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Adrian Paci – Raccontare
Il tema dell’emigrazione, e con esso quello del ricordo, è l’asse portante della mostra dedicata all’artista albanese Adrian Paci che inaugura a Modena la sua prima antologica personale italiana all’interno di uno spazio pubblico
Comunicato stampa
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Possiamo essere nomadi per necessità, per vocazione, o per caso. Spesso è il destino che sceglie per noi e decide la nostra strada. Quale che sia il caso di ciascuno, l'abbandono delle nostre radici ci accompagna nel nostro viaggio per il mondo con il suo bagaglio carico di dolore e nostalgia, nonostante l'entusiasmo del nuovo, sentimenti che si aggiungono a un vissuto incerto, perchè non conosciamo ciò che ci aspetta, e che ritornano nella memoria e nel suo racconto.
Il tema dell'emigrazione, e con esso quello del ricordo, è l'asse portante della mostra dedicata all'artista albanese Adrian Paci che inaugura a Modena la sua prima antologica personale italiana all'interno di uno spazio pubblico. La personale giunge dopo la recente affermazione alla cinquantunesima edizione della Biennale di Venezia e i numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui i momenti espositivi al PS1 di New York e una presentazione dell'opera al Museum of Modern Art di New York.
La Sala Grande e le Sale Nuove di Palazzo Santa Margherita ospiteranno a partire da domenica 14 maggio, con inaugurazione alle 12, installazioni, sculture-autoritratto, fotografie, video e dipinti, una declinazione di tecniche che testimonia un forte eclettismo tecnico: allevato alla scuola del realismo socialista albanese, l'artista ha una mano pittorica che sovente dismette a favore di altre modalità per narrare.
La mostra, organizzata e prodotta dalla Galleria Civica di Modena con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena è a cura di Angela Vettese.
Nato in Albania nel 1969, Adrian Paci oggi vive e lavora a Milano. La sua formazione classica gli ha consentito di trarre dal video del suo matrimonio magistrali dipinti in stile realistico e di destreggiarsi con fotografie, sculture, video e qualsiasi altra tecnica, a dimostrazione del fatto che la tecnica, in generale, non è più un elemento di discrimine per giudicare quale sia l'arte buona. Ciò determina una grande libertà di espressione che può trasformarsi anche in una perdita perchè l'artista non può più contare sul conforto che viene dal sapere cosa si deve fare e perchè.
Di niente si può dire esattamente che non possa essere arte; persino un certificato di morte falso, in passato, è stato considerato tale. L'artista quindi non ha un luogo teorico dove stare: è forzatamente un nomade del concetto, condizione che sottolinea e rafforza il caso della vita per il quale Paci, emigrato dall'Albania, è anche un transfuga dalla sua terra. La perdita della patria, con la sua dose di lutto e l'incertezza riguardo alle nuove regole da mandare a memoria e rispettare, dà luogo a sentimenti analoghi nella vita quotidiana come nella concezione dell'arte.
Questo stato nomadico, che dalla sfera personale slitta in quella disciplinare e viceversa, ha trovato un'espressione ancora più sintetica ed efficace nella serie di immagini in cui Paci si mostra con un tetto ribaltato sulle sue spalle: si tratta di una serie di fotografie e di una scultura di resina che ricalca il corpo dell'artista.
Abbandonare quello che ci è caro è un sacrificio che spesso ci viene chiesto, come il Dio biblico chiese ad Abramo di uccidere ciò che aveva di più caro al mondo, il figlio Isacco. Nell'esistenza comune però la nostra mano non viene fermata da un atto divino e misericordioso: ammazziamo certezze e abbracciamo il dubbio, abbandoniamo strade note per percorrere sentieri nuovi e duri, ci priviamo della patria, delle persone più amate e delle idee più radicate perchè qualche necessità ci spinge a farlo.
Ciò che racconta Adrian Paci, superando la sua vicenda individuale e giungendo a descrivere una condizione universale dell'uomo contemporaneo, sembra questo: un impulso insopprimibile a cambiare luogo, contesto, lingua, idea dell'arte e quant'altro, in un atto sorretto da qualche fede, ma senza compenso certo.
Mostre personali
2005, PS1, Museum of Modern Art, New York, a cura di Amy Stewart
Shoot the Family, mostra itinerante tra Stati Uniti e Canada, a cura di Ralph Rugoff
2005, Home to Go, Yale University, New Haven, CT
Perspective 147: Adrian Paci, Contemporary Arts Museum Houston, a cura di Paola Morsiani
MC, Los Angeles
Galerie Peter Kilchmann, Zurich
Moderna Museet, Stockholm
Exit Gallery, Peje, Kosove
2004, Galleria Francesca Kaufmann, Milano
Via Farini, Milano
2003, Baltic Art Center, Gotland
Galerie Peter Kilchmann, Zurich
2002, Galleria Francesca Kaufmann, Milano
Galleria Irida, Sofia
Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, GAMeC, Bergamo
Claudio Poleschi, Lucca, a cura di Angela Vettese
2001, Bildmuseet, Umea, Sweden
Fondazione Lanfranco Baldi, Firenze
Home Sweet Home, Artropia, Milano
1996, National Gallery of Art, Tirana
Il tema dell'emigrazione, e con esso quello del ricordo, è l'asse portante della mostra dedicata all'artista albanese Adrian Paci che inaugura a Modena la sua prima antologica personale italiana all'interno di uno spazio pubblico. La personale giunge dopo la recente affermazione alla cinquantunesima edizione della Biennale di Venezia e i numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui i momenti espositivi al PS1 di New York e una presentazione dell'opera al Museum of Modern Art di New York.
