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Emanuele Dottori – Villa Fiorita
Questo ciclo di Villa Fiorita (sono in mostra dieci quadri, ma i tentativi sono almeno il doppio) ha avuto per me il valore di un’allenamento, di un passaggio obbligato
Comunicato stampa
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Villa fiorita non è solo lo strano nome di una stazione della metropolitana milanese… è uno scarno tempio della modernità, è una sproporzione tra altezza e lunghezza, sono due bianchissime tettoie volanti, è una rampa di scale in cemento armato: queste sono le cose che mi hanno colpito e anche se ho “finito” di dipingerla ogni volta la guardo, dal ponte sopra i binari, tornando dallo studio, e mi rapisce nuovamente. Dipinta, o meglio, studiata ossessivamente, assiduamente, anche quando ci passavo per caso non perdevo occasione per contare, verificare, osservare, sezionare, misurare, già correggere mentalmente i quadri e pensare al prossimo…
Volevo vederla tutta, conoscerla tutta, possederla tutta, come potendola tenere in mano e mostrarne gli aspetti reconditi a mio piacimento.
E’ il metodo dell’anatomia artistica: guardare il corpo “con i raggi x” per ricostruire dall’interno la struttura, i punti principali, le linee forza, le sezioni, le linee anatoniche, le ossa, i muscoli. Disegnare la figura e le singole parti allo sfinimento, finchè non si possiedono graficamente da tutti i lati. E se non conosci un dato aspetto…lo disegni, finchè non è tuo! E’ doloroso, ma istruttivo.
Questo metodo è per me un esigenza: non riuscirei, mi sembrrebbe superficiale dipingere un’architettura senza conoscere i suoi rapporti, dove si trova, l’intima sua struttura, come fa a stare impiedi. Non mi basta “ricopiarla”, voglio conoscerla. E’ come un amore.
Tutti i miei lavori non hanno però una genesi così razionale, anzi: tutto parte da una tensione. E’ una tensione che io sento nell’oggetto e che voglio riproporre, forzare: guardo il foglio bianco immaginando come e dove metterò la stazione, ruotandola mentalmente, cercando l’aspetto non ancora indagato. Poi si parte, di getto, con la grafite, respirando forte perché molto dipende da questi primi momenti: i piani, poi con la trementina sporca i volumi, acrilico per iniziare a pulire i confini… via via fino a dove ti porta il lavoro.
Questo ciclo di Villa Fiorita (sono in mostra dieci quadri, ma i tentativi sono almeno il doppio) ha avuto per me il valore di un’allenamento, di un passaggio obbligato, e nella fase definitiva –la più dura- è stato una medicina amara quanto mai salutare: ne sto raccogliendo i frutti con i nuovi lavori riguardanti il grattacielo Pirelli. L’apparente rigidità e freddezza di Villa Fiorita è stata condizione necessaria e indispensabile per poter mettere la parola fine ad uno ad uno su tutti i lavori, a qualsiasi costo.
Volevo vederla tutta, conoscerla tutta, possederla tutta, come potendola tenere in mano e mostrarne gli aspetti reconditi a mio piacimento.
E’ il metodo dell’anatomia artistica: guardare il corpo “con i raggi x” per ricostruire dall’interno la struttura, i punti principali, le linee forza, le sezioni, le linee anatoniche, le ossa, i muscoli. Disegnare la figura e le singole parti allo sfinimento, finchè non si possiedono graficamente da tutti i lati. E se non conosci un dato aspetto…lo disegni, finchè non è tuo! E’ doloroso, ma istruttivo.
Questo metodo è per me un esigenza: non riuscirei, mi sembrrebbe superficiale dipingere un’architettura senza conoscere i suoi rapporti, dove si trova, l’intima sua struttura, come fa a stare impiedi. Non mi basta “ricopiarla”, voglio conoscerla. E’ come un amore.
Tutti i miei lavori non hanno però una genesi così razionale, anzi: tutto parte da una tensione. E’ una tensione che io sento nell’oggetto e che voglio riproporre, forzare: guardo il foglio bianco immaginando come e dove metterò la stazione, ruotandola mentalmente, cercando l’aspetto non ancora indagato. Poi si parte, di getto, con la grafite, respirando forte perché molto dipende da questi primi momenti: i piani, poi con la trementina sporca i volumi, acrilico per iniziare a pulire i confini… via via fino a dove ti porta il lavoro.
Questo ciclo di Villa Fiorita (sono in mostra dieci quadri, ma i tentativi sono almeno il doppio) ha avuto per me il valore di un’allenamento, di un passaggio obbligato, e nella fase definitiva –la più dura- è stato una medicina amara quanto mai salutare: ne sto raccogliendo i frutti con i nuovi lavori riguardanti il grattacielo Pirelli. L’apparente rigidità e freddezza di Villa Fiorita è stata condizione necessaria e indispensabile per poter mettere la parola fine ad uno ad uno su tutti i lavori, a qualsiasi costo.
04
maggio 2006
Emanuele Dottori – Villa Fiorita
Dal 04 al 14 maggio 2006
arte contemporanea
Location
GHEROARTE’
Corsico, Via Antonio Gramsci, 4, (Milano)
Corsico, Via Antonio Gramsci, 4, (Milano)
Orario di apertura
martedì - domenica 16-20
Vernissage
4 Maggio 2006, ore 19
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