03 giugno 2016

Chi vuole bene a Roma?

 
A destra e a manca botta e risposta tra pro e contro le bancarelle di Teverestate, che avrebbero dovuto coprire – in teoria – il fregio di William Kentridge. Cosa servirebbe, anche a futura memoria? Una presa di posizione, di tutta la città

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Triumphs and Laments è un potente messaggio per la rinascita culturale di Roma: oscurarlo con banali stand commerciali è un’offesa e un delitto imperdonabile. Ecco l’ultimo degli autorevoli commenti arrivati sulla vicenda di piazza Tevere, firmato da un nome non a caso: Salvatore Settis. 
Siamo ancora al punto di tempo fa: come è possibile che la Capitale costruisca nel suo cuore dei veri e propri tesori e poi li lasci al loro destino? Era successo con il MACRO, per fortuna sulla via della rinascita, e sarebbe potuto succedere con Kentridge (ma un’ordinanza congiunta tra Mibact e Sovrintendenza ha scongiurato il pericolo, stando alle comunicazioni ufficiali). Agognato, atteso per anni, salutato con una grande festa, il fregio sarebbe scomparso temporaneamente per un puro “esercizio commerciale” di una città che per certi versi, come accade a molte località assaltate dal turismo di massa, è già un bazar?
La petizione su Change.org in pochi giorni ha riscosso oltre mille e cinquecento firme, e siamo sicuri che altrettanti romani e non sono pronti a dire la loro, ma forse stavolta si sarebbe dovuto inventarsi qualcosa di più. Un referendum non ufficiale, per esempio, chiamando la cittadinanza a dire sì o no. Sarebbe stato senz’altro un bel modo per arrivare alle autorità, e un ottimo termometro per toccare con mano il clima capitolino. 
Il rischio? Quello di prendere una vera e propria sberla in pieno volto: passino le disorganizzazioni tra enti, passi il fatto che l’associazione dei commercianti che gestisce l’estate sulle sponde del fiume non era – come riferisce – stata allertata per tempo e che nessuno si è preoccupato di pianificare lo spostamento delle baracche commerciali, a quanti cittadini davvero importa o importerebbe di avere sgombri quei muraglioni “isola di pace” nel cuore di Roma?
Da un paio di giorni, poi, era arrivato anche il contrappello degli organizzatori di Teverestate, che porta un titolo decisamente “ingannevole”, o meglio fraintendibile nelle intenzioni, ma perfettamente coerente alla loro idea: “Facciamo vivere piazza Tevere”. Non con l’arte, non con un percorso fuori dal caos cittadino, ma con il commercio. Anche questo, senza dubbio, è un modo. Saremmo davvero curiosi di sapere l’opinione del popolo romano, e non solo degli addetti ai lavori di una fazione o dell’altra. (MB)

2 Commenti

  1. A ridosso delle elezioni amministrative, un’occasione per il Comune di Roma di manifestare almeno una parvenza di coscienza ed identità culturale prendendo una posizione decisa a favore dell’arte come veicolo di riscatto contro il degrado allucinante di questa meravigliosa e unica città. Che io, come archeologa e guida turistica, faccio spesso fatica a giustificare alle persone che accompagno e che non si capacitano di tanta NON casuale trascuratezza. Cittadini, degni di tale nome, armatevi fino ai denti e combattete!

  2. La “mobilitazione” sdegnata contro le bancarelle estive lungo il Tevere dovrebbe avere luogo a prescindere dalla presenza di un’opera d’arte URBANA – che, come giustamente è stato osservato da più parti, deve subire il destino del suo status! Che cosa succede se un uccello fa il nido in un buco tra le figure? lo cacciamo via col fuoco perchè sta intaccando un’opera all’aperto sul muraglione di un fiume e ricopriamo di reti così non si corre più il rischio?
    La verità è che le “bancarelle” di Roma Estate hanno sempre fatto cordialmente schifo, non hanno mai proposto un intrattenimento (o un commercio) di qualità a prescindere, e andrebbero a prescindere ripensate. Incensi indiani, stracci cinesi, cibo scadente, musica brutta, pietre magiche e zufoli peruviani, ricambi del Folletto, orde di coatti che calano in canotta da ogni sperduta periferia coi loro borselli a tracolla, contenti di spulciare tra i soliti 4 dvd impolverati o i poster dei film di Sordi e bere mojito annacquato a prezzi assai poco invitanti…Perchè non si rivede la qualità in generale dell’offerta? Senza giungere all’opposto (sarebbe tipico di Roma!), una enclave di “cultura” enogastronomica e pseudo-artistica molto fashion con gli chef di tendenza a proporre tartare di nutria e chutney di alghe tiberine servite su sanpietrino caldo 😀
    Auspichiamo un’aurea via di mezzo, una cosa NORMALE che possa accontentare tutti, dal gourmet al coatto a chi vuole solo bere una birra e guardare l’acqua che scorre…a prescindere da Kentridge!

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