La Sala Grande e le Sale Nuove di Palazzo Santa Margherita ospiteranno a partire da domenica 14 maggio, con inaugurazione alle 12, installazioni, sculture-autoritratto, fotografie, video e dipinti, una declinazione di tecniche che testimonia un forte eclettismo tecnico: allevato alla scuola del realismo socialista albanese, l'artista ha una mano pittorica che sovente dismette a favore di altre modalità per narrare.
La mostra, organizzata e prodotta dalla Galleria Civica di Modena
Nato in Albania nel 1969, Adrian Paci oggi vive e lavora a Milano. La sua formazione classica gli ha consentito di trarre dal video del suo matrimonio magistrali dipinti in stile realistico e di destreggiarsi con fotografie, sculture, video e qualsiasi altra tecnica, a dimostrazione del fatto che la tecnica, in generale, non è più un elemento di discrimine per giudicare quale sia l'arte buona. Ciò determina una grande libertà di espressione che può trasformarsi anche in una perdita perchè l'artista non può più contare sul conforto che viene dal sapere cosa si deve fare e perchè.
Di niente si può dire esattamente che non possa essere arte; persino un certificato di morte falso, in passato, è stato considerato tale. L'artista quindi non ha un luogo teorico dove stare: è forzatamente un nomade del concetto, condizione che sottolinea e rafforza il caso della vita per il quale Paci, emigrato dall'Albania, è anche un transfuga dalla sua terra. La perdita della patria, con la sua dose di lutto e l'incertezza riguardo alle nuove regole da mandare a memoria e rispettare, dà luogo a sentimenti analoghi nella vita quotidiana come nella concezione dell'arte.
Questo stato nomadico, che dalla sfera personale slitta in quella disciplinare e viceversa, ha trovato un'espressione ancora più sintetica ed efficace nella serie di immagini in cui Paci si mostra con un tetto ribaltato sulle sue spalle: si tratta di una serie di fotografie e di una scultura di resina che ricalca il corpo dell'artista.
Abbandonare quello che ci è caro è un sacrificio che spesso ci viene chiesto, come il Dio biblico chiese ad Abramo di uccidere ciò che aveva di più caro al mondo, il figlio Isacco. Nell'esistenza comune però la nostra mano non viene fermata da un atto divino e misericordioso: ammazziamo certezze e abbracciamo il dubbio, abbandoniamo strade note per percorrere sentieri nuovi e duri, ci priviamo della patria, delle persone più amate e delle idee più radicate perchè qualche necessità ci spinge a farlo.
Ciò che racconta Adrian Paci, superando la sua vicenda individuale e giungendo a descrivere una condizione universale dell'uomo contemporaneo, sembra questo: un impulso insopprimibile a cambiare luogo, contesto, lingua, idea dell'arte e quant'altro, in un atto sorretto da qualche fede, ma senza compenso certo.
Mostre personali
2005, PS1, Museum of Modern Art, New York, a cura di Amy Stewart
Shoot the Family, mostra itinerante tra Stati Uniti e Canada, a cura di Ralph Rugoff
2005, Home to Go, Yale University, New Haven, CT
Perspective 147: Adrian Paci, Contemporary Arts Museum Houston, a cura di Paola Morsiani
MC, Los Angeles
Galerie Peter Kilchmann, Zurich
Moderna Museet, Stockholm
Exit Gallery, Peje, Kosove
2004, Galleria Francesca Kaufmann, Milano
Via Farini, Milano
2003, Baltic Art Center, Gotland
Galerie Peter Kilchmann, Zurich
2002, Galleria Francesca Kaufmann, Milano
Galleria Irida, Sofia
Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, GAMeC, Bergamo
Claudio Poleschi, Lucca, a cura di Angela Vettese
2001, Bildmuseet, Umea, Sweden
Fondazione Lanfranco Baldi, Firenze
Home Sweet Home, Artropia, Milano
1996, National Gallery of Art, Tirana
14
maggio 2006
Adrian Paci – Raccontare
Dal 14 maggio al 16 luglio 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA CIVICA DI MODENA – PALAZZO SANTA MARGHERITA
Modena, Corso Canalgrande, 103, (Modena)
Modena, Corso Canalgrande, 103, (Modena)
Orario di apertura
mercoledì, giovedì e venerdì 10,30-13,00; 16,00-20,00 / sabato, domenica e festivi 10,30-19,00 / chiuso lunedì e martedì
Vernissage
14 Maggio 2006, ore 12
Editore
CHARTA
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Autore
Curatore