Paesaggi incontaminati e sconfinate distese di colore scandiscono uno spazio profondo che caratterizza una terra selvaggia e affascinante. Accompagnate da un ritmo lento e coinvolgente, si distendono, con purezza quasi infantile, le tankas che per l’artista rappresentano, nel loro aspetto più immediato, se osservate dall’alto, le naturali suddivisioni del terreno. Nelle ampie campiture, dove la sintesi e il trattamento delle forme e dei colori evoca alla memoria il senso della composizione degli artisti fauves, uomo e ambiente, cielo e terra si fondono come in una naturale simbiosi. Il colore qui assume un valore primario, non ha più il significato di riempire una forma disegnata ma esso stesso diventa forma capace di suscitare sensazioni emotive. In questo momento di alta espressione concettuale, si concepisce l’importanza e il valore che l’artista attribuisce alla Sardegna, al silenzio delle sconfinate pianure, alla presenza sommessa dei suoi abitanti, all’atmosfera bianca e polverosa che si manifesta quando soffia lo scirocco. Nella pur ristretta gamma cromatica ogni colore ha il suo spazio e la sua identità: il bianco si distende affianco al rosso e al verde mentre il nero s’infila con gesto impetuoso tra una campitura e l’altra dove tutto sembra fermo e immobile. In realtà, attraverso la serenità delle linee e dei colori, la solarità del paesaggio brullo e nostalgico, l’immobilità del cielo, si percepisce il movimento della natura nascosto sotto terra, dietro i minutissimi alberi sulle basse colline o dietro il volo di uno stormo di rondini che viaggia, libero, verso paesi lontani.



Erica Olmetto