13 gennaio 2017

Edizioni Facebook

 
Il social network di Mark Zuckerberg si trasforma e diventa "giornale". Fine di un'epoca "solo" social? Intanto i mal di pancia, nel mondo di chi i giornali li ha sempre fatto, hanno già iniziato a farsi sentire

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Non solo post da condividere, eventi, calendario, amici, foto. Da domani ci potrà essere per tutti anche l’opportunità di dire “L’ho letto su facebook”. E potrebbe essere una fonte più che attendibile. 
Già, perché Mark Zuckerberg e la direttrice di produzione, Fidji Simo, hanno annunciato la nascita del “Facebook Journalism Project”.
Una metamorfosi quasi annunciata, e forse dovuta, dopo le mille e più polemiche che hanno coinvolto il social network non solo nelle votazioni legate a Donald Trump, con le false notizie, ma anche – più in piccolo – per quello che è accaduto con il referendum italiano. 
Cosa si promette di fare, insomma, il social dei social? Diventare una “newsroom”, grazie alla collaborazione nella stesura di notizie, in rapporto specialmente con la stampa indipendente; fornire corsi di e-learning per i giornalisti (per la loro specializzazione e formazione) e aiutare nel reperimento di testimoni oculari degli eventi; promuovere la digital e news literacy degli utenti. Il supporto potrebbe essere un tool chiamato “CrowdTagle”, che permetterà di distribuire al meglio i prodotti editoriali sui social e di individuare gli influencer (ovvero i personaggi più in vista della rete) del momento.
Bene. E perché l’idea non piace? Primo: perché sarà FB a giudicare cosa mostrare agli utenti come attendibile o meno. 
Secondo: i collaboratori non pagati saranno gli stessi utenti della piattaforma, chiamati a valutare e segnalare eventuali bufale presenti sul social. Terzo: la manipolazione delle notizie diventerà pratica quotidiana.
E, aggiungiamo noi, nulla si discosterà di molto da quello che è un giornalismo parecchio diffuso oggi. Con la sola differenza che – dati i numeri di “abbonati” a queste pagine, sarà ben più dannoso per l’informazione generale, se tutto questo dovrà accadere. 
Ve lo immaginate, insomma il “Grande Fratello” materializzato oltre lo schermo, come profetizzava Orwell? Beh, in questo caso sembra decisamente a due passi. E chi potrà sopravvivere se una potenza di fuoco di tale portata potrà mettersi in mezzo all’editoria in tutte le lingue del mondo? 
Dulcis in fundo l’aspetto più inquietante: l’azienda ha annunciato che donerà il 55 per cento dei ricavi delle pubblicità inserite nei video ai proprietari. Un altro bel modo per attirare attenzione. E pubblico. (MB)

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