26 gennaio 2019

Graffiti Never Die/ Illustre Feccia

 
CREATIVITÀ DISSIDENTE
“Subvertising” e “brandalism”, per un’opera d’arte che sia insurrezione ed emancipazione

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Grazie ad una serie di coincidenze fortunate, ho avuto l’occasione di conoscere più da vicino il lavoro di Illustre Feccia. Di seguito, il resoconto della nostra chiacchierata… anarchica e sovversiva come nel suo stile!
Inizierei parlando dei contenuti della mostra che inaugurerai a febbraio presso la Street Levels Gallery (FI) assieme a DoubleWhy e a Hogre: che temi tratterete e come li svilupperete?
«Dunque, il titolo della mostra è “Dildo”, scritto come il logo del supermercato Lidl, e vuole essere uno sbeffeggio nei confronti del consumismo, una parodia volta a sottolineare il suo aspetto osceno e pornografico. Il consumismo, come il feticismo, è una forma di religiosità primitiva che prevede l’adorazione di oggetti considerati “magici”. Dildo, quindi, è un feticcio da adorare e comprare, è un “dio di PVC” che possiede virtù straordinarie che donano giovamento, piacere e potere a chi lo possiede! Il consumismo è visto e analizzato nei nostri lavori anche nel suo aspetto di totale abbandono all’osceno, nel momento in cui l’acquirente s’innamora dell’articolo in vendita. Nelle dinamiche consumistiche i confini tra soggetto e oggetto si perdono, tanto che non si riesce più a distinguere chi compra da chi è comprato! La mostra sarà costituita sia da una serie di serigrafie, istallazioni e disegni originali che da un lavoro di documentazione delle affissioni fatte in strada tra Londra, Lucca, Varsavia e Roma. Il progetto di subvertising – ovvero sovversione della pubblicità -, oltre ad essere esposto all’interno della galleria Street Levels, si svilupperà anche in strada e nello spazio occupato della Polveriera, dove sarà organizzato un laboratorio creativo di gruppo, in collaborazione con il collettivo Ribellarti».
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“RoyalShit” (foto di Yliass)120x180cm Westminster Londra

‘Chi di spada ferisce, di spada perisce’: ritieni che il brandalism mini concretamente le logiche del consumismo? O piuttosto, non temi che comunque farne parlare sia sempre una forma di pubblicità per questi marchi?
«Credo che il brandalism, come pratica, sia una strategia di resistenza in grado di minare davvero il consumismo. Ma, come ogni tipo di guerriglia o azione di sabotaggio, funziona concretamente solo se praticata in massa. Tanto è diffuso il capitalismo e altrettanto diffusa dovrebbe esser la resistenza ad esso!  Gli spazi pubblicitari sono i moderni tabernacoli e fonti di “regolamentazione sociale ed economica”; dietro il loro “spettacolo” c’è l’imposizione più abbietta dettata dall’alto. Attaccare loro e il contenuto che essi rappresentano è una pratica di sabotaggio culturale, è come dirottare un aereo in decollo, disfarsi del pilota, per assumerne il controllo!».
Il SUBvertising funziona come ANTI-propaganda, lanciando CONTRO-messaggi ma sempre in ‘negativo’ rispetto alle idee proposte o imposte dagli apparati della comunicazione ‘ufficiale’. Ti chiedo, invece, se dovessi proporre un tuo modello sociale, quale proporresti? Ovvero perché la critica diventi costruttiva e non solo “distruttiva” come disegneresti la tua società ideale?
«Mah, io – da buon anarchico – modelli sociali da proporre non ne ho…sono abbastanza realista e disilluso per propagandare qualche utopica alternativa. In passato si sono visti tanti fallimenti, inclusi quelli dei cosiddetti movimenti “alternativi” che alla fine si sono uniformati alla società in cui operavano limitandosi a una riforma dello stato e del capitalismo, invece che sovvertirlo. Come “modello sociale” simpatizzo per l’autogestione e il mondo delle occupazioni anarchiche. Mi rendo conto che sono molto più felice in un ambiente dove sono libero e autonomo e posso autogestire la mia vita nei bisogni di base. Ambienti solidali dove il collettivismo si oppone all’idea del denaro e dove l’idea di eguaglianza si contrappone a quella di potere. La mia critica è distruttiva perché è libertaria e nichilista, perché non si può costruire nulla basandosi su una società oppressiva, patriarcale e liberticida».
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“Feccia Illustre” (foto di Oscar Giampaoli) 120x180cm, Largo Preneste, Roma

Cosa pensi dell’arte?
«Credo che l’arte sia, come le altre discipline umanistiche, un mezzo per esprimere emozioni e messaggi e, in quanto tale, debba liberarsi dai limiti imposti dalle logiche del museo e da ogni storicizzazione e commercializzazione. Credo che la più grande opera d’arte sia la liberazione da ogni gabbia e che l’arte debba diventare sinonimo d’insurrezione e di emancipazione».
Ti lascio con una provocazione: mangi Nutella?
«Io mangio tutto!… anche la Nutella se capita, ma evito di comprarla. Contiene olio di palma, ingrediente che legittima la multinazionale Ferrero a portare avanti ogni tipo di crimine ambientale, tra cui la distruzione delle foreste del Borneo. Il poster Feccia Illustre – Creatività dissidente tutta da spalmare! ruba un po’ il mito della Nutella, rivestendosi della sua spettacolarità, rendendola propria. È un poster che vuole essere da un lato sia parodia che sfottò del prodotto Ferrero, dall’altro una sorta di “manifesto” – per stile e contenuti – del subvertising».
Maria Chiara Wang

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