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Lo scrigno di Palermo
La Cappella Palatina, la più bella Chiesa al mondo, il più sorprendente gioiello religioso sognato dal pensiero umano come la definì Guy de Maupassant, come uno scrigno, oltre agli aurei mosaici, custodisce un importante patrimonio di argenti, avori e preziosi tessuti. Questa mostra propone, per la prima volta, l’esposizione dell’intera collezione di suppellettili liturgiche ed una selezione dei più pregiati paramenti sacri, valorizzando un tesoro d’arte applicata poco conosciuto e raramente fruibile nella sua interezza
Comunicato stampa
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La Cappella Palatina, la più bella Chiesa al mondo, il più sorprendente gioiello religioso
sognato dal pensiero umano come la definì Guy de Maupassant, come uno scrigno, oltre agli aurei
mosaici, custodisce un importante patrimonio di argenti, avori e preziosi tessuti. Questa mostra
propone, per la prima volta, l’esposizione dell’intera collezione di suppellettili liturgiche ed
una selezione dei più pregiati paramenti sacri, valorizzando un tesoro d’arte applicata poco
conosciuto e raramente fruibile nella sua interezza.
Ammirando le settanta opere in argento presentate, realizzate da argentieri palermitani tra la
fine del Cinquecento e la seconda metà dell’Ottocento, è possibile cogliere nitidamente la
convergenza di più elementi, legati sia alla volontà della committenza che alla sensibilità
dell’autore, sia alla materia trattata che al contesto in cui è stata realizzata.
I circa venti manufatti tessili sono le testimonianze più antiche e interessanti tra gli
esemplari scampati al dannoso incendio scoppiato nella sacrestia della Cappella il pomeriggio del
27 ottobre 1963. Quel che resta della collezione di sete e ricami della Cappella Palatina di Palermo
offre una note- vole rassegna di pregiati ed originali paramenti sacri che, grazie a questa
manifestazione espositiva, vengono valorizzati permettendone l’opportuna fruizione del tutto
meritata e dovuta. Le opere mostrate documentano un arco cronologico che dalla fine del XVI
secolo giunge sino ai primi del Novecento.
Tra luccicanti argenti e sete preziose, selezionati da Maria Concetta Di Natale e Maurizio
Vitella, sono anche esposti singolari cofani eburnei e notevoli pergamene. Sono opere, pertinenti al
tesoro e al tabulario della Cappella, che documentano la quasi millenaria storia della chiesa del
Regio Palazzo e offrono la possibilità di fare memoria di un grande studioso, per anni custode di
questo cospicuo e ragguardevole patrimonio: Mons. Benedetto Rocco.
La mostra, a lui dedicata, offre un itinerario alla scoperta di eccezionali capo- lavori d’arte
poco conosciuti che testimoniano la straordinaria ricchezza e il decoro nel tempo riconosciuti alla
sacra liturgia nella Regia Cappella, gioiello d’arte bizantina nel suo massimo splendore (Bernard Berenson).
La Maestranza degli orafi e argentieri di Palermo
Gli orafi e argentieri di Palermo si riunirono in maestranza nel 1447, chiedendone autorizzazione ad Alfonso
il Magnanimo. Secondo i Capitoli della Maestranza, ogni anno venivano eletti due consiglieri che dopo un
anno avrebbero ricoperto l’importante carica di console per la quale potevano essere rieletti. Un argentiere
ricopriva la carica di console degli orafi e un orafo quella degli argentieri. La carica di console durava
dal giugno dell’anno di elezione a quello successivo, mantenendo sempre lo stesso punzone anche nel
cambiare dell’anno. Il marchio era caratterizzato nel tempo dalle iniziali del nome e cognome del console
(dal 1610) seguite dalla lettera C (dal 1621) e dalle due ultime cifre dell’anno di elezione (dal 1674). Il
punzone della maestranza di Palermo era contraddistinto dall’aquila coronata con la sigla RUP (Regia Urbs
Panormi), marchio segnalato per la prima volta nel 1459, caratterizzata dalle ali aperte verso il basso fino
al 1715 e spiegate a volo alto dopo questa data. Tale cambiamento dovette avvenire in omaggio a Vittorio
Amedeo di Savoia re di Sicilia in quell’anno, il cui stemma era contrassegnato da un’aquila dalle ali aperte.
