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Tobias Rehberger – Heaven’s Gate II
Rehberger dà vita con le sue opere a dei veri e propri ambienti. Il cinema e la luce hanno assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più importante nella sua produzione artistica
Comunicato stampa
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La Galleria Giò Marconi è lieta di presentare al pubblico la nuova personale di Tobias Rehberger.
Tobias REHBERGER si è affermato negli anni Novanta come uno dei principali artisti tedeschi della nuova generazione, nonché uno tra i più attivi sulla scena internazionale. Rehberger dà vita con le sue opere a dei veri e propri ambienti avvalendosi della luce, dello spazio, del design, dell’artigianato, del cinema, della moda, della musica, dell’architettura classica e moderna. Il suo lavoro è amichevole, interattivo, utopistico e giocoso ed analizzando gli elementi che determinano la nostra percezione, quella di un’opera d’arte e quella del mondo che ci circonda, fornisce gli strumenti per reinterpretare un oggetto, un luogo, un personaggio conosciuto.
Con le sue installazioni che riconsiderano l’ambiente domestico, trasportando l’estetica della vita quotidiana in una situazione in cui confluiscono arte e design, funzionalità ed immaginazione, Rehberger cerca di evidenziare le contraddizioni interne al sistema dell’arte, e di offrire suggestive vie di fuga alla sua condizione autoreferenziale. Una è la trasformazione dell’opera d’arte in un oggetto avente una funzione al di là del suo presunto valore o significato artistico.
Il cinema e la luce hanno assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più importante nella sua produzione artistica, la luce come elemento che influenza la nostra percezione ma anche un punto di riferimento nello spazio e nel tempo.
La luce è protagonista assoluta dell’installazione al Palais de Tokyo del 2002 Paris Light Bungalow Drawing: realizzata con tubi di alluminio rivestiti di materiale fosforescente e riprendendo la struttura di un bungalow a grandezza naturale, grazie ad un gioco di prospettive, assorbe la luce del giorno per restituirla al calar della sera, e dunque tale da poter essere ammirata solo a partire dal tramonto: così facendo Rehberger coinvolge e invita lo spettatore ad esplorare i rapporti tra il giorno e la notte.
Il rapporto tra la luce ed il fluire del tempo è analizzato in maniera “cinematografica” in 81 years in mostra sempre al Palais de Tokyo, un film digitale della durata di 81 anni e in cui uno speciale programma informatico genera un mix di colori che sono proiettati su uno schermo. Considerando 81 anni come la durata di una vita media di un abitante dei paesi sviluppati, quest’opera offre una prospettiva temporale sull’esistenza di ogni spettatore. Tale durata è stata decisa in modo che nessuno possa vedere mai il film completo. I suoi colori crepuscolari e cangianti evocano il ciclo naturale di vita e morte.
La morte, una parola che fa paura pronunciare, anche solo scrivere: immaginarsi proiettati all’improvviso nel nulla, nel buio più assoluto, in un luogo non definito perché non soggetto alle coordinate spazio-tempo. Rehberger, con le sue opere, ci comunica la sua personale riflessione sull’avvicinamento ad un momento che lui considera importante, concreto, definitivo: in fondo la morte la viviamo quotidianamente, ogni giorno che passa un’infinitesimale parte di noi, muore.
Women’s Murder Library, tre proiezioni video esposte alla GAM di Torino nel 2002, è costituita da mensole di design contemporaneo, da videoregistratori e proiettori che mostrano scene tratte da spezzoni di films diversi, in cui delle donne vengono brutalmente uccise. La sistemazione delle mensole impedisce allo spettatore di entrare direttamente nella stanza e con i monitors seminascosti le scene si possono solo intravedere così come solo una luce riflettente sui muri dietro ai monitors è solo percepibile.
