27 aprile 2016

La brutta storia d’Egitto

 
L'ormai motto “Verità per Giulio Regeni” rischia di restare una sorta di utopia fantapolitica. E la morsa di un governo che del terrore fa il suo motto continua a farsi sentire, a tradimento. Da una parte all'altra dell'attivismo per la libertà

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Prima hanno chiuso l’Associazione Townhouse, poi il palazzo che ospitava il no profit per l’arte, uno degli organismi più autorevoli d’Egitto per la diffusione del contemporaneo è casualmente crollato. Non c’entra nulla con l’uccisione di Giulio Regeni? Non proprio. 
Si tratta, in fondo, della stessa medaglia: allontanare chiunque possa aprire uno spiraglio di conoscenza, di libertà ed emancipazione da uno Stato che sempre di più prende le forme di una dittatura dalla legge del taglione. 
Ahmed Abdallah, presidente del consiglio d’amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, ong che offre consulenza ai legali del ricercatore torturato e ucciso al Cairo, in queste ore è stato arrestato con l’accusa più infamante, e meno credibile: “Promozione del terrorismo”. 
A quanto pare l’azione è solo una dei rastrellamenti in corso (si parla già di oltre 200 arrestati) e programmati, che prenderanno di mira personaggi pubblici, difensori dei diritti umani, attivisti e dimostranti.  “La brutale repressione di fronte alla quale ci troviamo, al Cairo e in altri governatorati sembra essere il risultato di quanto annunciato di recente dal ministro degli interni che ha detto “Risponderemo con la massima fermezza e risolutezza a qualsiasi azione che possa turbare la sicurezza pubblica”. Ma di quale sicurezza pubblica parla l’intelligence, se così possiamo definirla, del governo di Al Sisi?
E perché una delegazione della commissione parlamentare Affari esteri dell’Egitto sta pianificando una visita a Roma per ripulire “l’immagine stereotipata” del Paese arabo che si è diffusa all’estero dopo l’omicidio di Regeni? Che cosa si deve ancora insabbiare? Il fatto che dietro la morte del ricercatore italiano ci possano essere le agenzie di sicurezza egiziane? E, ancora una volt ci chiediamo, quale sicurezza? Di un intero popolo gettato nella paura e nell’assoggettamento della censura e del fanatismo? Ma quel che è più tragico, ad oggi, è che le verità tanto invocate non avranno – come si era intuito da subito – un facile sviluppo. (MB)

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