Questo marchio fu in uso fino al 1825, data di abolizione delle maestranze. I consoli con i loro punzoni
garantivano la qualità della lega dell’argento con cui era realizzata l’opera , dalla quale prelevavano un
campione; gli argentieri con i loro marchi, caratterizzati dalle iniziali del loro nome e cognome e talora da
un segno distintivo, se ne dichiaravano artefici.
Tra i più significativi argentieri palermitani che realizzarono raffinate opere per la Cappella Palatina di
Palermo si ricordano Tommaso Avagnali (T.A) nel 1632, Antonino La Motta (AL.M) nel 1658), Giuseppe Di
Filippo (GDF) nel 1678, Rocco Ritundo (R*R*) nel 1679, Michelangelo Merendino (MAM) nel 1679, Andrea
Mamingari (A*M) dal 1682 al 1700, Vincenzo Papadopoli (V*P*) nel 1765, Paolo Ribaudo (P.R) nel 1697,
Placido Carini (PC*) nel 1711, Benedetto Perricone (B.P.) nel 1751, Giovanni Duro (GDUR)nel 1754 e 1761,
Domenico La Villa (DLV) nel 1759.
Il 14 aprile 1826 Francesco I con Regio Decreto stabiliva le nuove norme per marchiare l’oro e l’argento,
istituendo le Officine di Garanzia, ufficio preposto alla punzonatura. I marchi dovevano essere tre, quello
del fabbricante (l’orafo o l’argentiere), quello del Saggiatore (che sostituiva la figura del console) e quello
di garanzia costituito dalla testina di Cerere accompagnata da un numero relativo alla caratura del metallo,
uguale per tutta la Sicilia. Scomparivano così non solo l’aquila di Palermo, ma anche gli altri punzoni delle
diverse maestranze di orafi e argentieri della Sicilia, come quello di Messina (lo scudo con croce sormontato
da corona e con ai lati le lettere MS, Messanensis Senatus), che ricorre in due opere del tesoro della
Cappella Palatina, dovute agli argentieri Dieco Rizo (metà XVII sec.) e Pietro Donia (1740).
sognato dal pensiero umano come la definì Guy de Maupassant, come uno scrigno, oltre agli aurei
mosaici, custodisce un importante patrimonio di argenti, avori e preziosi tessuti. Questa mostra
propone, per la prima volta, l’esposizione dell’intera collezione di suppellettili liturgiche ed
una selezione dei più pregiati paramenti sacri, valorizzando un tesoro d’arte applicata poco
conosciuto e raramente fruibile nella sua interezza.
Ammirando le settanta opere in argento presentate, realizzate da argentieri palermitani tra la
fine del Cinquecento e la seconda metà dell’Ottocento, è possibile cogliere nitidamente la
convergenza di più elementi, legati sia alla volontà della committenza che alla sensibilità
dell’autore, sia alla materia trattata che al contesto in cui è stata realizzata.
I circa venti manufatti tessili sono le testimonianze più antiche e interessanti tra gli
esemplari scampati al dannoso incendio scoppiato nella sacrestia della Cappella il pomeriggio del
27 ottobre 1963. Quel che resta della collezione di sete e ricami della Cappella Palatina di Palermo
offre una note- vole rassegna di pregiati ed originali paramenti sacri che, grazie a questa
manifestazione espositiva, vengono valorizzati permettendone l’opportuna fruizione del tutto
meritata e dovuta. Le opere mostrate documentano un arco cronologico che dalla fine del XVI
secolo giunge sino ai primi del Novecento.
Tra luccicanti argenti e sete preziose, selezionati da Maria Concetta Di Natale e Maurizio
Vitella, sono anche esposti singolari cofani eburnei e notevoli pergamene. Sono opere, pertinenti al
tesoro e al tabulario della Cappella, che documentano la quasi millenaria storia della chiesa del
Regio Palazzo e offrono la possibilità di fare memoria di un grande studioso, per anni custode di
questo cospicuo e ragguardevole patrimonio: Mons. Benedetto Rocco.
La mostra, a lui dedicata, offre un itinerario alla scoperta di eccezionali capo- lavori d’arte
poco conosciuti che testimoniano la straordinaria ricchezza e il decoro nel tempo riconosciuti alla
sacra liturgia nella Regia Cappella, gioiello d’arte bizantina nel suo massimo splendore (Bernard Berenson).
