09 marzo 2017

L’immagine è tua E la gestisco io

 

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L’appropriazionismo non è nato oggi, quanto meno risale agli inizi del Novecento quando Picabia prendeva in prestito immagini altrui, le cambiava il giusto, le firmava e le metteva in mostra. Talvolta le vendeva (poco). Ma Picabia era un bennato e non aveva bisogno di vendere. 
Più recentemente, specie negli ultimi decenni, l’appropriazionismo è diventato un vero e proprio linguaggio (e mestiere) dell’arte e chi lo pratica vende a caro prezzo le proprie opere. È il caso di Richard Prince (il caso più famoso, che vedete in homepage) che è passato anche dalle forche caudine del diritto. Ma è il caso anche di tanti altri che prelevano le immagini soprattutto dalla pubblicità e vi aggiungono qualcosa, come fanno Hank Willis Thomas, Roe Ethridge, Louise Lawler e a suo modo Barbara Kruger che della pubblicità prende soprattutto l’orizzonte banale per sferzarlo con affermazioni molto critiche. “Double take” alla Skarstedt gallery di Londra li mette tutti in mostra. Fino al 22 aprile.

2 Commenti

  1. facciano pure, ma esiste anche un diritto d’autore, quindi chi preferisce usare foto di altri ne chieda l’autorizzazione e ne paghi l’uso. dopo la comparsa delle banche dati di fotografia e forse anche dei social di sole foto come Instagram Pinterest qualcuno sta pensando che la fotografia non abbia autore e che sia a disposizione di chiunque. sarebbe bene che i giornali stigmatizzassero il problema (esistente) del copyright anziché scrivere articoli di questo genere in cui pare quasi che usare foto altrui sia “cool”

  2. Il problema dei diritti d’autore è molto particolare e complesso, penso che l’azione di questi artisti voglia proprio mettere in risalto pregi e difetti di questa pratica, più che volerla stigmatizzare, poi la diffusione mediati contemporanea del web pone altri aspetti che quando saranno capiti saranno già vecchi!

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