Come altri artisti della sua generazione, tra cui Olafur Eliasson, Angela Bullock, Jorge Pardo e Rirkrit Tiravanija, Rehberger attinge molto per la realizzazione dei suoi lavori allo stile dell’architettura e del design anni ’60 e ’70: un riferimento importante quello al Modernismo, in quanto linguaggio da esplorare e distorcere, come un campo di indagine dove praticare esperimenti intellettuali ed estetici. E il design pare essere il punto di partenza del lavoro di Rehberger, impegnato nel dare nuova configurazione a spazi interni ed esterni. Tra i suoi lavori ci sono installazioni di mobili modificate secondo una strategia di trasformazione e di mutazione dimensionale. In tal modo si analizza la distanza tra l’originale e il suo remake, tra l’oggetto di uso comune e l’opera d’arte. E’ così che la passione per il design, di cui peraltro l’artista trasgredisce regole e confini in una progettazione libera e arbitraria che gioca con funzioni e dimensioni, si trasforma in pratica artistica.
Rehberger in molte occasioni coinvolge altre persone nella progettazione e realizzazione dei suoi lavori. Disegna a memoria alcuni pezzi famosi nella storia del design (la sedia di Rietveld o lo sgabello di Alvar Aalto) e ne affida la realizzazione ad artigiani del Camerun, creando un corto circuito tra differenti culture e andando quasi in cerca del fraintendimento dell’oggetto; è anche il caso delle automobili, sei in tutto realizzate, auto di lusso tra cui Mercedes, Porsche e Maserati esposte nella personale al Museum fur Neue Kunst, ZKM di Karlsruhe nel 2002. Sulla base di schizzi tracciati a memoria Rehberger ha fatto realizzare repliche di famosi modelli di una Porsche 911 e di una McLaren F1, automobili “da sogno”, servendosi di meccanici e carrozzieri tailandesi, abili specialisti in falsi di tutti i generi: le due macchine sono ritratti delle auto che le hanno ispirate.
Nelle sue opere spesso compaiono elementi per sedersi, per sdraiarsi e proposte d’arredamento, dove il design ha la stessa importanza della funzionalità e della provenienza storica e geografica dell’oggetto. Oltre a creazioni nuove riferite a luoghi o persone vi sono opere che riprendono forme artistiche già esistenti sottoponendole a un processo di trasformazione. Ad es. al Museum Fridericianum a Kassel nel 1995 ha riprodotto in scala minore sedie, sgabelli e panche che aveva trovato nelle fotografie della prima Documenta.
Alla Biennale di Venezia del 1997, che gli ha tra l’altro conferito un premio speciale, le guardie, sotto l’uniforme, indossavano biancheria intima disegnata dall’artista, ma in assenza di una comunicazione ufficiale, nessuno lo sapeva. La sua intenzione fu quella di realizzare un’opera d’arte che esistesse solo come passaparola. Non c’era nessuna comunicazione a riguardo e i pochi che ne erano al corrente non sono riusciti a convincere i guardiani a togliersi i pantaloni.
Al Padiglione Italia dell’ultima Biennale di Venezia del 2003 la sua installazione 7 Ends of the Worlds era collegata a sette punti esterni alla mostra. L’illuminazione dell’ambiente creato – 111 lampade soffiate in vetro di Murano – era legata via Internet a fenomeni atmosferici in terre lontane: una cima dell’Himalaya, un fast food sperduto di Kyoto, un campo di zucche in un villaggio della Romania; le luci dunque si accendevano e spegnevano al di là del volere dell’artista.
La personale alla Galleria Giò Marconi includerà una nuova grande scultura architettonica che dominerà l’intero salone del piano terra; nelle sale adiacenti grandi e colorate digital prints alle pareti, soffitti costellati di lampade fluorescenti e di carta, e ancora alle pareti studio windows, silhouettes di finestre fatte di MDF e perspex colorato che esattamente rispecchiano l’ambiente dello studio dell’artista a Francoforte e recentemente esposte nella prima personale dell’artista a Londra alla Whitechapel.
E ancora origami flowers mini sculture floreali bicolori fatte di carta e gomma poste su basamenti in legno e attraversate all’interno da filo metallico.
