01 agosto 2016

Il credo del non odio

 
Contro lo stereotipo dell'islamico assassino, contro l'imperativo del Corano come religione di guerra. Soprattutto perché a ben guardare di certo anche il cristianesimo mai è stata religione "buona". Ma l'unione delle fedi di ieri lascia, idealmente, un bello spiraglio al futuro

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Per secoli, bisognerebbe ricordarlo a chi urla all’islamico assassino, abbiamo portato il nostro credo agli “indigeni”. Li abbiamo convertiti con la forza e la violenza, abbiamo portato le nostre malattie, li abbiamo sterminati da una parte all’altra del mondo e tutt’ora, sottilmente, ai danni delle popolazioni dell’Africa – per esempio – si porta un messaggio evangelico piuttosto controverso. O no? Ebbene, fatta questa ammenda, bisognerebbe guardare al domani, e ad un vero mondo “globale” dove ognuno possa preservare le proprie differenze, nel dialogo continuo.
Un discorso utopico ancora, che forse resterà sempre tale, ma la potenza dei “popoli uniti”, per una volta tanto, è bella a vedersi. Nonostante sia il risultato di una tragedia.
A Parigi nella chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, dietro la Gare du Nord, in uno dei quartieri più multietnici della Capitale francese, il rettore della moschea della zona ha partecipato alla messa: «Oggi i musulmani devono gridare alto e forte un solo e unico slogan: “Non in mio nome», ha detto tra gli applausi. E poi ce ne sono stati 2mila alla cattedrale di Rouen, per rendere omaggio al parroco assassinato dai due giovani. E in Italia la scena si è ripetuta per 20mila musulmani che sono entrati nelle chiese di Torino, Roma, Bolzano, Milano, Trento, Siena e non solo. Di “criminali falliti” parla l’imam di Vobarno, Brescia, paese dove è cresciuto un foreign fighters italiano, definendo i terroristi. E a Napoli si sono abbracciati Abdullah Cozzolino, segretario generale della Confederazione islamica italiana, con il vescovo ausiliario Acampa. 
Non è d’accordo il leader della Lega Matteo Salvini, che su Facebook scrive: “Oggi l’Islam non è compatibile con le nostre libertà e i nostri diritti. Chi non lo capisce o è illuso, o è ignorante, o è complice”. Oggi, forse, vogliamo essere illusi. Che non sia propaganda, ma che dal basso arrivi un forte “NO”. Incontrando un nuovo dialogo, anche a costo di alzare i toni, ma senza diventare barbari. (MB)

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