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Alessandra Guolla – Panta rei
Personale
Comunicato stampa
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Si semina un corpo naturale
e risorge un corpo spirituale…
Paolo di Tarso prima lettera ai Corinzi
Alle donne artiste, fino ai primi del 900, era concesso di dipingere fiori, animali, fare ritratti ma non potevano accedere all’idea di corpo classica come copia dal vero del modello. Il corpo, apparteneva all’esperienza estetica maschile. La tradizione dei fiori invece, come soggetto di genere, la troviamo nel ‘500 soprattutto nel mondo fiammingo legata al concetto della vanitas e poi al mondo femminile. Precarietà e metamorfosi, grazia ed eleganza, accompagnavano la vista di questi bellissimi fiori che diventavano l’allegoria di un corpo destinato alla morte. Nelle opere di Alessandra Guolla i fiori esprimono una particolare condizione della femminilità. I petali, allusivi per forma e condizione naturale alla sessualità femminile, vengono cuciti, impediti nell’espressività . Una condizione dolorosa ma sensuale, seduttiva ma impotente. Com’ è nella tradizione recente delle artiste donne del 900, il corpo assume il luogo della redenzione dal dolore precedentemente negato. Attraverso la manifesta consapevolezza della mancanza, le artiste come Carol Rama e Luise Bourgeois ricostruiscono l’esperienza partendo dal dolore del corpo e operando una catarsi nella coscienza attraverso un atto simbolico nel proprio vissuto. “Questo senso di riparazione è profondamente presente in me….Sono sadica perché ho paura…Esorcizzare fa bene. Cauterizzare, bruciare, cucire per guarire”. Così afferma L. Bourgeois. Altrettanto fa la Guolla lavorando sul corpo stesso del fiore. Non un autoritratto esplicito nel presenzialismo del corpo, ma una metafora inflitta nella tradizione della seduttività qual’è quella del fiore. La fotografia accompagna la manualità del cucito portando in primo piano le parti anatomiche che provocano nella percezione un turbamento emotivo. Si fissa in queste opere una particolare idea di tempo. Il tempo della natura trasformatrice destinato a mutare come entità e il tempo eterno del pensiero idealizzato dalla fotografia. Il lavoro infatti, si forma in due momenti distinti. Da una parte il senso precario della materia che trova nel manufatto povero, vissuto come corpo, l’idea romantica di tragedia, mentre la fotografia privata della metamorfosi, trova il suo assoluto nell’originale vitalità espressa dal colore.
Le opere di Alessandra si trasformano nel tempo; si alleggeriscono in una visionarietà metafisica come se il corpo precedente non fosse null’altro che uno stadio della metamorfosi. Una condizione esistenziale che porta a scoprire pulviscoli di farfalle come entità presenti sui corpi. I fiori, con le loro ferite diventano ali, annunciatori di una rinascita che parte dal dolore.
Nadia Melotti
e risorge un corpo spirituale…
Paolo di Tarso prima lettera ai Corinzi
Alle donne artiste, fino ai primi del 900, era concesso di dipingere fiori, animali, fare ritratti ma non potevano accedere all’idea di corpo classica come copia dal vero del modello. Il corpo, apparteneva all’esperienza estetica maschile. La tradizione dei fiori invece, come soggetto di genere, la troviamo nel ‘500 soprattutto nel mondo fiammingo legata al concetto della vanitas e poi al mondo femminile. Precarietà e metamorfosi, grazia ed eleganza, accompagnavano la vista di questi bellissimi fiori che diventavano l’allegoria di un corpo destinato alla morte. Nelle opere di Alessandra Guolla i fiori esprimono una particolare condizione della femminilità. I petali, allusivi per forma e condizione naturale alla sessualità femminile, vengono cuciti, impediti nell’espressività . Una condizione dolorosa ma sensuale, seduttiva ma impotente. Com’ è nella tradizione recente delle artiste donne del 900, il corpo assume il luogo della redenzione dal dolore precedentemente negato. Attraverso la manifesta consapevolezza della mancanza, le artiste come Carol Rama e Luise Bourgeois ricostruiscono l’esperienza partendo dal dolore del corpo e operando una catarsi nella coscienza attraverso un atto simbolico nel proprio vissuto. “Questo senso di riparazione è profondamente presente in me….Sono sadica perché ho paura…Esorcizzare fa bene. Cauterizzare, bruciare, cucire per guarire”. Così afferma L. Bourgeois. Altrettanto fa la Guolla lavorando sul corpo stesso del fiore. Non un autoritratto esplicito nel presenzialismo del corpo, ma una metafora inflitta nella tradizione della seduttività qual’è quella del fiore. La fotografia accompagna la manualità del cucito portando in primo piano le parti anatomiche che provocano nella percezione un turbamento emotivo. Si fissa in queste opere una particolare idea di tempo. Il tempo della natura trasformatrice destinato a mutare come entità e il tempo eterno del pensiero idealizzato dalla fotografia. Il lavoro infatti, si forma in due momenti distinti. Da una parte il senso precario della materia che trova nel manufatto povero, vissuto come corpo, l’idea romantica di tragedia, mentre la fotografia privata della metamorfosi, trova il suo assoluto nell’originale vitalità espressa dal colore.
Le opere di Alessandra si trasformano nel tempo; si alleggeriscono in una visionarietà metafisica come se il corpo precedente non fosse null’altro che uno stadio della metamorfosi. Una condizione esistenziale che porta a scoprire pulviscoli di farfalle come entità presenti sui corpi. I fiori, con le loro ferite diventano ali, annunciatori di una rinascita che parte dal dolore.
Nadia Melotti
09
giugno 2006
Alessandra Guolla – Panta rei
Dal 09 al 17 giugno 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA TESTONI
Verona, Piazza Pozza, 11, (Verona)
Verona, Piazza Pozza, 11, (Verona)
Orario di apertura
da venerdì a sabato 18-21
Vernissage
9 Giugno 2006, ore 18
Autore
Curatore