La Maestranza degli orafi e argentieri di Palermo
Gli orafi e argentieri di Palermo si riunirono in maestranza nel 1447, chiedendone autorizzazione ad Alfonso
il Magnanimo. Secondo i Capitoli della Maestranza, ogni anno venivano eletti due consiglieri che dopo un
anno avrebbero ricoperto l’importante carica di console per la quale potevano essere rieletti. Un argentiere
ricopriva la carica di console degli orafi e un orafo quella degli argentieri. La carica di console durava
dal giugno dell’anno di elezione a quello successivo, mantenendo sempre lo stesso punzone anche nel
cambiare dell’anno. Il marchio era caratterizzato nel tempo dalle iniziali del nome e cognome del console
(dal 1610) seguite dalla lettera C (dal 1621) e dalle due ultime cifre dell’anno di elezione (dal 1674). Il
punzone della maestranza di Palermo era contraddistinto dall’aquila coronata con la sigla RUP (Regia Urbs
Panormi), marchio segnalato per la prima volta nel 1459, caratterizzata dalle ali aperte verso il basso fino
al 1715 e spiegate a volo alto dopo questa data. Tale cambiamento dovette avvenire in omaggio a Vittorio
Amedeo di Savoia re di Sicilia in quell’anno, il cui stemma era contrassegnato da un’aquila dalle ali aperte.
Questo marchio fu in uso fino al 1825, data di abolizione delle maestranze. I consoli con i loro punzoni
garantivano la qualità della lega dell’argento con cui era realizzata l’opera , dalla quale prelevavano un
campione; gli argentieri con i loro marchi, caratterizzati dalle iniziali del loro nome e cognome e talora da
un segno distintivo, se ne dichiaravano artefici.
Tra i più significativi argentieri palermitani che realizzarono raffinate opere per la Cappella Palatina di
Palermo si ricordano Tommaso Avagnali (T.A) nel 1632, Antonino La Motta (AL.M) nel 1658), Giuseppe Di
Filippo (GDF) nel 1678, Rocco Ritundo (R*R*) nel 1679, Michelangelo Merendino (MAM) nel 1679, Andrea
Mamingari (A*M) dal 1682 al 1700, Vincenzo Papadopoli (V*P*) nel 1765, Paolo Ribaudo (P.R) nel 1697,
Placido Carini (PC*) nel 1711, Benedetto Perricone (B.P.) nel 1751, Giovanni Duro (GDUR)nel 1754 e 1761,
Domenico La Villa (DLV) nel 1759.
Il 14 aprile 1826 Francesco I con Regio Decreto stabiliva le nuove norme per marchiare l’oro e l’argento,
istituendo le Officine di Garanzia, ufficio preposto alla punzonatura. I marchi dovevano essere tre, quello
del fabbricante (l’orafo o l’argentiere), quello del Saggiatore (che sostituiva la figura del console) e quello
di garanzia costituito dalla testina di Cerere accompagnata da un numero relativo alla caratura del metallo,
uguale per tutta la Sicilia. Scomparivano così non solo l’aquila di Palermo, ma anche gli altri punzoni delle
diverse maestranze di orafi e argentieri della Sicilia, come quello di Messina (lo scudo con croce sormontato
da corona e con ai lati le lettere MS, Messanensis Senatus), che ricorre in due opere del tesoro della
Cappella Palatina, dovute agli argentieri Dieco Rizo (metà XVII sec.) e Pietro Donia (1740).
23
aprile 2014
Lo scrigno di Palermo
Dal 23 aprile al 10 giugno 2014
arte antica
Location
PALAZZO DEI NORMANNI – PALAZZO REALE DI PALERMO
Palermo, Piazza Indipendenza, 1, (Palermo)
Palermo, Piazza Indipendenza, 1, (Palermo)
Biglietti
€ 5,00. L’acquisto del biglietto per la visita al Complesso Monumentale da diritto allo sconto di € 1 al ticket di ingresso alla mostra
Orario di apertura
da lunedì a sabato dalle 8,15 alle 17,40 (ultimo biglietto emesso ore 17,00) domenica e festivi dalle 8,15 alle 13,00 (ultimo biglietto emesso ore 12,15)
Vernissage
23 Aprile 2014, ore 18