19 gennaio 2016

La dignità? È irresponsabile

 
Il Cardinale Angelo Bagnasco ha dato una nuova, bella, lezione. Di inciviltà, e di una "Chiesa" arretrata e terrorizzata dal cambiamento. Arroccata a posizioni ormai insostenibili. E che si spera siano solo l'ultimo, estenuante, canto del cigno.

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È incredibile come il tema delle Unioni Civili, su cui stiamo tornando spesso per dovere di cronaca, faccia rabbrividire il mondo politico italiano. 
La questione apre anche le porte, verrebbe da dire infernali, di quell’antichissima unione e mancata separazione tra Stato e Chiesa Cattolica. Ed ecco, così, che il Cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, si trasforma di nuovo in un pastore a guardia dell’immobilismo e del più nero tradizionalismo. A partire proprio da quel concetto di “famiglia tradizionale” che ormai si rende odiosa anche agli stessi che la compongono. Semplicemente perché se esiste ancora come fatto biologico, Monsignor Bagnasco & company dovrebbero riflettere che all’atto pratico questa “gerarchia divina” è stata smantellata da un pezzo. 
Bagnasco, però, fa il suo lavoro. E di certo non si può pretendere che la Chiesa sia “up-to-date”; bisognerebbe pretenderlo, invece, da chi legifera.
Da giorni, sui social network, gira una curiosa vignetta: i grandi moralisti, i difensori della “famiglia”, che dunque dovrebbero rifiutare anche il divorzio, visto il vincolo sacro del matrimonio, hanno casualmente due mogli, figli da altri matrimoni, separazioni e affini avventure alle spalle: i nomi, come ben sappiamo, sono quelli di Berlusconi, Casini, Salvini, solo per citare i più noti.
Bagnasco invece una famiglia non ce l’ha, ma pensa di poter legiferare su quali sono i compiti della politica, definendo il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e sulla stepchild adoption una distrazione grave e irresponsabile rispetto ai veri problemi dell’Italia, come riporta il quotidiano cattolico Avvenire, in un lungo articolo sul sermone del prelato più potente d’Italia.
Che non si accontenta, e oltre a fare propaganda al Family Day del prossimo 30 gennaio, parla di “alzare dei muri di bontà” «contro tutti quei muri che vorrebbero dividere, schiacciare, separare, isolare». Che significa? Che bisogna arginare ordinatamente, senza fare troppo rumore (si sa, l’impero della Chiesa è stato maestro nell’insabbiare, ingabbiare, e far rimangiare parole e teorie nei secoli dei secoli) quei benedetti (maledetti) cittadini che stanno distraendo l’Italia con le loro richieste isteriche “contronatura”. 
Un discorso talmente fobico, reazionario, buio, che per essere supportato ha avuto bisogno di attaccarsi all’identità dei migranti: «Le vostre culture native ci insegnano l’unità della vita, unità che stiamo perdendo, frammentati, spezzettati dentro e fuori di noi e quindi smarriti», ha detto nell’omelia.
E pensare che questi, dall’Italia, cercherebbero non solo un po’ di pace e lavoro, ma anche un po’ di civiltà. (MB)

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