21 dicembre 2016

Tra Roma e l’Art Bonus

 
Agli Stati Generali della Cultura non si esce molto dal seminato dei numeri e della cultura come "volano" per l'Economia. Ma c'è una voce un po' fuori dal coro, quella del neo vicesindaco di Roma, che per la Capitale avrebbe qualche idea. Fattibile? Bontà loro

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Numeri: 100 milioni di donazioni, 3mila donatori, per un processo che dovrà durare almeno 30 anni. Ecco l’Art Bonus secondo la visione di Franceschini, alla quinta edizione degli Stati Generali della Cultura. 
E ancora: 5 milioni in più di visitatori nei musei italiani, negli ultimi 2 anni. Il 2016? La previsione è di chiudere a 45 milioni di incassi per i musei statali. Investire in cultura «vuol dire far crescere l’economia, creare occupazione intelligente e aiutare i giovani che hanno talento», ha dichiarato il Ministro, incalzato dal presidente de “Il Sole 24 Ore”, Giorgio Fossa, e anche la presidente di Poste italiane, Luisa Todini. A turno si parla di volano, di crescita, di città che sono passati dall’essere centri industriali come Torino e Milano ad essere, nel caso del capoluogo lombardo, la prima meta dei turisti cinesi.
E tutto grazie alla cultura? Secondo noi, giusto per fare gli avvocati del diavolo, più che per la cultura si tratta per i grandi store delle grandi marche, dove gli asiatici spendono e spandono i loro capitali di nuovi ricchi. 
Poi la cultura, senz’altro, a Milano in questi anni ha battuto colpi forti, ma in realtà i discorsi che si sono uditi all’Auditorium sono stati un po’ triti. 
Certo, si è parlato dell’estensione delle agevolazioni per incentivare il mecenatismo e le donazioni a sostegno della cultura e dello spettacolo, beneficiando di un credito d’imposta, anche ai teatri di tradizione e delle fondazioni lirico sinfoniche, e anche – in futuro e ancora non si esattamente come – a sostegno dei giovani artisti. Già, visto che lo Stato non ce l’hai mai fatta, come negli altri Paesi europei, meglio mettere mano ai fondi che arrivano dall’incontro tra pubblico e privato. E ok, se vi sono le possibilità.
In realtà, però, una delle voci più attese è stata quella del vicesindaco di Roma, Luca Bergamo, già Assessore alla Cultura della Capitale. Nel marasma in cui versa il Municipio, in effetti, il discorso non poteva che essere rassicurante e lungimirante: 
«Venerdì spero di portare in giunta un primo provvedimento per trasformare le istituzioni partecipate culturali in un sistema. Si tratta di 12 realtà che assorbono il 93 per cento del bilancio», dice Bergamo. Anche qui, insomma, al bando le separazioni delle aziende, per tentare un’unione che possa uscire dalla sola logica di produzione economica, ma che diventino «motori per lo sviluppo di competenza sul territorio».
In prima linea, e non poteva essere altrimenti, anche l’attenzione alle periferie: «La domanda che faccio io ai privati è: siete disponibili a discutere interventi che hanno un fortissimo valore sociale, che hanno meno immagine ma che sono un elemento di ricostruzione delle condizioni per lo sviluppo economico? Questo discorso va fatto e deve essere anche incorporato in forme di revisione dell’Art bonus, per capire come l’investimento in zone meno servite dalle iniziative culturali riceva dalla normativa stessa dei benefici particolari – ha spiegato Bergamo, che ha aggiunto – Mi piacerebbe molto discutere con il Governo nazionale se e in che misura si possono inserire delle politiche di promozione della partecipazione privata alla vita culturale, degli elementi che consentano e incentivino l’investimento privato nelle zone che ne hanno più bisogno dal punto di vista della coesione sociale». Speriamo che davvero qualcuno, come Franceschini, ne possa discutere. E forse qualche privato, con qualche garanzia, potrebbe mettersi una mano sul cuore. (MB)

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