Tobias Rehberger è nato ad Esslingen nel 1966 e attualmente vive e lavora a Francoforte.
Tra le personali più significative si ricordano quelle al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 2000 (The Sun from Above); alla Staatliche Kunstahalle di Baden-Baden nel 2001 (Do Not Eat Industrially Produced Eggs); al Museo Serralves di Oporto nel 2002 (Prescricoes, descricoes, receitas e recibos); alla Fundacío La Caixa di Barcellona nel 2002 (Treballant/Trabajando/Arbeitend); allo ZKM di Karlsruhe nel 2002 (gelaut-bis ichs hhor); al Palais de Tokyo di Parigi nel 2002 (Night Shift); alla Whitechapel di Londra nel 2004 (Private Matters). Tra le collettive si ricordano quelle del 1997 al Guggenheim Museum di New York (Rooms with a View: Environments for Video); nel 2000 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (M&M) e all’ICA di Londra (Assuming Positions); all’Hamburger Kunsthalle (ein raumen-Arbeiten im Museum) e al Moderna Museeet di Stoccolma nel 2000 (What if); alla Schirn Kunstalle di Francoforte nel 2001 (Frankfurter Kreuz).
Ha inoltre partecipato alle Biennali di Venezia del 1997 e 2003, alla Berlin Biennial del 1998, a Portikus nel 2001.
Da ottobre a dicembre 2005 si inaugurerà una grande mostra al Palacio de Cristal al Reina Sofia di Madrid.
Le opere di Tobias Rehberger sono presenti all’interno delle seguenti collezioni: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Centre George Pompidou ((Parigi), Hamburger Kunsthalle (Amburgo), Kunstmuseum Wolfsburg (Wolfsburg), Museo Nazionale Reina Sofia (Madrid), Museum fur Moderne Kunst (Francoforte), Collezione Deutsche Bank (Francoforte), Collezione Miuccia Prada (Milano).
Tobias REHBERGER si è affermato negli anni Novanta come uno dei principali artisti tedeschi della nuova generazione, nonché uno tra i più attivi sulla scena internazionale. Rehberger dà vita con le sue opere a dei veri e propri ambienti avvalendosi della luce, dello spazio, del design, dell’artigianato, del cinema, della moda, della musica, dell’architettura classica e moderna. Il suo lavoro è amichevole, interattivo, utopistico e giocoso ed analizzando gli elementi che determinano la nostra percezione, quella di un’opera d’arte e quella del mondo che ci circonda, fornisce gli strumenti per reinterpretare un oggetto, un luogo, un personaggio conosciuto.
Con le sue installazioni che riconsiderano l’ambiente domestico, trasportando l’estetica della vita quotidiana in una situazione in cui confluiscono arte e design, funzionalità ed immaginazione, Rehberger cerca di evidenziare le contraddizioni interne al sistema dell’arte, e di offrire suggestive vie di fuga alla sua condizione autoreferenziale. Una è la trasformazione dell’opera d’arte in un oggetto avente una funzione al di là del suo presunto valore o significato artistico.
Il cinema e la luce hanno assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più importante nella sua produzione artistica, la luce come elemento che influenza la nostra percezione ma anche un punto di riferimento nello spazio e nel tempo.
La luce è protagonista assoluta dell’installazione al Palais de Tokyo del 2002 Paris Light Bungalow Drawing: realizzata con tubi di alluminio rivestiti di materiale fosforescente e riprendendo la struttura di un bungalow a grandezza naturale, grazie ad un gioco di prospettive, assorbe la luce del giorno per restituirla al calar della sera, e dunque tale da poter essere ammirata solo a partire dal tramonto: così facendo Rehberger coinvolge e invita lo spettatore ad esplorare i rapporti tra il giorno e la notte.
