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Il Mondo che non c’era
Vita, costumi e cosmogonie delle culture Meso e Sudamericane prima di Colombo, raccontati da 200 opere d’arte.
Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la grande mostra che ci fa conoscere “Il mondo che non c’era”, dagli Olmechi ai Maya, dagli Aztechi agli Inca.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“Queste cose son più belle che delle meraviglie […] Nella mia vita non ho
mai visto cose che mi riempissero di gioia come questi oggetti”. Così scrive
nel 1520 Albrecht Dürer di fronte ai regali di Montezuma a Cortes, giunti a
Bruxelles da quel continente lontano, sconosciuto fino a pochi decenni prima.
Tra la fine del XV e gli albori del XVI secolo l’Europa viene scossa da una
scoperta epocale: le “Indie”, “Il mondo che non c’era”. Un fatto che scardina
la visione culturale del tradizionale asse Roma – Grecia – Oriente;
l’incontro di un nuovo continente e, secondo l’antropologo Claude LéviStrauss,
l’evento forse più importante nella storia dell’umanità.
Dopo il grande successo ottenuto a Firenze e a Rovereto, dal 16 giugno
al 30 ottobre 2017 giunge al MANN Museo Archeologico Nazionale di
Napoli, scrigno di cultura classica, “Il mondo che non c’era” straordinaria
esposizione dedicata alle tante e diverse civiltà precolombiane che
avevano prosperato per migliaia di anni nel continente americano prima
dell’incontro con gli europei.
Dagli Olmechi ai Maya, dagli Aztechi ai Coclé: un’apertura al confronto
tra mondi e culture diverse che ben si colloca nel filone programmatico di
eventi “Classico /Anticlassico” inserito nel piano strategico del MANN dal già
direttore Paolo Giulierini.
Fu il grande esploratore Amerigo Vespucci a comprendere per primo che le
terre incontrate da Cristoforo Colombo nel 1492 non erano isole indiane
al largo del Cipango (Giappone) e neppure le ricercate porte dell’Eden,
ma un “Mundus Novus”, un nuovo continente che pochi anni dopo alcuni
geografi che lavoravano a Saint-Denis des Voges vollero chiamare, in suo
onore, “America”.
Si tratta di culture che in molta parte devono ancora essere studiate e
comprese: annientante, annichilite e ignorate per lunghi anni dopo la
scoperta di quelle terre, da parte dei Conquistadores ammaliati solo dalle
ricchezze materiali, responsabili di stragi e razzie.
Ora un corpus di capolavori straordinari - dalle rarissime maschere
in pietra di Teotihuacan ai vasi Maya d’epoca classica, dalle statuette
antropomorfe della cultura Olmeca, che tanto affascinarono Frida Kahlo
e gli artisti surrealisti, alle Veneri ecuadoriane di Valdivia, dalle sculture
azteche a straordinari oggetti in oro - sarà esposto al pubblico per la
prima volta grazie a questo progetto. Tutto questo è contenuto in una delle
collezioni più complete e importanti in quest’ambito in Italia: la Collezione
Ligabue.
A poco più due anni dalla scomparsa di Giancarlo Ligabue (1931- 2015) -
imprenditore ma anche paleontologo, studioso di archeologia e antropologia,
esploratore e appassionato collezionista - questa esposizione vuole infatti
essere anche un omaggio alla sua figura da parte del figlio Inti Ligabue che,
con la “Fondazione Giancarlo Ligabue” da lui creata, continua l’impegno
nell’attività culturale, nella ricerca scientifica e nella divulgazione, dopo
l’esperienza del Centro Studi e Ricerche fondato oltre 40 anni fa dal padre
Giancarlo.
Oltre infatti ad aver organizzato più di 130 spedizioni in tutti i continenti,
partecipando personalmente agli scavi e alle esplorazioni - con ritrovamenti
memorabili conservati ora nelle collezioni museali dei diversi paesi - Giancarlo
Ligabue ha anche dato vita negli anni, con acquisti mirati, a un’importante
collezione d’oggetti d’arte, espressione di moltissime culture.
Una parte di questa collezione è il cuore della mostra che giunge a
Napoli, curata da Jacques Blazy specialista delle arti pre-ispaniche della
Mesoamerica e dell’America del Sud, e che vanta tra i membri del comitato
scientifico anche André Delpuech, Direttore del Musée de l’Homme-Muséum
d’Histoire Nationale Naturelle di Parigi e già responsabile delle Collezioni
delle Americhe al Musée du quai Branly, e l’archeologo peruviano Federico
Kauffmann Doig anche membri del comitato scientifico della Fondazione
Giancarlo Ligabue.
mai visto cose che mi riempissero di gioia come questi oggetti”. Così scrive
nel 1520 Albrecht Dürer di fronte ai regali di Montezuma a Cortes, giunti a
Bruxelles da quel continente lontano, sconosciuto fino a pochi decenni prima.
