16 luglio 2016

L’architettura partecipata del Mali

 

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È una moschea, una bellissima moschea ed è la più grande costruzione di fango del mondo. Un’architettura, questa fatta di fango, che si sviluppa in una buona parte del pianeta, quella più povera, ma che in Mali, dove si trova Djenne, la città che vanta appunto questa perla, raggiunge livelli inimmaginabili. Ogni anno la Grande Moschea di Djenne viene seriamente danneggiata dalle piogge e ogni anno i suoi abitanti la ricostruiscono. Da secoli, quindi, la moschea di Djenne è il prototipo di un’architettura corale, quella pratica partecipata che oggi si chiama arte relazionale. Ma qui non ci sono curatori di grido e innovativi progetti d’inclusione sociale. Nasce tutto spontaneamente, è una tradizione e una vita che scorrono così da secoli. 
Oggi però una novità c’è. Questo magnifico esempio di architettura preislamica è in pericolo. La Grande Moschea di Djennè rischia di sbriciolarsi a causa dell’urbanizzazione massiccia che compromette il suolo della città. Ed è a rischio anche perché i militanti di Al-Qaeda, che purtroppo in Mali contano ancora, potrebbero attaccarla come hanno fatto con alcune tombe di Timbuctu (sempre in Mali) dove erano presenti costruzioni preislamiche. L’allarme viene dall’Unesco che ha dichiarato la Grande Moschea di Djenne patrimonio dell’umanità. Ma sappiamo che l’Unesco non è così potente né così abile nel difendere i suoi tesori. C’è solo da sperare che la più grande costruzione di fango del mondo, diventata moschea, fermi gli integralisti islamici.    

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