24 marzo 2006

exibinterviste – la giovane arte Debora Romei

 
Ancora pittura. Bastano idee chiare, una lampada al neon e un garage-studio dalle parti di Reggio Emilia. Torna l’artista palombaro con tanto di scafandro. Per indagare la forma e i suoi paradossi…

di

Dov’è il tuo studio?
Sulle colline di Reggio Emilia, in un posto magnetico. Vivo al piano di sopra e sotto ho adattato garage e stanza annessa a studio. Lo spazio è diviso in due parti: una dove dipingo, l’altra dove dispongo i quadri in modo tale da poterli guardare. C’è luce al neon, bassa, che si adatta bene al mio modo di procedere e che mi aiuta nella concentrazione.

E chi ti aiuta nel lavoro?
I Portishead, che ascolto ossessivamente. Devo ringraziare soltanto me stessa, e la persona che vive con me e mi sopporta. Spesso lei viene con me alle inaugurazioni. Ma si stanca subito, e la capisco.

Cosa chiedi alla tua pittura?
Di sorprendermi. Ti pare poco sorprendersi? È avvenuto per la prima volta quando, a 12 anni, il compito a scuola era copiare un Cézanne: quelle mele mi parlavano di qualcos’altro.

E adesso?
Adesso dipingo, appunto.

Mai pensato di fare anche altre cose?Debora Romei, Senza titolo, olio su tela, cm 143x138
No, l’ho sempre sentito come una perdita di tempo rispetto a qualcosa di più urgente e importante. A volte invidio le persone che scelgono una professione più convenzionale e ne sono soddisfatte. L’arte per me è sempre stata una necessità.

Come procedi nel tuo lavoro?
Unisco due pratiche tra loro in antitesi: un lavoro “cieco”, più caldo, dove non mi fermo a guardare; e un lavoro freddo, “guardato”, in cui prevale l’analisi progettuale. Ragiono per contrasti.

E cosa c’è nelle tue tele?
Ho trovato nella forma stati di trasformazione sessuale, necessità di riempimento e sottrazioni in termini di spazio e tempo. Mi viene naturale allontanarmi dall’ovvio e pensare che le forme provocatorie debbano contenere, insieme, il bello e il brutto.

I tuoi riferimenti?
Francis Bacon, Louise Bourgeois, Nan Goldin, Luciano Fabro. Ma anche… Italo Calvino. Non ho mai avuto miti, però.

Ti atteggi a purista eppure parli da outsider…
Il fatto è che non mi piacciono i gruppi o le appartenenze. No ai boy scout, alla cultura pop, al “facciamo finta di fare arte”!

Chissà in quanti ti hanno detto che si tratta di un difetto…
Non ho mai pensato di conformare il mio lavoro a quello degli altri. Questo impedisce facili identificazioni e comode catalogazioni e, allo stesso tempo, debbo riconoscerlo, muove sincero interesse. Ho imparato a chiudere fuori dallo studio i compromessi e a concentrarmi solo sul lavoro. Quando mi presento, tanto per accorciare i tempi di conoscenza, dico che ho un brutto carattere…

Fai così anche con i galleristi?
Ciò che conta è un’empatia incentrata sulla poetica del lavoro. E ovviamente, da un punto di vista più pragmatico, una certa progettualità nel tempo.
Debora Romei, Nassa, olio su tela, cm 170x180
Ti soddisfa la lettura critica del tuo lavoro?
Un artista fa un’operazione di tipo critico già lavorando, ed ha importanza che nel suo procedere questa resti slegata dai valori aggiunti delle interpretazioni altrui. Detto questo, non mi aspetto certo che la critica scriva quello che penso io. Anzi, lascio solo qualche segnale perché in realtà mi stimolano le letture degli altri. E da alcune interpretazioni ho avuto un ritorno anche emozionale.

Schiva anche politicamente?
In un certo senso sì. Il mio pensiero politico è utopico: oggi schierarsi è una roba da reality show.

Viaggiare ti serve?
Amo viaggiare soprattutto all’estero, nelle grandi città dove posso vedere come si muove la pittura a livello internazionale. Mi sento cittadina “europea”. Quando c’è da lavorare, però, preferisco farlo nel mio studio.

exibinterviste – la giovane arte è una rubrica a cura di pericle guaglianone

bio: Debora Romei nasce a Castelnovo ne’ Monti (RE) nel 1970; vive a Reggio Emilia. Personali: The passion fruits, Massimo Carasi – The flat, Milano (2005). Tra le collettive: Ritorni di immagine, The Flat a Villa Noris, Villafontana di Bovolone (VR); Punto e a capo: nuova contemporaneità italiana, Castello di Rivara, Rivara (TO); Il serafico succedaneo, Galleria Pier Giuseppe Carini, Arezzo; Ground Zero. Lo spazio del nulla, Antico Palazzo della Pretura, Castell’Arquato (PC); La contemporaneità evocata: nuova pittura in Italia, Galleria Fusion Art, Torino (2005); Biennale Adriatica Arti Nuove 1/2005. ART Beats, Palacongressi, San Benedetto del Tronto (AP); Open house, Massimo Carasi – The flat, Milano.

[exibart]

6 Commenti

  1. interessante…fili fantastici di conduzione verso in una danza armonica di vita antropomorfa !!Se posso vorrei aver la possibilità di un contatto reale con ciò !!
    Magari un’informazione per una personale dell’artista!!

  2. era ora che finalmente vi fosse un approfondimento sull’artista romei, una tra le più interessanti figure nel panorama pittorico italiano e non. assolutamente da sottolineare e da approfondire.

  3. Mi pianci un sacco quando parli della necessità dell’arte e quindi della pittura. Evviva tavolozza e pennelli!
    Un giorno mi piacerebbe vedere i tuoi lavori dal vero, magari una mostra insieme chissà? Se passi per Roma ladrona fai un fischio.

    Mauro
    (compagno d’intervista…)

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