Tra la fine del XV e gli albori del XVI secolo l’Europa viene scossa da una
scoperta epocale: le “Indie”, “Il mondo che non c’era”. Un fatto che scardina
la visione culturale del tradizionale asse Roma – Grecia – Oriente;
l’incontro di un nuovo continente e, secondo l’antropologo Claude LéviStrauss,
l’evento forse più importante nella storia dell’umanità.
Dopo il grande successo ottenuto a Firenze e a Rovereto, dal 16 giugno
al 30 ottobre 2017 giunge al MANN Museo Archeologico Nazionale di
Napoli, scrigno di cultura classica, “Il mondo che non c’era” straordinaria
esposizione dedicata alle tante e diverse civiltà precolombiane che
avevano prosperato per migliaia di anni nel continente americano prima
dell’incontro con gli europei.
Dagli Olmechi ai Maya, dagli Aztechi ai Coclé: un’apertura al confronto
tra mondi e culture diverse che ben si colloca nel filone programmatico di
eventi “Classico /Anticlassico” inserito nel piano strategico del MANN dal già
direttore Paolo Giulierini.
Fu il grande esploratore Amerigo Vespucci a comprendere per primo che le
terre incontrate da Cristoforo Colombo nel 1492 non erano isole indiane
al largo del Cipango (Giappone) e neppure le ricercate porte dell’Eden,
ma un “Mundus Novus”, un nuovo continente che pochi anni dopo alcuni
geografi che lavoravano a Saint-Denis des Voges vollero chiamare, in suo
onore, “America”.
Si tratta di culture che in molta parte devono ancora essere studiate e
comprese: annientante, annichilite e ignorate per lunghi anni dopo la
scoperta di quelle terre, da parte dei Conquistadores ammaliati solo dalle
ricchezze materiali, responsabili di stragi e razzie.
Ora un corpus di capolavori straordinari - dalle rarissime maschere
in pietra di Teotihuacan ai vasi Maya d’epoca classica, dalle statuette
antropomorfe della cultura Olmeca, che tanto affascinarono Frida Kahlo
e gli artisti surrealisti, alle Veneri ecuadoriane di Valdivia, dalle sculture
azteche a straordinari oggetti in oro - sarà esposto al pubblico per la
prima volta grazie a questo progetto. Tutto questo è contenuto in una delle
collezioni più complete e importanti in quest’ambito in Italia: la Collezione
Ligabue.
A poco più due anni dalla scomparsa di Giancarlo Ligabue (1931- 2015) -
imprenditore ma anche paleontologo, studioso di archeologia e antropologia,
esploratore e appassionato collezionista - questa esposizione vuole infatti
essere anche un omaggio alla sua figura da parte del figlio Inti Ligabue che,
con la “Fondazione Giancarlo Ligabue” da lui creata, continua l’impegno
nell’attività culturale, nella ricerca scientifica e nella divulgazione, dopo
l’esperienza del Centro Studi e Ricerche fondato oltre 40 anni fa dal padre
Giancarlo.
Oltre infatti ad aver organizzato più di 130 spedizioni in tutti i continenti,
partecipando personalmente agli scavi e alle esplorazioni - con ritrovamenti
memorabili conservati ora nelle collezioni museali dei diversi paesi - Giancarlo
Ligabue ha anche dato vita negli anni, con acquisti mirati, a un’importante
collezione d’oggetti d’arte, espressione di moltissime culture.
Una parte di questa collezione è il cuore della mostra che giunge a
Napoli, curata da Jacques Blazy specialista delle arti pre-ispaniche della
Mesoamerica e dell’America del Sud, e che vanta tra i membri del comitato
scientifico anche André Delpuech, Direttore del Musée de l’Homme-Muséum
d’Histoire Nationale Naturelle di Parigi e già responsabile delle Collezioni
delle Americhe al Musée du quai Branly, e l’archeologo peruviano Federico
Kauffmann Doig anche membri del comitato scientifico della Fondazione
Giancarlo Ligabue.
15
giugno 2017
Il Mondo che non c’era
Dal 15 giugno al 30 ottobre 2017
archeologia
arte etnica
arte etnica
Location
MANN – MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Napoli, Piazza Museo Nazionale, 19, (Napoli)
Napoli, Piazza Museo Nazionale, 19, (Napoli)
Vernissage
15 Giugno 2017, h 11.30 per la stampa su accredito
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Curatore