14 ottobre 2003

fino al 4.I.2003 Jun Nguyen-Hatsushiba Roma, MACRO

 
Fuochi d’artificio, un dragone cinese, una corsa di risciò. Perfino una squadra di pittori. Tutti subacquei. Perché i suoi film li gira sempre sott’acqua. Lasciando che siano i fondali a presentare scene improbabili. Per raccontare il Vietnam, la guerra, la ricostruzione. E molte contraddizioni…

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Sott’acqua –dove ha girato i suoi tre film- Jun Nguyen-Hatsushiba (Tokyo, 1968; vive a Ho Chi Minh City, Vietnam) ha trovato uno spazio dilatato e silenzioso. “Sott’acqua si può volare”, dice l’artista. E ancora: “Ti rendi conto della vita, più che se facessi arte sulla terraferma”. Sotto il livello del mare si fanno i conti con la profondità, la pressione, l’assenza dell’aria, la durata massima di un’immersione e –accanto ai problemi più pragmatici- ci si stupisce della luce liquida, dei riflessi che trasfigurano, dell’inesorabile movimento delle correnti. L’abisso sembra appartenere ad un’altra dimensione, ha le caratteristiche di una zona franca. Per Hatsushiba –che è nato in Giappone e si è formato negli Stati Uniti, ma è di origine vietnamita- è diventato l’unico spazio possibile per ambientare i suoi memorial projects.jun nguyen-hatsushiba_happy new year_2003
Si tratta di vere e proprie rappresentazioni subacquee: pochi oggetti di scena, per lo più un’unica azione, ripetuta dai performer con un’ostinazione che diventa parossismo. I tre film (il terzo, prodotto anche dal MACRO, verrà presentato a Roma a gennaio in anteprima mondiale) rievocano fatti e situazioni della storia recente del Vietnam, come in una pantomima essenziale, assuefatta al bagliore straniante dei fondali, al ritmo diverso che l’acqua impone al movimento dei corpi. Una cadenza quasi di sogno.
E come in un sogno, gli elementi presenti (e ricorrenti, come risciò e zanzariere: tanto da formare un vero e proprio codice per l’artista) hanno un significato, l’intera azione può essere letta e decifrata: Jun Nguyen Hatsushiba racconta il Vietnam, mettendo in scena il dramma della guerra e le contraddizioni del periodo successivo, i cambiamenti, la sopravvivenza esile e difficile delle tradizioni. Che i risciò e il tessuto impalpabile delle zanzariere rappresentino appunto la tradizione, che il dragone cinese di Happyjun nguyen-hatsushiba_memorial project nha trang_2001 New Year – Memorial project for Vietnam II (2003) sia un riferimento preciso ad un episodio storico è evidente: i simboli scelti da Hatsushiba sono trasparenti. È l’acqua a complicare tutto, ad alludere a qualcosa che non viene detto, ad un dubbio su chi siano realmente vincitori e vinti.
Così i fuochi di artificio che tingono l’acqua (ancora in Happy New Year), l’impresa impossibile di dipingere sotto il mare (nel nuovo Ho! Ho! Ho! Merry Christmas: memorial project Okinawa), la corsa dei risciò fatta in apnea (Memorial Project Nha Ttrang, Vietnam: towards the complex – for the Courageus, the Curious and the Cowards 2001) sono assurdi e forse straordinariamente simili alla realtà. Come solo un non sense può essere.

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Jun Nguyen-Hatsushiba, a cura di Yuko Hasegawa
MACRO, via Raggio Emilia 54 (porta pia / nomentana), 0667107900 www.comune.roma.it/macro, macro@comune.roma.it , mar_dom 9-19, festivi 9-14, ch lun, ingresso intero 5.20 euro, ridotto 4.20 euro, catalogo electa, 25 euro


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