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Manlio Remorini – Jamais le Dimanche
personale di fotografia
Comunicato stampa
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“La gente crede nella realtà della fotografia, ma non in quella della pittura; il che dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia”1. Sempre acuto Duane Michals.
E Lewis Hine allora? “Se la fotografia non può mentire, i bugiardi possono fotografare”2. E lo diceva nel 1909.
E Cartier-Bresson, subito pronto a fare il primo della classe: “Il nostro compito è percepire la realtà e quasi simultaneamente registrarla… Non dobbiamo cercare di manipolare la realtà mentre scattiamo”3.
Riassumendo: la gente crede che nelle foto ci sia la realtà; lo credono anche i fotografi che, quindi, non dovrebbero cercare di modificarla. Ma ci sono dei bugiardi che fotografano.
Ergo, la fotografia contiene la realtà se il fotografo è un bravo ragazzo.
Categoria, quest’ultima, noiosa oltre che pericolosa.
Manlio Remorini non è un bravo ragazzo. (Non me ne voglia, gli sto facendo un complimento). Intanto perché non è noioso, né come fotografo né come persona. E poi perché ha il gusto supremo dello sberleffo, dell’ironia, magari un po’ (tanto) cattivella. Ma quando ci vuole, ci vuole. E in questo mondo balzano e squinternato, ci vuole sempre di più, l’ironia.
Per vivere. Per sopravvivere. Per non farsi intaccare dal cattivo gusto e dall’ottusità, dal “perbenismo interessato, l’umanità fatta di niente, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto”, e questo lo cantava il grande Francesco Guccini (anzi lo scriveva Guccini e lo cantava il grandissimo Augusto Daolio) il secolo scorso, un sacco di anni fa. Ora è peggio, altro che “una politica che è solo far carriera”, qui se Dio muore non risorge.
Ma torniamo a noi.
Manlio Remorini non è un bravo ragazzo, dicevo. Quindi, a dar retta ai parrucconi del reportage umanista, nelle sue foto non c’è la realtà.
È vero. Non c’è la realtà che vorrebbero loro. Come non c’era, a sentir sempre loro, in The Americans di Robert Frank o nei romanzi di Henry Miller. A quelli lì, fargli balenare che non ci si casca nei loro giochetti, che si sa che il re è nudo (e pure uno spettacolo penoso da guardare) mica piace.
Perché, se no, i politici avrebbero tanta paura (ce l’hanno, ce l’hanno, anche quando abbozzano e fanno finta di nulla) dei comici e della satira, quella vera, pungente e sputtanante? Quella che svela il trucco, che toglie il velo dagli occhi, che ci fa vedere la bruttezza del conformismo, della massificazione, del vendersi l’anima per quattro soldi di benessere (benessere? Benessere?). Vai Manlio. Massacra senza pietà.
Bruno Boveri
E Lewis Hine allora? “Se la fotografia non può mentire, i bugiardi possono fotografare”2. E lo diceva nel 1909.
E Cartier-Bresson, subito pronto a fare il primo della classe: “Il nostro compito è percepire la realtà e quasi simultaneamente registrarla… Non dobbiamo cercare di manipolare la realtà mentre scattiamo”3.
Riassumendo: la gente crede che nelle foto ci sia la realtà; lo credono anche i fotografi che, quindi, non dovrebbero cercare di modificarla. Ma ci sono dei bugiardi che fotografano.
Ergo, la fotografia contiene la realtà se il fotografo è un bravo ragazzo.
Categoria, quest’ultima, noiosa oltre che pericolosa.
Manlio Remorini non è un bravo ragazzo. (Non me ne voglia, gli sto facendo un complimento). Intanto perché non è noioso, né come fotografo né come persona. E poi perché ha il gusto supremo dello sberleffo, dell’ironia, magari un po’ (tanto) cattivella. Ma quando ci vuole, ci vuole. E in questo mondo balzano e squinternato, ci vuole sempre di più, l’ironia.
Per vivere. Per sopravvivere. Per non farsi intaccare dal cattivo gusto e dall’ottusità, dal “perbenismo interessato, l’umanità fatta di niente, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto”, e questo lo cantava il grande Francesco Guccini (anzi lo scriveva Guccini e lo cantava il grandissimo Augusto Daolio) il secolo scorso, un sacco di anni fa. Ora è peggio, altro che “una politica che è solo far carriera”, qui se Dio muore non risorge.
Ma torniamo a noi.
Manlio Remorini non è un bravo ragazzo, dicevo. Quindi, a dar retta ai parrucconi del reportage umanista, nelle sue foto non c’è la realtà.
È vero. Non c’è la realtà che vorrebbero loro. Come non c’era, a sentir sempre loro, in The Americans di Robert Frank o nei romanzi di Henry Miller. A quelli lì, fargli balenare che non ci si casca nei loro giochetti, che si sa che il re è nudo (e pure uno spettacolo penoso da guardare) mica piace.
Perché, se no, i politici avrebbero tanta paura (ce l’hanno, ce l’hanno, anche quando abbozzano e fanno finta di nulla) dei comici e della satira, quella vera, pungente e sputtanante? Quella che svela il trucco, che toglie il velo dagli occhi, che ci fa vedere la bruttezza del conformismo, della massificazione, del vendersi l’anima per quattro soldi di benessere (benessere? Benessere?). Vai Manlio. Massacra senza pietà.
Bruno Boveri
08
maggio 2006
Manlio Remorini – Jamais le Dimanche
Dall'otto al 13 maggio 2006
fotografia
Location
LIBRERIA HOEPLI
Milano, Via Ulrico Hoepli, 5, (Milano)
Milano, Via Ulrico Hoepli, 5, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10-19,30
Vernissage
8 Maggio 2006, ore 17,30
Autore