22 febbraio 2016

Un paesaggio di nome corpo

 

di

Carl Warner è uno dei tanti fotografi che si divertono un sacco col digitale, creando, come nel suo caso, mondi o quantomeno paesaggi che semplicemente prima non c’erano. Dopo essersi inventato dei Foodscapes, degli Still life e degli Otherscapes, tutti surreali quanto basta (è cresciuto con un poster di Dalì affisso nella sua cameretta), ora con i Bodyscapes ha fatto bingo.
Il gioco per certi versi è semplice: l’analogia tra il paesaggio e il corpo umano, dove le naturali curve del corpo somigliano a colline e rilievi, un ginocchio o un braccio piegati diventano archi naturali e così via evocando. 
Warner queste sinistre e sinuose somiglianze le commenta così: «Un ritratto alternativo dell’essere umano il cui corpo diventa paesaggio e gioca sul senso di spazio (o non spazio) in cui viviamo».

1 commento

  1. «Non è l’angolo retto che mi attrae, né la linea diritta, dura, inflessibile, creata dall’uomo. Quello che mi affascina è la curva libera e sensuale: la curva che trovo sulle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle onde dell’oceano, nelle nuvole del cielo e nel corpo della donna preferita». frase dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer

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