29 giugno 2014

Fino al 27.VII.2014 Jackson Pollock guarda Michelangelo Palazzo Vecchio, Firenze

 
Un sottile fil rouge collega Jackson Pollock e Michelangelo Buonarroti. Due artisti molto diversi tra loro accomunati dalla stessa urgenza espressiva -

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I disegni contenuti in alcuni taccuini conservati al Metropolitan Museum di New York testimoniano la riflessione di Jackson Pollock (1912-1956) su alcuni grandi maestri del passato. È risaputo l’iniziale interesse di Pollock per la scultura e l’attenzione riservata a Michelangelo (1475-1564), infatti, tra questi disegni realizzati a matita colorata e tratti da illustrazioni pubblicate su libri, ce ne sono alcuni nei quali l’artista studia il Buonarroti e in particolare si rivolge agli affreschi della volta della Cappella Sistina e del Giudizio universale. 
Sono studi molto diversi tra loro seppur databili tutti tra il 1937 e il 1939, nei quali è evidente l’attenzione con cui Pollock indugia sulla sinuosità delle forme e le torsioni dei corpi, lo studio delle masse muscolari e dei particolari anatomici. 
Una veduta della mostra, Foto © Andrea Paoletti
Pollock aveva avuto modo di avvicinarsi ai capolavori del Rinascimento italiano durante il periodo di apprendistato presso Thomas Hart Benton a New York ma con questi disegni presentati in mostra è andato ben oltre la copia accademica proponendo un’interpretazione del tutto personale dell’opera dello scultore e già da allora ponendo le basi per quella che sarà la sua adesione all’Action painting e l’”invenzione” del dripping.
La mostra fiorentina è allestita nella sala dei Gigli e nella sala della Cancelleria di Palazzo Vecchio, il luogo scelto è quello dove è conservato anche Il genio della Vittoria di Michelangelo, scultura con la quale le opere di Pollock dovrebbero in qualche modo confrontarsi e dialogare. L’allestimento su due piani diversi del palazzo e senza alcun riferimento immediato che ne suggerisca al fruitore una consonanza seppur ideale, rendono il nesso piuttosto difficile da interpretare ai non addetti ai lavori. 
In mostra sono esposte in tutto sedici opere, oltre ai sei disegni già menzionati, anche quattro grafiche e sei dipinti. Tra questi ultimi un paio sono opere giovanili e risalgono alla seconda metà degli anni Trenta. Qui Pollock è ancora legato alle forme oniriche e visionarie che gli derivano dal Surrealismo, mentre in quelle di poco successive è evidente l’intensificarsi delle pennellate che, nel torno di pochi anni, lo porteranno al dripping quando la tela non sarà più posta verticalmente sul cavalletto ma adagiata sul pavimento e il colore gettato dall’alto e steso con bastoni e pennelli. I curatori della mostra azzardano quindi l’ipotesi che i dripping di Pollock non siano altro che un ribaltamento dello sgocciolamento che Michelangelo “subiva” mentre si dedicava a dipingere la volta della Sistina. Ipotesi sicuramente affascinante ma piuttosto recondita per un visitatore inesperto che per la prima volta si avvicina all’opera di Pollock del quale in mostra ammira sicuramente dei bei dipinti ma non certo quelli di grandi dimensioni con cui siamo abituati a identificare Pollock e che tutti noi ci saremmo aspettati di vedere.
Enrica Ravenni
mostra visitata il 15 aprile 
Dal 16 aprile al 27  luglio 2014
Jackson Pollock. La figura della furia
a cura di Sergio Risaliti e Francesca Campana Comparini 
Palazzo Vecchio, Sala dei Gigli e Sala della Cancelleria
Piazza della Signoria 1, Firenze
Orario: 9- 24 ad eccezione del giovedì 9-14 

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