Il rapporto tra la luce ed il fluire del tempo è analizzato in maniera “cinematografica” in 81 years in mostra sempre al Palais de Tokyo, un film digitale della durata di 81 anni e in cui uno speciale programma informatico genera un mix di colori che sono proiettati su uno schermo. Considerando 81 anni come la durata di una vita media di un abitante dei paesi sviluppati, quest’opera offre una prospettiva temporale sull’esistenza di ogni spettatore. Tale durata è stata decisa in modo che nessuno possa vedere mai il film completo. I suoi colori crepuscolari e cangianti evocano il ciclo naturale di vita e morte.
La morte, una parola che fa paura pronunciare, anche solo scrivere: immaginarsi proiettati all’improvviso nel nulla, nel buio più assoluto, in un luogo non definito perché non soggetto alle coordinate spazio-tempo. Rehberger, con le sue opere, ci comunica la sua personale riflessione sull’avvicinamento ad un momento che lui considera importante, concreto, definitivo: in fondo la morte la viviamo quotidianamente, ogni giorno che passa un’infinitesimale parte di noi, muore.
Women’s Murder Library, tre proiezioni video esposte alla GAM di Torino nel 2002, è costituita da mensole di design contemporaneo, da videoregistratori e proiettori che mostrano scene tratte da spezzoni di films diversi, in cui delle donne vengono brutalmente uccise. La sistemazione delle mensole impedisce allo spettatore di entrare direttamente nella stanza e con i monitors seminascosti le scene si possono solo intravedere così come solo una luce riflettente sui muri dietro ai monitors è solo percepibile.
Come altri artisti della sua generazione, tra cui Olafur Eliasson, Angela Bullock, Jorge Pardo e Rirkrit Tiravanija, Rehberger attinge molto per la realizzazione dei suoi lavori allo stile dell’architettura e del design anni ’60 e ’70: un riferimento importante quello al Modernismo, in quanto linguaggio da esplorare e distorcere, come un campo di indagine dove praticare esperimenti intellettuali ed estetici. E il design pare essere il punto di partenza del lavoro di Rehberger, impegnato nel dare nuova configurazione a spazi interni ed esterni. Tra i suoi lavori ci sono installazioni di mobili modificate secondo una strategia di trasformazione e di mutazione dimensionale. In tal modo si analizza la distanza tra l’originale e il suo remake, tra l’oggetto di uso comune e l’opera d’arte. E’ così che la passione per il design, di cui peraltro l’artista trasgredisce regole e confini in una progettazione libera e arbitraria che gioca con funzioni e dimensioni, si trasforma in pratica artistica.
Rehberger in molte occasioni coinvolge altre persone nella progettazione e realizzazione dei suoi lavori. Disegna a memoria alcuni pezzi famosi nella storia del design (la sedia di Rietveld o lo sgabello di Alvar Aalto) e ne affida la realizzazione ad artigiani del Camerun, creando un corto circuito tra differenti culture e andando quasi in cerca del fraintendimento dell’oggetto; è anche il caso delle automobili, sei in tutto realizzate, auto di lusso tra cui Mercedes, Porsche e Maserati esposte nella personale al Museum fur Neue Kunst, ZKM di Karlsruhe nel 2002. Sulla base di schizzi tracciati a memoria Rehberger ha fatto realizzare repliche di famosi modelli di una Porsche 911 e di una McLaren F1, automobili “da sogno”, servendosi di meccanici e carrozzieri tailandesi, abili specialisti in falsi di tutti i generi: le due macchine sono ritratti delle auto che le hanno ispirate.
Nelle sue opere spesso compaiono elementi per sedersi, per sdraiarsi e proposte d’arredamento, dove il design ha la stessa importanza della funzionalità e della provenienza storica e geografica dell’oggetto. Oltre a creazioni nuove riferite a luoghi o persone vi sono opere che riprendono forme artistiche già esistenti sottoponendole a un processo di trasformazione. Ad es. al Museum Fridericianum a Kassel nel 1995 ha riprodotto in scala minore sedie, sgabelli e panche che aveva trovato nelle fotografie della prima Documenta.
