occupato dal quotidiano non lascia molto spazio ad interessi diversi, per esempio una inaugurazione ad una vernice alla quale si è stati invitati, può essere occasionalmente preferita ad una sessione di Pilates, ma la cosa non lascia segni, se non di vaga ironia. 
La parte propriamente mondana dell’arte è limitata ad eventi ristretti nelle occasioni cosiddette che contano, o allargatissima e pertanto popolare come la recente inaugurazione a Firenze del Museo del Novecento dove gli invitati erano migliaia e comunque ciascuno convinto del fatto suo. L’atteggiamento supponente dei non addetti ai lavori è un ostacolo uguale e contrario all’ubbidienza ai rituali degli appassionati. Andare ad una performance, in periferia, magari in un campo dismesso dove alla musica registrata di suoni propagati da un alveare morente, un giovane artista, come segno incontrovertibile di una prossima apocalisse, passa una lucidatrice sul prato, è assolutamente da evitare, se possibile, come la successiva replica in un locale temporaneo (Temporary Gallery), come di moda oggidì, con la lucidatrice, però, riprodotta in bronzo, il resto invariato, anche l’erba. Parimenti un pomeriggio domenicale ai Gigli o a Montecatini, dove mi dicono esserci i negozi aperti, è forse addirittura peggio. 
È difficile lo scambio tra i due mondi, radicati come sono nelle loro reciproche abitudini, direi, per imparzialità, egualmente autoreferenziali, in un consumo simile di oggetti diversi. Sicuramente fra i miliardi di persone al mondo ci saranno sicuramente quelli che si divertono in barba alle due categorie. 
Ai fan incerti di entrambi gli schieramenti cosa consigliare? Da una parte di non sfornare lavori che per essere capiti debbano essere spiegati attraverso la narrazione di episodi della vita dell’artista: «Quando avevo 12 anni -narra l’artista- mia madre mi mandò a comprare le uova al negozio sotto casa, ma nonostante le raccomandazioni sulla fragilità dell’acquisto e della concentrazione da mantenere, troppo sicuro considerando il compito facilissimo, e con l’aggravamento del crepuscolo imminente che mi impediva di vedere correttamente, caddi, facendomi male e rompendo il fagotto con le uova. Il dolore non fu niente a paragone della profonda delusione nel constatare il fallimento della commissione etc. Conseguentemente su questa avventura realizzai, successivamente una volta diventato artista,  una installazione con grosse palle di vetro trasparente e cilindri di acciaio cromato alti due metri con io che mi aggiravo nello spazio con una mazza di legno fracassando le sfere e picchiando invano sugli indistruttibili cilindri». 
Gli artisti si seccano moltissimo se gli spettatori (comunque rari) non capiscono subito come stanno le cose e allora demandano ai critici di spiegarli. 
Quindi se avete fortuna, si fa per dire, e ad una mostra vi mostrate interessati, vi potrà capitare che un critico d’arte vi spieghi come stanno le cose ed allora inizierà cosi: «Deve sapere, caro signore, che quando l’artista aveva 12 anni, una sera sul fare della sera…» 
Agli altri di andare a vedere una mostra in un luogo sperduto, in provincia di Lucca sulle colline di Vorno dove c’è una fattoria che si chiama “dello Scompiglio”, con un fabbricato dedicato alle esposizioni di arte contemporanea, dove adesso espone un’artista giapponese, Chiharu Shiota, che con un filo di lana nera ha costruito un enorme bozzolo, tendendolo come un baco da seta o più propriamente come un delicato uccellino, in modo rettilineo e geometrico a formare uno spazio veramente gigantesco per farlo divenire un luogo magico dove il nostro corpo perde consistenza per assumere quella della complessa struttura, che risulta la casa dove, senza più materialità, desidereremmo vivere.

Claudio Cosma
Mostra visitata il 1 ottobre 2014
Fino al 12 ottobre
Chiharu Shiota 
A Long Day
Tenuta dello Scompiglio
via di Vorno 67/b, Vorno, Capannori (LU)
Orari: dal giovedì alla domenica, ore 14.00-18.00, oppure su appuntamento.
nei giorni di spettacolo: apertura dalle ore 14.00 fino a mezz’ora dopo il termine degli spettacoli

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