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Martin Kobe – Dystown
Dystown, prima personale italiana dell’artista tedesco Martin Kobe raccoglie i frutti degli ultimi due anni di lavoro dell’artista.
Le sue tele catturano e restituiscono le impressioni di un uomo nato durante la Repubblica Democratica Tedesca, che ha fatto dell’architettura un’ossessione feconda. Il suo lavoro è anche influenzato dalle immagini della propria collezione di disegni di architettura, dalle fotografie di viaggio e da una miriade di rimandi storico-artistici che vanno da Piranesi alla Bauhaus.
Comunicato stampa
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Dystown, prima personale italiana dell’artista tedesco Martin Kobe raccoglie i frutti degli ultimi due anni di lavoro dell’artista.
Le sue tele catturano e restituiscono le impressioni di un uomo nato durante la Repubblica Democratica Tedesca, che ha fatto dell’architettura un’ossessione feconda. Il suo lavoro è anche influenzato dalle immagini della propria collezione di disegni di architettura, dalle fotografie di viaggio e da una miriade di rimandi storico-artistici che vanno da Piranesi alla Bauhaus.
Ne risultano immagini visionarie e senza tempo, in bilico tra realtà e finzione, congelate in una nuova metafisica dove le forme architettoniche si limitano appena a suggerire le fonti, sussurrando un’ambientazione o un edificio senza lasciarne un senso di riconoscimento definibile.
L’implosione dei molteplici punti di fuga apre un labirinto di facciate sospese e di travi convergenti, che si intersecano attirando lo spettatore in un flusso di spazio per cui anche i vuoti vengono letti come pura superficie. I colori, stridenti anche quando lasciano emergere le forme in trasparenza, e la luce netta che irradia le superfici, servono all’artista per creare una frattura strutturale che rompa la lettura letterale dello spazio pittorico, così da dare vita ad un’utopia distorta, in cui l’architettura più razionale viene fagocitata da un dipinto espressionista ed astratto, creando una tensione tra il tecnico e l’organico, tra spazio fisico ed emozionale.
Le sue tele catturano e restituiscono le impressioni di un uomo nato durante la Repubblica Democratica Tedesca, che ha fatto dell’architettura un’ossessione feconda. Il suo lavoro è anche influenzato dalle immagini della propria collezione di disegni di architettura, dalle fotografie di viaggio e da una miriade di rimandi storico-artistici che vanno da Piranesi alla Bauhaus.
Ne risultano immagini visionarie e senza tempo, in bilico tra realtà e finzione, congelate in una nuova metafisica dove le forme architettoniche si limitano appena a suggerire le fonti, sussurrando un’ambientazione o un edificio senza lasciarne un senso di riconoscimento definibile.
L’implosione dei molteplici punti di fuga apre un labirinto di facciate sospese e di travi convergenti, che si intersecano attirando lo spettatore in un flusso di spazio per cui anche i vuoti vengono letti come pura superficie. I colori, stridenti anche quando lasciano emergere le forme in trasparenza, e la luce netta che irradia le superfici, servono all’artista per creare una frattura strutturale che rompa la lettura letterale dello spazio pittorico, così da dare vita ad un’utopia distorta, in cui l’architettura più razionale viene fagocitata da un dipinto espressionista ed astratto, creando una tensione tra il tecnico e l’organico, tra spazio fisico ed emozionale.
26
settembre 2012
Martin Kobe – Dystown
Dal 26 settembre al 31 ottobre 2012
arte contemporanea
Location
BRAND NEW GALLERY
Milano, Via Carlo Farini, 32, (Milano)
Milano, Via Carlo Farini, 32, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato
11.00-13.00|14.30-19.00
Vernissage
26 Settembre 2012, h 19.00-21.00
Ufficio stampa
LUCIA CRESPI
Autore