Alla Biennale di Venezia del 1997, che gli ha tra l’altro conferito un premio speciale, le guardie, sotto l’uniforme, indossavano biancheria intima disegnata dall’artista, ma in assenza di una comunicazione ufficiale, nessuno lo sapeva. La sua intenzione fu quella di realizzare un’opera d’arte che esistesse solo come passaparola. Non c’era nessuna comunicazione a riguardo e i pochi che ne erano al corrente non sono riusciti a convincere i guardiani a togliersi i pantaloni.
Al Padiglione Italia dell’ultima Biennale di Venezia del 2003 la sua installazione 7 Ends of the Worlds era collegata a sette punti esterni alla mostra. L’illuminazione dell’ambiente creato – 111 lampade soffiate in vetro di Murano – era legata via Internet a fenomeni atmosferici in terre lontane: una cima dell’Himalaya, un fast food sperduto di Kyoto, un campo di zucche in un villaggio della Romania; le luci dunque si accendevano e spegnevano al di là del volere dell’artista.
La personale alla Galleria Giò Marconi includerà una nuova grande scultura architettonica che dominerà l’intero salone del piano terra; nelle sale adiacenti grandi e colorate digital prints alle pareti, soffitti costellati di lampade fluorescenti e di carta, e ancora alle pareti studio windows, silhouettes di finestre fatte di MDF e perspex colorato che esattamente rispecchiano l’ambiente dello studio dell’artista a Francoforte e recentemente esposte nella prima personale dell’artista a Londra alla Whitechapel.
E ancora origami flowers mini sculture floreali bicolori fatte di carta e gomma poste su basamenti in legno e attraversate all’interno da filo metallico.
Tobias Rehberger è nato ad Esslingen nel 1966 e attualmente vive e lavora a Francoforte.
Tra le personali più significative si ricordano quelle al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 2000 (The Sun from Above); alla Staatliche Kunstahalle di Baden-Baden nel 2001 (Do Not Eat Industrially Produced Eggs); al Museo Serralves di Oporto nel 2002 (Prescricoes, descricoes, receitas e recibos); alla Fundacío La Caixa di Barcellona nel 2002 (Treballant/Trabajando/Arbeitend); allo ZKM di Karlsruhe nel 2002 (gelaut-bis ichs hhor); al Palais de Tokyo di Parigi nel 2002 (Night Shift); alla Whitechapel di Londra nel 2004 (Private Matters). Tra le collettive si ricordano quelle del 1997 al Guggenheim Museum di New York (Rooms with a View: Environments for Video); nel 2000 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (M&M) e all’ICA di Londra (Assuming Positions); all’Hamburger Kunsthalle (ein raumen-Arbeiten im Museum) e al Moderna Museeet di Stoccolma nel 2000 (What if); alla Schirn Kunstalle di Francoforte nel 2001 (Frankfurter Kreuz).
Ha inoltre partecipato alle Biennali di Venezia del 1997 e 2003, alla Berlin Biennial del 1998, a Portikus nel 2001.
Da ottobre a dicembre 2005 si inaugurerà una grande mostra al Palacio de Cristal al Reina Sofia di Madrid.
Le opere di Tobias Rehberger sono presenti all’interno delle seguenti collezioni: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Centre George Pompidou ((Parigi), Hamburger Kunsthalle (Amburgo), Kunstmuseum Wolfsburg (Wolfsburg), Museo Nazionale Reina Sofia (Madrid), Museum fur Moderne Kunst (Francoforte), Collezione Deutsche Bank (Francoforte), Collezione Miuccia Prada (Milano).
07
aprile 2005
Tobias Rehberger – Heaven’s Gate II
Dal 07 aprile al 07 maggio 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA GIO’ MARCONI
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
Orario di apertura
da martedi a sabato 10,30-12,30 e 15,30-19
Vernissage
7 Aprile 2005, ore 19
Ufficio stampa
CRISTINA PARISET
Autore