30 giugno 2019

Fino al 30.VII.2019 José Angelino, Corteggiamenti Galleria Alessandra Bonomo, Roma

 

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La sperimentazione di José Angelino, già coraggiosa e provocatoria, in questa che è la seconda mostra in tre anni che la Galleria Alessandra Bonomo ha voluto dedicargli, si è arricchita di molte nuove dimensioni. 
L’artista, che è laureato in fisica, non ha avuto timore di mettere alla prova il successo decretatogli nel 2016 da un pubblico di addetti ai lavori, e non, affascinato da opere la cui caratteristica si fondava su percorsi luminosi di sicura presa estetica, orchestrati sapientemente dentro piccoli ambienti di vetro, da lui creati. E ha osato distruggere la perfezione visiva di lavori a cui si assisteva come inebriati, per entrare direttamente nell’esperienza della turbolenza e del caos, complice il pensiero di Ilya Prigogine. Il visitatore è catturato in un coinvolgimento sonoro, visivo e sensoriale che lo sollecita continuamente attraverso dinamiche imprevedibili, in un sussulto ritmico e percettivo tale da evocare la danza di elementi in sintonia con l’intero suo corpo. L’effetto non è straniante, ma al contrario elettrizzante, come durante un concerto di musica jazz. 
Con la frase “Se la forma scompare la sua radice è eterna”, citando il poeta persiano Rumi, Mario Merz ha saputo esprimere un concetto che è alla base della perenne trasformazione della natura, come di una nuova concezione d’arte. 
Prima della decisiva svolta prodotta dalle avanguardie, nell’ambito della Wiener Secession la forma artistica divenne qualcosa che registrava il movimento transeunte della vita, congelandolo in atto. Questa nuova idea di forma veniva tradotta sia nelle linee di piani taglienti, capaci d’insinuarsi sino a scomparire nella superficie, sia in immagini germinali, incapsulate o in nuce, come certi ritratti di Klimt che ci appaiono a uno stadio pressoché embrionale. 
Ebbene, tra le opere in vitro del primo periodo e le attuali, è forse successo questo: José Angelino ha liberato l’essenza energetica della sua forma dalla capsula che ne tratteneva e controllava il potenziale come dentro un minuscolo laboratorio dove, preservati da contaminazioni, se ne potevamo esaminare gli effetti, per esporla, invece, alle conseguenze di un contesto non preordinato, ma reale, dove lo scambio di energia può determinare dissipazione o, al contrario, una riorganizzazione spontanea come avviene sia negli ecosistemi, che nelle forme di vita. Si tratta, dunque, di confrontarsi con la realtà e con il caos dell’instabilità per osservarne ora – come sosteneva Prigogine, a proposito delle “strutture dissipative” – i possibili fenomeni di “auto-organizzazione spontanea”. 
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Jose Angelino, Corteggiamenti, vista della mostra, 2019
In un’epoca come l’attuale, l’atteggiamento individuato da Prigogine già alla fine degli Anni Sessanta, rappresenta in effetti l’unica reale apertura di credito verso dimensioni sempre più difficili da gestire, ma pur sempre suscettibili di un’evoluzione strutturata. Da una posizione che confidava su certezze di tipo ontologico, governate dal determinismo, a una nuova disponibilità all’ascolto e all’osservazione dei fenomeni, per trarre da una condizione di meraviglia e stupore prodotti dalla casualità, una nuova attenzione e un interrogativo aperto alla complessità. 
Di parete in parete, di angolo in angolo dove agiscono ancora, con un forte richiamo, le linee luminose e le volute del gas argon, la presenza di elementi e materiali differenti, come metallo, legno, vetro, gas o acqua, stabilisce catene di relazioni complesse, dove con pochi elementi essenziali ordine e disordine si scambiano le parti, dove azioni chimiche trasformano progressivamente i materiali dati, e azioni meccaniche determinano improvvisi spostamenti di luogo o equilibrismi parossistici. Il dialogo silenzioso si alterna a quello con cadenze rumorose inattese,  così da creare campi costantemente in tensione di forme visibili o anche soltanto potenziali, come le piccole molle su cui è appoggiato il vetro. Chiunque entri è immediatamente stimolato su più fronti dalla varietà di possibilità date simultaneamente, nell’urgenza di un coinvolgimento totale fondato su una struttura aperta che lascia spazio a ulteriori interlocutori, e sull’assenza di un allestimento preconfezionato. Un piccolo video montato su tablet, girato in riva al mare, dove come una comparsa interviene uno sparuto individuo che corre, registra l’intrecciarsi dell’andirivieni ondoso in un trascolorare di luci al tramonto, assicurandoci, d’altra parte, del continuum di cui è intessuto il respiro dell’universo, al di là di ogni momentaneo incidente. 
Questo magnifico spostamento dentro una realtà viva e in perenne trasformazione, era, tuttavia, già annunciato nella mostra del 2016 dal lavoro che dava il titolo alla mostra. Swing era infatti l’opera in cui lo spettatore poteva osservare dal vero le straordinarie forme d’invenzione di cui sono capaci delle semplici gocce d’acqua, una volta messe a contatto con il calore incandescente di una piastra di ferro, liberando la propria tensione verso strutture armoniose capaci di organizzarsi in vere e proprie forme estetiche.  La prova, in sostanza, che l’evoluzione attuale dell’opera di José Angelino, era già chiaramente in cammino e dotata di una lungimirante maturità di concezione.
Giovanna dalla Chiesa
Mostra visitata il 21 giugno
Dal 14 marzo 2019 al 20 luglio2019
Josè Angelino, Corteggiamenti
Galleria Alessandra Bonomo
Via del Gesù 62 – Roma 
Orari: su appuntamento

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